11 settembre 2001: vengono colpite le Torri Gemelle, nel cuore di New York
Oggi, l’Archivio di Storia delle Relazioni Internazionali e l’Archivio di Storia Contemporanea, in collaborazione, ripercorrono uno degli episodi terroristici più sanguinosi nell’Occidente, ovvero l’attentato contro le Torri Gemelle di New York. Secondo l’opinione pubblica mondiale, ha definitivamente segnato la fine, seppur in modo tragico, della Guerra Fredda.
11 settembre 2001: l’attentato
La vicenda non parte da New York ma da tre aeroporti statunitensi diversi; da questi, 19 dirottatori prendono il comando di quattro aerei. Due Boeing 767 partiti da Boston e diretti a Los Angeles, un Boeing 757 partito dall’aeroporto di Washington-Dulles, anche questo diretto a Los Angeles e un altro uguale, partito da Newark e diretto a San Francisco.
I due 767 vengono dirottati verso New York. Il primo (volo 11 dell’American Airlines), alle ore 8:46, si schianta contro la Torre Nord del World Trade Center. Poco dopo, alle ore 9:03, il secondo (volo 175 della United Airlines) si schianta contro la Torre Sud.
Gli altri due aerei (Boeing 757) vengono dirottati altrove. Il primo (volo 77 dell’American Airlines) si schianta, alle ore 9:37 contro il Pentagono, la sede del Dipartimento della difesa statunitense.
L’ultimo, invece, (volo 93 della United Airlines), per via di una ribellione di alcuni passeggieri contro i dirottatori, manca il bersaglio e si schianta in un campo a Shanksville, nello Stato della Pennsylvania. Non si sa con precisione, ma avrebbe dovuto colpire o il Campidoglio o addirittura la Casa Bianca.
I colpevoli
La colpa dell’attentato kamikaze è stata attribuita ad Al Qa’ida, un movimento islamista sunnita, con un’organizzazione paramilitare terroristica, fedele agli ideali del fondamentalismo islamico, nato nel 1989 a seguito della guerra in Afghanistan. Il capo dell’organizzazione, fino al 2011, è stato Osama bin Laden, ufficialmente ritenuto di aver diretto l’attentato alle Twin Towers ed al Pentagono dal governo americano e dall’FBI.
«Siamo liberi… e vogliamo riconquistare la libertà per la nostra nazione. Come voi minacciate la nostra sicurezza, così noi minacciamo la vostra».
Queste sono state le parole di Bin Laden, dopo le elezioni presidenziali americane del 2004, rintracciabili in un videomessaggio registrato in cui ammette il coinvolgimento di Al Qa’ida nell’attentato.
È stato lui, dunque, a dirigere personalmente i preparativi dell’attentato e gli aerei pilotati dai suoi seguaci kamikaze, perché sarebbe stato «dovere di ogni musulmano […] uccidere gli americani in qualunque luogo», nel nome della “guerra santa” dichiarata contro gli Stati Uniti in una fatwa (corrispondente ad una direttiva, nel diritto islamico) del 1996, firmata da bin Laden e molti suoi seguaci.
Bin Laden, dopo l’attentato, non rinuncia occasione per mostrare un certo macabro orgoglio per la missione compiuta. Per ostentare un odio latente nei confronti dell’America e degli americani, dichiara espressamente:
«Il terrorismo contro gli Stati Uniti merita di essere lodato perché fu una risposta ad un’ingiustizia, avente lo scopo di forzare gli Stati Uniti a interrompere il suo sostegno a Israele, che uccide la nostra gente».
L’indice di gradimento dell’opinione pubblica sull’operato reattivo del Presidente George W. Bush cresce fino all’86%. La risposta internazionale è immediata ed inflessibile: i governi di tutto il mondo condannano gli attacchi terroristici, ed offrono aiuto e sostegno all’America.
La reazione di altri Paesi
Il primo Paese a mostrare solidarietà all’America è stata la Russia, guidata dal Presidente Putin. Anche la maggior parte dei governi in Medio Oriente, tra cui l’Afghanistan, condannano l’attacco. Tuttavia, alcune eccezioni sono state rilevate: l’Iraq dichiara pubblicamente che «i cowboys americani stavano cogliendo il frutto dei loro crimini contro l’umanità»; i Palestinesi festeggiano di fronte a molti mass media.
La reazione americana dopo l’attentato alle Torri Gemelle
Subito dopo l’attentato, in America l’odio per le persone dall’aspetto mediorientale cresce. Sono molti, infatti, gli episodi di violenza registrati contro i mediorientali, come violenza verbale, attacchi alle moschee, aggressioni ed omicidi.
A seguito degli attacchi, 80 000 arabi e immigrati musulmani sono stati registrati e le loro impronte digitali schedate in base all’Alien Registration Act del 1940.
Ottomila arabi e musulmani vengono interrogati e cinquemila stranieri furono detenuti secondo la Joint Congressional Resolution 107-40, che autorizzava l’uso delle forze armate «per scoraggiare e prevenire atti di terrorismo internazionale contro gli Stati Uniti». Insomma, il clima nel paese è terribilmente teso, caratterizzato da una tragica ricerca incessante, a tutti i costi, di un nemico da incolpare anche tra i sobborghi della metropoli.
Gli americani sono terrorizzati, l’odio razziale cresce, la paura e l’intimidazione nei confronti del diverso la fa da padrona, all’interno di uno Stato tragicamente colpito nel cuore di uno dei suoi simboli più caratteristici.
Le Torri Gemelle, infatti, rappresentavano il simbolo della finanza americana. Attaccandole, si sgretolò improvvisamente “l’American Dream”, la forza imponente del Paese di fronte al mondo. L’America è stata colpita nel profondo, il suo territorio profanato, il suo alone di potenza trapassato, e ciò l’avrebbe segnata per sempre.
La risposta internazionale a seguito dell’attacco alle Torri Gemelle
La risposta militare, a livello internazionale, arriva immediatamente. Il 7 ottobre 2001, dopo un ultimatum rifiutato, allo scopo di rovesciare il governo dei Talebani, accusati di ospitare al-Qāʿida, l’America guida l’invasione in Afghanistan. I Paesi alleati sono Inghilterra, Italia, Francia, Danimarca, Canada, Nuova Zelanda, Norvegia, Australia e Paesi Bassi; inoltre, il 20 dicembre 2001 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite autorizza l’ISAF (International Security Assistance Force), una forza internazionale di sostegno e di stabilizzazione, che nel 2006, guidata dalla NATO, prende il comando a sud del paese.
L’attività diplomatica condotta dai vari leaders mondiali tende a sradicare il fenomeno terroristico, attraverso l’organizzazione di operazioni di peacekeeping dell’ONU. Il 14 novembre 2001, l’ONU pronuncia una <<condanna dei Talebani per avere permesso che l’Afghanistan venisse utilizzato come base per l’esportazione del terrorismo attraverso la rete al-Qāʿida ed altri gruppi terroristici e per aver garantito sicuro asilo a Osama bin Laden, al-Qāʿida e altri loro associati, e in questo contesto supporto alla popolazione afghana per rimpiazzare il regime talebano>>.
Conclusioni
Tragicamente, la guerra conta ad oggi almeno 5000 vittime civili, così come furono molti gli episodi di tecniche di tortura autorizzate dalla CIA durante gli interrogatori ai membri di Al-Qa’ida.
Soltanto dopo 10 anni dall’inizio della guerra, il 2 maggio 2011, le forze statunitensi hanno condotto un’incursione ad Abbottabad, vicino Islamabad in Pakistan, uccidendo, nel suo rifugio, il leader di al-Qāʿida, Osama Bin Laden. Tuttavia, la guerra purtroppo non vede ancora una fine.
Martina Ratta e Margherita Rugieri per Questione Civile