Il Trionfo della morte e i miracolosi restauri
Nel 2018, si è concluso il restauro della scena del Trionfo della Morte di Buonamico Buffalmacco, il celeberrimo affresco parte del grande ciclo pittorico che decorava le pareti del Camposanto Monumentale di Pisa. Una storia lunghissima, fatta di innovazioni e momenti di criticità, che ha visto la partecipazione di storici dell’arte, scienziati, tecnici e soprattutto restauratori. Gli interventi sono stati realizzati dalle maestranze dell’Opera della Primaziale Pisana e, dal 2009, con il controllo della Direzione Lavori. Il Trionfo della Morte è stato così ricollocato nel suo luogo d’origine.
L’incendio al Camposanto Monumentale
Il 27 luglio 1944 una scheggia di bomba alleata provocò un inizio di incendio, il quale, non potendo essere spento rapidamente a causa delle cisterne sotto vigilanza militare, fece scaturire un vero e proprio incendio che bruciò le travi in legno del tetto del Campo Santo, che collassò arrecando ingenti danni alle opere custodite. Il piombo della copertura del tetto, fuso dal calore, danneggiò gli affreschi in modo gravissimo. Dal 1945 vi sono stati vari lavori di restauro, che hanno portato al recupero completo delle opere.
Buffalmacco, il Trionfo della morte
Il ciclo di affreschi del Camposanto Monumentale è un’opera immensa; venne realizzata dai maggiori maestri del Tre e Quattrocento e costituita da quasi duemila metri quadrati di pittura. Tra questi, il ciclo del Trionfo della morte fu uno dei primi ad esser stati realizzati da Buonamico Buffalmacco, tra il 1336 e il 1341. Si compone di tre diverse scene: le Storie dei Santi Padri, il Giudizio Universale e l‘Inferno e il Trionfo della Morte. È in quest’ultima scena che il pittore raggiunge la sua massima espressione, combinando diversi nuclei narrativi autonomi, funzionali alla rappresentazione del tema.
La morte e la vita cortese
In questo affresco il pittore raggiunge la sua massima espressione attraverso la suddivisione della scena in episodi narrativi autonomi legati al tema della morte, che, legato alla credenza della fine del mondo, assume tra le mura di un cimitero, un valore fortemente suggestivo.
La scena è frammentata in più scene dominate da diversi sentimenti: l’orrido, il grottesco, il senso di serenità. Le dame ed i cavalieri che si vedono nell’affresco stanno andando a caccia con cani e falconiere, con le vesti eleganti ed i modi cortesi del tempo; ma, guardando l’intera parete affrescata, ci si accorge che essi non hanno tempo per dedicarsi alla vita cortese: la morte che trionfa sul mondo terreno sta ormai incombendo su di loro. A sinistra tre cavalieri, ignari dell’avvertimento del monaco Macario, che domina in alto su un promontorio , sono impegnati in una battuta di caccia, ma si trovano davanti tre cadaveri nelle loro bare, in diversi stadi della morte, dal cadavere “fresco”, a quello in putrefazione, a quello ormai scheletro; avvolti da serpenti emanano cattivo odore come suggerisce il cavaliere che si tappa il naso.
Il giorno dell’ira, la battaglia tra angeli e demoni
Guardando più a destra nel dipinto, si vede che il “Giorno dell’Ira” è ormai iniziato e con esso la battaglia tra angeli soccorrevoli e implacabili demoni, determinati a strappare le anime dai corpi dei defunti. Le anime sono rappresentate in forma di infanti che escono dalla bocca delle persone, secondo un’iconografia tradizionale.
In alto si consuma la vera e propria battaglia tra Angeli e Demoni, impegnati a contendersi le anime dei defunti. Nella zona centrale, un formidabile “Memento mori”: la Morte nelle vesti di Genio volante chirottero con falce campeggia la scena. Sotto la Morte, un ammasso di persone ormai colpite; gli uni sopra gli altri, notiamo pontefici, imperatori, regine, poveri e villani, a simboleggiare l’umanità tutta coinvolta nell’equo destino di morte.
Buffalmacco, il Giudizio Universale
Anche la scena del Giudizio Universale è impostata su due livelli: Cristo e la Madonna in alto, affiancati dagli angeli e la sfera celeste, mentre nell’ordine inferiore i morti vengono divisi tra eletti, trattenuti alla destra di Cristo, e dannati trascinati nei gironi dell’Inferno.
La conclusione del Trionfo della morte
La narrazione si conclude con le “storie dei santi padri”, i santi che conducevano vita eremitica in Egitto, tentati dal demonio, che si presenta a loro in mille travestimenti. Vediamo i Monaci intorno ad una chiesetta; paiono indifferenti al destino di morte. Sono intenti alle opere della vita attiva e contemplativa, a sottolineare la calma della vita eremitica, si vedono animali selvatici, quali il fagiano o la lepre.
Anche nell’ultima parte dell’affresco, quella in basso a destra, incontriamo una scena che potrebbe apparire di amor cortese, con giovani uomini e donne seduti in un giardino, che fra suoni e canti, si godono la vita spensierati. Ma proprio verso di loro la Morte sta ora volgendo la sua falce, per rammentare il destino che comunque li attende.
I modelli di Buonamico Buffalmacco
Gli affreschi di Buffalmacco risentono gli scritti di Domenico Cavalca, frate domenicano che in quegli stessi anni condannava severamente la vanità mondana. Mostrano inoltre sorprendenti richiami alle opere letterarie di Dante e Boccaccio. La vivacità narrativa e la luminosità dei colori, che caratterizzavano un tempo tutte le pareti dei corridoi catturavano l’attenzione dello spettatore, guidandolo in una continua riflessione sul tema della sofferenza.
Il restauro del Trionfo della Morte
Duemila metri quadri di pittura restaurata in vent’anni, un record di restaurazione che ha attraversato decenni di studi ed emergenze, prima su tutte la granata del 44 che fece colare piombo fuso su statue arredi e affreschi, per cui si dovettero aspettare mesi prima di intervenire e salvare il salvabile. Un’operazione controversa non priva di conseguenze per il futuro ma che rivelò una scoperta, le sinopie, ovvero i disegni sottostanti ora riunite e in salvo nel museo di piazza dei miracoli.
Oggi ammirando appieno i pannelli al camposanto si capisce quanto il recupero sia stato quasi miracoloso. Intuizione e scienza sono state la chiave di volta, come l’inedito impiego di batteri per eliminare i depositi di caseina sulla pellicola pittorica, un sistema innovativo messo a punto dal microbiologo Giancarlo Ranalli dell’Università del Molise.
Questi batteri applicati sulla superficie del dipinto per circa tre ore, eliminano totalmente il materiale organico, senza danneggiare il colore originale e lo studio dei materiali di supporto, aerolam, supporti in vetroresina e alluminio, in grado di assicurare stabilità alle pitture.
La condensa e la conservazione
Inoltre, l’Opera della primaziale si è posta il problema della conservazione di questi affreschi in un ambiente così particolare come quello del camposanto, cioè un ambiente coperto ma semi confinato. Il problema si chiama condensa, particelle d’acqua che si formano come la rugiada a seguito di sbalzi di temperatura, con il rischio che possa colare dagli affreschi; con un intreccio di fili sistemato sotto ogni pannello e un sofisticato sistema di sensori che rilevano ogni 10 minuti, umidità dell’ambiente e temperatura delle superfici dagli affreschi e, in condizioni critiche, comandano in automatico l’attivazione del sistema di retro riscaldamento dei pannelli radianti, che aumentano la temperatura di 1-2° ogni volta che sarà necessario, evitando così la formazione di rugiada.
Ancora oggi dopo tutte le avverse vicende che hanno colpito il camposanto è possibile lasciarsi catturare dalla spiritualità che emana dalle pareti affrescate e dal fascino melanconico di questo luogo, isolati dietro la compatta barriera di marmo bianco che si affaccia sulla piazza del Duomo di Pisa.
Giordano Perchiazzi per Questione Civile