Impeachment a Trump e l’accusa di abuso di potere
Il 24 settembre 2019 è stata avviata una procedura di Impeachment nei confronti di Donald J. Trump, 45° Presidente USA, dalla Presidente della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti Nancy Pelosi, leader del Partito Democratico. L’Impeachment, è bene precisarlo, è un istituto giuridico previsto nell’ordinamento degli Stati Uniti (e non solo); messa in stato di accusa nei confronti di colui o colei che ha commesso illeciti gravi nell’esercizio delle proprie funzioni durante l’espletamento della propria carica in seno al potere esecutivo.
Nel caso specifico dell’ordinamento statunitense, è previsto che i soggetti “attivi”, dunque gli organi istituzionali che possono richiedere la procedura di impeachment, sono la Camera dei Rappresentanti (come in questo caso) ed il Senato. Il Presidente Trump, infatti, ha subito l’avvio di una procedura di impeachment con l’accusa di abuso di potere. Secondo delle informazioni riservate fornite da alcuni whistleblowers (letteralmente “segnalatori di illeciti”), il presidente Trump avrebbe fatto pressioni, utilizzando in maniera impropria il suo ruolo istituzionale, ad alcuni leader di varie Nazioni, tra cui soprattutto l’Ucraina, per invitarli a svolgere delle indagini e raccogliere materiale compromettente su Joe Biden, vicepresidente USA durante il mandato di Obama nel 2017 e candidato per le elezioni presidenziali del 2020 dal Partito Democratico.
Tale operazione avrebbe favorito Trump alle prossime elezioni dal momento in cui Biden sarebbe il suo principale avversario per la presidenza. L’accusa ha successivamente avuto il sostegno della testimonianza di svariati funzionari nei più alti ranghi. Tra questi il funzionario della White House Fiona Hill, il funzionario del Pentagono Laura Cooper e, soprattutto, l’inviato diplomatico statunitense in Ucraina William Taylor Jr.
Le pressioni di Trump all’Ucraina
Non sarebbero poche le pressioni di Trump all’Ucraina ed al suo Presidente Volodymyr Zelensky. Dapprima ripetuti contatti telefonici tra i presidenti; in secondo luogo i pacchetti di aiuti militari di oltre 400 milioni di dollari prima bloccati e poi sbloccati da Trump per l’Ucraina; per ultimo degli incontri quid pro quo organizzati dall’avvocato di Trump, Rudy Giuliani, e il procuratore generale William Barr (figura centrale anche nel caso “Russiagate”). Entrambi i presidenti hanno confermato le telefonate e i ripetuti incontri, ma specificando che questi non erano mai finalizzati a un ricatto reciproco o a un tentativo di convincimento nel condurre tali indagini su Biden.
Il 3 dicembre 2019, nell’ambito dell’indagine sull’impeachment, il Comitato di intelligence della Camera ha pubblicato un rapporto di 300 pagine in cui si specificava che “l’indagine sull’impeachment ha rilevato che il presidente Trump, personalmente e operando attraverso agenti all’interno e all’esterno del governo degli Stati Uniti, ha sollecitato l’interferenza di un governo straniero, l’Ucraina, a beneficio della sua rielezione. A sostegno di questo schema, il presidente Trump ha trattenuto gli aiuti militari USA per combattere l’aggressione russa nell’Ucraina orientale”. L’indagine è stata così ufficialmente avviata il 19 dicembre 2019.
Tuttavia, non è la prima volta che l’America veda sotto stato di accusa la più alta carica del suo esecutivo. Nel 1868 il 17° presidente Andrew Johnson, il 37° presidente Richard Nixon per lo scandalo Watergate, il 42° presidente Bill Clinton per lo scandalo sessuale Lewinsky. Non ha esitato ad arrivare dapprima la risposta dei mercati di fronte all’impeachment di Trump. Wall Street, infatti, ha segnato una decisiva reazione, di seguito riportata:
S&P 500: -0,84%
Dow Jones: -0,53%
Nasdaq: -1,46%
L’opinione internazionale: che fosse una trappola dei Dem?
Del tutto insolito è stato l’appoggio di Vladimir Putin, Presidente del Cremlino, al presidente USA che così dichiara:
“è solo la continuazione di una lotta politica interna. Il partito che ha perso le elezioni, quello democratico, ha tentato di ottenere risultati attraverso altri mezzi, accusando Trump di collusione con la Russia ma poi si è scoperto che non era vero e non poteva essere la base di un impeachment. Ora tirano in ballo le presunte pressioni sull’Ucraina. Ma i repubblicani hanno la maggioranza al Senato ed è estremamente difficile che destituiscano un rappresentante del loro partito per motivi che sembrano assolutamente inventati”.
Insomma, quello di Putin è un intervento a gamba tesissima nelle diatribe politiche americane che a parer suo sarebbero del tutto inutili e senza uno scopo preciso, se non quello di porre una ulteriore macchia sulla figura di Trump, e desta non pochi sospetti dal momento in cui egli è stato designato come principale persona d’interesse nel caso “Russiagate”, di cui sarebbe auspicabile parlare nei prossimi articoli. Mitch McConnell, leader dei repubblicani al Senato, ha descritto l’impeachment di Trump come “il più frettoloso, meno accurato e più ingiusto della storia”.
L’impeachment e l’immagine pubblica di Trump
Infatti, nonostante l’impeachment e l’intero scalpore mediatico creato dai democratici con l’aiuto dei media CNN, New York Times e il Washington Post, dagli ultimi sondaggi popolari si evince come Trump non stia perdendo consenso, anzi, in attesa delle imminenti elezioni presidenziali sembra che i dem si siano fatti un autogoal clamoroso, facendo passare Trump per vittima non soltanto di fronte ai suoi sostenitori.
Al di là delle responsabilità che potrebbero essere rilevate nel caso del Russiagate o dell’Ucrainagate ai danni dell’immagine pubblica e dell’azione esecutiva del presidente Trump, per molti americani il tentativo di impeachment pare essere soltanto una strategia politica finalizzata a coprire e distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica da numerosi scandali che hanno colpito il Partito Democratico americano; come i casi di corruzione dell’amministrazione Obama, del suo vicepresidente Joe Biden, e di Hillary Clinton.
Martina Ratta per Questione Civile