Il profilo di Vladimir Putin
Sulla scia della presentazione dei profili dei personaggi più importanti nell’odierno panorama geopolitico internazionale, l’Archivio di Storia delle Relazioni Internazionali intende porre l’attenzione sull’attuale Presidente in carica della Federazione Russa, Vladimir Putin.
Vladimir Putin e il KGB
Vladimir Vladimirovic Putin nasce a Leningrado (l’attuale San Pietroburgo) il 7 ottobre 1952. Nel 1975, si laurea in legge presso l’Università Statale di Leningrado e, nello stesso anno, viene arruolato nel KGB.
In qualità di ufficiale dei servizi segreti sovietici con il grado di Tenente Colonnello del KGB, Putin si trasferisce a Dresda, città della Germania Est, nel 1985 e inizia a lavorare nella Stasi (i servizi segreti della Repubblica Democratica tedesca) sotto falsa identità. Su dei documenti declassificati in mostra a San Pietroburgo per celebrare i 90 anni dell’archivio di Stato, si ritrovano dei rapporti con parole lusinghiere riservate al Putin di quegli anni, descritto come dedito alla causa, all’ideologia e al lavoro, un funzionario modello, disciplinato e affidabile.
Durante la sua carriera nei servizi segreti, Putin non partecipa ad operazioni sul campo, poiché il suo compito principale è quello di redigere report da inviare a Mosca per riferire il lavoro svolto da altri. Da spia sotto copertura, vive ardentemente i giorni del crollo del muro di Berlino, le tensioni sociali ed il caos che ne derivano. Emblematico è un episodio che lo riguarda: mentre il Muro cadeva e la vita dei tedeschi dell’Est cambiava per sempre, Vladimir Putin era occupato notte e giorno a distruggere dossier, a cancellare le tracce di tutte le comunicazioni, a bruciare documenti nella sede del Kgb di Dresda. «Avevamo talmente tanta roba da mettere nel fuoco che a un certo punto la stufa scoppiò», ha raccontato lui stesso in una lunga intervista rilasciata molti anni dopo.
Il crollo del muro di Berlino
Il 9 novembre 1989, Putin assiste con tristezza agli eventi di Berlino: «Ad essere onesti devo dire che mi dispiaceva che l’Urss stesse perdendo le sue posizioni in Europa, però capivo che una posizione costruita sulle divisioni e sui muri non poteva durare». Nei giorni successivi, tutti gli uomini del KGB si danno da fare per prepararsi ad abbandonare la posizione. «Dovevamo distruggere ogni cosa, interrompere le linee di comunicazione, solo il materiale più importante fu trasferito a Mosca», afferma Putin.
La notte del 5 dicembre, la folla occupa la sede della Stasi a Dresda. La mattina dopo tutti si radunano davanti alla palazzina di Angelikastrasse 4, dove ha sede (in incognito) il KGB. All’interno chiamano il vicino distaccamento militare per chiedere aiuto, ma la risposta è negativa: «Non possiamo fare nulla senza l’autorizzazione di Mosca, e Mosca tace». Putin, a questo punto, in qualità di tenente-colonnello esce fuori con la pistola in mano spiegando di calpestare territorio sovietico e intima: «Sono un ufficiale, ho la pistola con 12 pallottole. Una la lascio per me. Ma compiendo il mio dovere, dovrò sparare».
Secondo testimoni, Putin inizia poi a scendere gli scalini che lo separano dall’ingresso dell’edificio, aspettando che qualcuno possa aggredirlo. Tuttavia, a sorpresa nessuno lancia né bottiglie, né pietre, anzi: i cinquemila iniziano a disperdersi, lentamente. L’edificio del KGB è salvo. I russi parlano di “gesto eroico”, alcuni giornali parlano invece di propaganda: quella di Dresda sarebbe solo un’altra storia per alimentare il culto della personalità dello “zar” Putin.
L’arrivo in politica
Dopo il collasso del regime della Germania Est, Putin viene richiamato in Unione Sovietica torna a Leningrado, dove, da giugno del 1991, viene inserito nella sezione Affari internazionali dell’Università Statale, sottoposto al vicedirettore Juri Molčanov.
La sua carriera nel KGB termina ufficialmente il 20 agosto 1991, data in cui rassegna le proprie dimissioni durante il fallito colpo di Stato, supportato dal KGB, contro Gorbačëv.
Nel 1994, Putin è nominato deputato alle elezioni supplementari della città di San Pietroburgo. Dal 1995 fino al giugno del 1997 guida la delegazione pro-governo della città nel partito politico Casa Nostra Russia.
Nel 1996, dopo la vittoria di Vladimir Jakovlev, Putin viene chiamato a Mosca e diviene capo delegato del Dipartimento per la Gestione della Proprietà Presidenziale, alle dipendenze di Pavel Borodin, per un anno.
Il 26 marzo 1997, il presidente Boris Nikolaevič El’cin lo nomina delegato capo del Personale Presidenziale, carica che occupa fino a maggio 1998.
Il primo mandato presidenziale
Il 9 agosto 1999, Putin viene nominato primo deputato e viene designato come Primo ministro della Federazione Russa dal presidente Boris El’cin. La sua ascesa verso la Presidenza arriva il 31 dicembre 1999, data in cui El’cin rassegna le proprie dimissioni e, come previsto dalla Costituzione, Putin diviene Presidente ad interim della Federazione Russa.
La sua presidenza viene subito sconvolta da un tragico evento: il 12 agosto 2000, il sottomarino nucleare K – 141 Kursk, impegnato nel Mare di Barents in un’esercitazione militare navale, subisce un’esplosione e affonda. I 118 membri dell’equipaggio non vengono ritrovati e molti aspetti dell’incidente e delle azioni di salvataggio vengono aspramente criticate. Infatti, la commissione d’inchiesta, guidata dal procuratore generale Vladimir Ustinov, conclude che le esplosioni sarebbero state causate da un siluro da esercitazione difettoso, che avrebbe innescato reazioni a catena.
Inoltre, i superstiti sarebbero morti a circa 8 ore dall’incidente ed i soccorsi non sarebbero stati in grado di aiutarli. Sulla causa dell’incidente, giungono ad una conclusione simile a quella dei ricercatori inglesi, che imputano la prima esplosione ad una fuoriuscita di perossido d’idrogeno, il propellente dei siluri. Questo liquido sarebbe esploso innescando gli altri siluri.
Sul piano diplomatico, Putin incrementa le relazioni con la Cina, l’India e con gli Stati Uniti. Putin è il primo leader straniero a telefonare a George W. Bush dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, offrendo la propria assistenza nella guerra al terrorismo di matrice islamica intrapresa dall’amministrazione statunitense. Inoltre, la ripresa del dialogo con gli USA culmina con gli accordi siglati al vertice allargato NATO-Russia di Pratica di Mare nel 2002, che prevedono l’impegno di Russia e Stati Uniti alla riduzione degli arsenali nucleari.
Vladimir Putin ed il suo secondo mandato
Il 14 marzo 2004, Putin è nuovamente rieletto alla carica di Presidente con il 71% di voti favorevoli. Anche in questo secondo mandato, il leader russo è costretto a fronteggiare una situazione drammatica: il 1 settembre 2004, a Beslan, città dell’Ossezia del Nord, 32 terroristi tra fondamentalisti islamici e separatisti ceceni entrano in una scuola e sequestrano 1200 persone tra adulti e bambini. Con l’irruzione delle forze speciali russe più di 300 persone vengono uccise.
Anche questa volta, la gestione del caso viene aspramente criticata dagli opinionisti di tutto il mondo e dalle stesse famiglie delle vittime: le forze speciali non avrebbero trattato adeguatamente con i terroristi e non sarebbero riusciti a mantenere il luogo in sicurezza. Lo stesso Putin ammette, mesi dopo, una certa mancanza di professionalità nella gestione del caso e consiglia al capo dell’Ossezia del Nord di dimettersi.
I rapporti con gli Stati Uniti
Sul piano della politica internazionale, e soprattutto dei rapporti con gli Stati Uniti, si verifica un deterioramento dei rapporti con la Casa Bianca dopo la presa di posizione di Putin contro la Guerra in Iraq del 2003. Al contrario, la comunanza politica fra il Cremlino e la Duma favorisce il formarsi di governi più stabili e duraturi, come quello del 2004 con il Primo Ministro Mikhail Fradkov e nel 2007 con Viktor Zubkov.
Senza precedenti è lo scandalo che coinvolge il Cremlino nel 2006: il governo russo viene coinvolto da alcuni media nella morte della giornalista moscovita Anna Politkovskaja. Prima di morire, Litvinenko accusa pubblicamente Putin come responsabile del suo avvelenamento e come mandante dell’omicidio della giornalista; tali illazioni non troveranno mai riscontri. Anche altri giornalisti vengono uccisi e altri costretti a non occuparsi di politica; anche in questo caso nessuna prova definitiva verrà mai prodotta a sostegno di queste accuse. Le indagini vengono così indirizzate verso organizzazioni criminali legate a frange estremiste dei separatisti ceceni.
Con l’insediamento al Cremlino del suo fedelissimo Dmitrij Medvedev il 7 maggio 2008, Putin è nominato Primo ministro. In politica estera, Putin cura in questi anni i rapporti con gli altri Paesi del gruppo dei “BRIC“, con la Turchia di Recep Tayyip Erdoğan, e con il governo dell’Ucraina di Julija Tymošenko. Sul fronte europeo, vengono mantenuti rapporti molto collaborativi con la Germania guidata dalla cancelliera Angela Merkel, mentre ancor più cordiali sono le relazioni con l’ex premier italiano Silvio Berlusconi. Le relazioni con il presidente statunitense Barack Obama sono, invece, tenute dal presidente federale Medvedev, anche se la guida della politica estera per tutto il mandato di quest’ultimo rimane concretamente nelle mani del ministro degli esteri Sergej Viktorovič Lavrov, un fedelissimo di Putin.
Per la terza volta Presidente
Il 4 marzo 2012, Putin torna ad essere Presidente per la terza volta con oltre il 60% di voti favorevoli, ed aumenta gli anni di mandato da 4 a 6 anni. I rapporti Russia-USA si deteriorano ulteriormente con la concessione di asilo politico all’informatico statunitense Edward Snowden (caso di cui questo Archivio si è occupato nei precedenti articoli), che aveva fatto trapelare informazioni classificate dalla NSA, tra i quali materiale segreto per programmi di sorveglianza del Web dell’intelligence americana e britannica.
Putin, contrario all’intervento militare della NATO in Libia del 2011, si oppone alla guerra civile in Siria e la Russia si schiera fin dal principio a difesa del governo siriano, minacciando in sede ONU di porre il veto a eventuali sanzioni internazionali contro di esso; nel settembre 2015, il presidente russo autorizza, dopo aver ottenuto il voto favorevole della Duma, le forze armate russe a intervenire nel paese a sostegno del presidente siriano Bashar al-Assad.
Nel gennaio 2017, dopo l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca, l’intelligence statunitense pubblica un rapporto secondo cui il Cremlino avrebbe ordinato una campagna politica per favorire la vittoria di Trump, screditando la democratica Hillary Clinton. Ovviamente, Putin nega con fermezza le accuse, chiedendo prove concrete. I rapporti tra i due Paesi, anche a causa del Russiagate, si fanno più tesi tra nuove sanzioni, espulsioni di diplomatici, chiusure di consolati e frizioni in Siria.
Putin oggi e la riforma costituzionale
Il 18 marzo 2018, è eletto per la quarta volta Presidente della Russia. A fare scalpore negli ultimi giorni è la riforma costituzionale, vinta con oltre il 70% di voti favorevoli, secondo la quale non ci sarebbe più il vincolo costituzionale dei due mandati consecutivi.
Inoltre, il Presidente avrebbe un maggiore controllo sull’esecutivo, riaffermano la preminenza della legge russa sul diritto internazionale, il salario minimo al pari o al di sopra del costo della vita, l’introduzione della “fede in Dio” come fondamento dello Stato e la definizione del matrimonio come unione tra uomo e donna.
Per incentivare i russi a recarsi a votare, il Comune di Mosca lancia per di più un programma di ‘premi’ con due milioni di voucher da regalare agli elettori per l’acquisto di beni e servizi fino alla fine del 2020, spiegandola come un’iniziativa per “stimolare i consumi”. I media parlano di “Putinismo”. Che Putin voglia essere Presidente della Federazione russa fino al 2036?
Martina Ratta per Questione Civile