Firenze e Parigi rinascimentali, centri gastronomici e culinari raffinati
Con il Rinascimento anche il panorama gastronomico Europeo in particolare quello di Firenze e Parigi fu protagonista di una significativa rivoluzione, sebbene ciò riguardasse solo le tavole dei più facoltosi.
Sotto l’aspetto culinario, invece, non cambiarono gli usi alimentari rispetto al Medioevo: l’unica novità che portò il Rinascimento, se così si può definire, riguarda il perfezionamento nella ricerca del nuovo e dello sfarzoso. Il gusto culinario quindi si trasformò, diventando più elaborato e raffinato.
E proprio in materia di raffinatezza in questi secoli vennero pubblicati diversi libri e trattati di buone maniere, e tra i più noti ricorderei il Galateo di Monsignor Giovanni Della Casa, nei quali si codificava il corretto comportamento da conservare durante i pasti.
Dal punto di vista geografico è importante sottolineare quanto la frantumazione nei diversi Stati, definì in modo netto i differenti gusti culinari che si identificheranno successivamente nelle cucine Regionali.
Tutte le attività gastronomiche si spostarono da Firenze a Parigi, proprio quando Caterina De’ Medici a soli 14 anni sposò il futuro Re di Francia Enrico II. Ciò comportò il suo trasferimento in Francia e con lei decise di portare una considerevole schiera di cucinieri, pasticcieri e bottiglieri. I quali grazie alla nuova regina trovarono terreno molto più fertile per far diventare “grande” la cucina francese del Seicento e del Settecento.
Firenze, il primo centro gastronomico nazionale
Firenze divenne il primo centro gastronomico italiano per l’immenso valore che la città acquisì sotto tutti i punti di vista, come anche quello artistico e letterario, nei secoli del Rinascimento.
E fu proprio con questo movimento artistico e culturale e con l’ascesa della famiglia Medici a Firenze che la cucina fiorentina affiorò in tutto il suo splendore.
Sicuramente la cucina medievale come stile alimentare non scompare del tutto, anzi, molte abitudini persistono, come l’abbondante utilizzo delle spezie e dello zucchero anche in pietanze salate.
Un importante cambiamento della cucina d’Italia del Cinquecento riguardò l’arricchimento di nuovi sapori e tradizioni nate dalla scoperta di novità gastronomiche proveniente dal Nuovo Mondo.
Queste novità, però, riguardarono solamente una fetta della società, in particolare i nobili e i benestanti, poiché ovviamente il tipo di alimentazione rifletteva sul reddito della famiglia. In questi ambienti nobiliari, dunque, iniziò a farsi strada il concetto di cura nella presentazione del piatto e dell’aggiunta di elementi di decorazione solo per bellezza ma che non si consumavano.
Nelle corti del Cinquecento, la tavola acquisisce sempre di più un’importanza relativa alla scenografia, alla cura e alla raffinatezza che essa doveva rappresentare. Divenne addirittura oggetto di sfida, tra duchi e nobili nelle corti più illustri, per chi esibiva la propria tavola in maniera più scenografica.
Nuove figure professionali compaiono sulla tavola a Firenze e Parigi
Fanno ingresso due figure professionali molto importanti riguardanti la gastronomia di quei secoli, lo Scalco e il Trinciante. Lo Scalco fu una figura che aveva il compito di controllare tutte le portate servite a tavola e l’intero ambiente che le comprendeva. Fu una figura professionale molto importante e ben riconosciuta nelle corti, anche in quella papale.
Per quanto riguarda il Trinciante invece, era colui che si occupava di tagliare le carni in modo coreografico alla destra del commensale. Metteva in scena una vera e propria coreografia arrivando con un piatto, chiamato all’epoca “tondo”, e con il coltello e delle forcine la tagliava, provvedeva a salarla e la serviva a vista.
Sulle tavole delle corti nobiliari e delle famiglie benestanti fiorentine comparivano spesso: pollame, selvaggina, frattaglie, arrosti, volatili e carne da macello. E fu proprio di questo secolo l’abitudine di avvolgere le carni nella crosta del pane, di usarla anche per fare guazzetti, di cucinare e ricomporre la selvaggina nella propria carcassa e, infine, la passione per gli arrosti: cucinati con un metodo di bollitura precedente all’arrostitura per rendere la carne più morbida.
Fu il secolo nel quale fecero ingresso anche le paste ripiene, i pasticci in crosta, salse di frutta o di spezie come leganti, e per i più ricchi anche il privilegio del costosissimo cioccolato.
Altra novità sulle tavole riguardò la frutta e gli agrumi, perennemente presenti, mangiati come antipasti o in abbinamento alla carne.
Altro merito della famiglia Medici, esponenti indiscussi della cultura gastronomica del Cinquecento, è la nascita della Bistecca. Divenuta famosa poiché, durante la festa della notte di San Lorenzo, la famiglia era solita organizzare delle grandi grigliate di carne per il popolo, e per loro si riservavano questi grossi tagli con l’osso.
Parigi, nuovo centro gastronomico europeo
Con l’avvento del Rinascimento, lo scenario gastronomico a Parigi non era molto diverso da quello medievale: la città era cinta da campi che circondavano le alte mura, all’interno di esse sorgevano ai lati del fiume dei mulini e nel bel mezzo della città ci si poteva imbattere in piccoli pollai e porcili.
La città intera era quindi un unico grande mercato. Non mancavano però fornai e rosticceri per la città, che vendevano ogni sorta di piatto pronto o solo da cuocere.
La cultura gastronomica nelle corti di Parigi non era poi così distante da quella italiana, se non per alcune rivoluzioni che essi hanno portato in tavola.
Ad esempio, in Francia l’utilizzo delle spezie era raro poiché molto costose e simbolo di ricchezza.
Il Rinascimento segna anche il ritorno a tavola delle verdure della terra, consumate fino a quel momento solo dai contadini. Come anche la trasformazione nel servire l’ordine di alcune portate, ad esempio la frutta divenne un dolce invece che un antipasto.
Ma la lente d’ingrandimento gastronomica si spostò da Firenze a Parigi, con la notizia del trasferimento di Caterina de’Medici a Parigi per le nozze con il futuro Re di Francia Enrico II.
E fu proprio lei con il suo trasferimento in Francia ad arricchire e rendere grande la cucina francese, portando con sé ciò che amava dell’Italia.
Il contributo di Caterina de’ Medici: una regina della cucina
La figura di Caterina de’ Medici è per diversi motivi affascinante e rilevante, in questo particolare periodo storico che riguarda la gastronomia italiana e francese.
Possiamo definirla la maggior esponente della famiglia Medici in materia di gastronomia per il suo grande contributo in epoca Rinascimentale.
Caterina, tra le numerose novità che presentò in Francia, portò come prima cosa a corte l’uso della forchetta, contribuendo anch’essa a rendere la tavola più elegante e sfarzosa.
Merito suo furono anche la comparsa a tavola per la prima volta del bicchiere individuale, il tovagliolo e l’invenzione di molti utensili di uso culinario. Come i setacci, le rotelle tagliapasta, gli spremi limoni e molti altri.
Un’altra rivoluzione che porta il nome Medici nella tradizione francese è la separazione delle portate, ovvero la modifica della sequenza nel servire le portate, separando il dolce dal salato.
Una vera regina della cucina possiamo dunque definirla, perché come tutti i grandi chef Caterina acquistava personalmente presso i mercati tutto l’occorrente e i prodotti necessari alla sua cucina. Diventò famosa come “La dame de Cordon Bleu” per la fascia blu che indossava, essendo oltre che Regina di Francia anche Ambasciatrice del Granducato di Toscana.
La passione che la Regina provava per l’arte culinaria l’ha portata ad aprire la prima scuola di cucina, nota ancora oggi come la scuola di “Cordon Bleu”.
Le ricette della cucina toscana trapiantate a Parigi
Con sé Caterina De’Medici non portò solamente una significativa schiera di cuochi, ma anche alcune delle sue ricette preferite e alle quali essa non poteva fare a meno. Non ci resta allora che conoscere i gusti della regina di Francia.
Una delle ricette più “ghiotte” è la Carabaccia, ovvero una zuppa di cipolle che non più tardi entrò a far parte della gastronomia tipica francese con il nome di “Soupe à l’oignon”.
Un’altra ricetta trapiantata a Parigi per il banchetto nuziale della regina nel 1533, ma che di francese ha ben poco, è il Papero al melarancio, ovvero un’anatra abbinata alla frutta, in questo caso l’arancia e la mela. Questo abbinamento carne-frutta era già ben noto nella corte fiorentina.
Caterina portò in Francia anche il suo piatto preferito in assoluto, il Cibreo, ovvero un piatto composto principalmente da frattaglie di pollo. Lei lo definiva come:
“Un intingolo semplice, ma delicato e gentile, opportuno alle signore di stomaco svogliato e ai convalescenti”.
E ne era così golosa che il giorno del suo trentesimo compleanno rischiò di morire per averne fatto indigestione. Come per i carciofi ai quali non riusciva proprio a rinunciare.
Grazie all’esponente della famiglia italiana fa ingresso in Francia la così detta “salsa colla” antenata della famosa salsa béchamel utilizzata come legante nelle preparazioni.
Anche i pasticceri ebbero ampio margine di creatività. Risale proprio a questo periodo la nascita di leccornie come i Macarons, le crèpes, il gelato, le omelette e i marron glacè.
Per finire, fu la prima a definire afrodisiaci degli alimenti come il cardo, lo scalogno, i funghi, le fave e i carciofi.
L’introduzione della forchetta, merito di Caterina de’ Medici
“Dame e Gentiluomini: afferrare la carne a tocchi con le dita dal piatto è, come minimo, indecoroso e considerato intollerabile nella città da cui provengo. Esistono metodi migliori: osservate”.
Così una nobile signora, seduta al centro della tavola, esordì ai suoi commensali durante un banchetto nel 1535. Successivamente aprì un astuccio sul quale era inciso il suo stemma, e ne estrasse un oggetto con tre punte metalliche appuntite e lo prese con le dita sulla mano destra. Infilzò successivamente un pezzo di carne, e poi esclamò: “Et voilà”!
Fu lei ad introdurre la forchetta a tavola come oggetto di uso individuale alla Corte di Francia.
A Firenze le posate erano in uso già da molto tempo, già sulla tavola di Lorenzo nella seconda metà del Quattrocento, la forchetta era una abitudine. E Caterina proveniente da Firenze, città ritenuta in quei secoli emblema di raffinatezza ed eleganza e ritenuta la più intellettuale d’Europa, porta anche nella corte francese quel tocco di civilizzazione. Primo fra tutti l’uso della forchetta, rendendo così la Corte di Francia una delle più raffinate d’Europa.
Sebbene si possa pensare che l’utilizzo della forchetta possa richiamare solo una scelta dettata da norme igieniche, questa invece risolveva spesso situazioni di “imbarazzo” e “disagio” verso gli altri commensali e per la sensazione di “sgradevolezza” che si poteva provare nel dover prendere il cibo con le mani dal piatto comune.
Non subito, però, questa si affermò con successo. In Italia, ad esempio, Venezia fu la prima città ad utilizzare la forchetta a tavola. Questa tardò ad affermarsi in nome della semplicità dei costumi, tanto che fino alla metà del Seicento sui Galatei si consigliava ancora ai nobili di prendere il cibo con le mani piuttosto che con “pezzi d’argento!”.
Sara Rocchetti per Questione Civile