L’invenzione della stampa: dalla xilografia al digitale
Tra le più grandi scoperte dell’uomo possiamo senza dubbio annoverare l’invenzione della carta e poi quella della stampa.
Usando un’utile iperbole, potremmo dire che, al pari della scoperta dell’elettricità o della penicillina, la stampa ha migliorato esponenzialmente la qualità di un particolare aspetto della vita dell’uomo: la cultura.
Sostituendo la macchina alla mano, infatti, la circolazione di tutti i tipi di contenuti letterari, scientifici ed ufficiali aumentò esponenzialmente e questo modificò l’esistenza di molti a diversi livelli.
Al di là della circolazione di testi narrativi, infatti, la capillare diffusione di testi scientifici facilitò il confronto tra studiosi accelerando il corso del progresso in disparati campi. Si pensi, ad esempio, alle felici conseguenze della diffusione di una corretta conoscenza medica nelle zone che nel campo erano più arretrate.
Le origini: la xilografia
L’origine della stampa può essere individuata, prima ancora di Gutenberg, nella tecnica della xilografia (o silografia) in cui i caratteri venivano impressi sulla carta per mezzo di matrici di legno, incise per creare un vero e proprio bassorilievo inchiostrato.
La tecnica sembra essere nata all’epoca della Dinastia Tang (618-907) in Cina. Se ne possono ritrovare però degli esempi anche in periodi precedenti (addirittura in Egitto tra VII e VI secolo a.C). Il più antico libro stampato vero e proprio di cui si abbia notizia è una traduzione cinese del “Sutra del Diamante”, un’opera buddhista. Quest’opera è composta da un rotolo di sei fogli di carta lungo più di cinque metri.
La xilografia si diffonde anche in Europa nel XIV secolo per la decorazione delle stoffe, dal momento che la carta era un bene difficilmente reperibile. Quando poté essere utilizzata la carta, la tecnica fu usata per la stampa delle carte da gioco.
L’invenzione della stampa a caratteri mobili: Gutenberg
Anche l’origine della stampa a caratteri mobili deve essere ricercata in Asia. Nel 1041, il cinese Bi Sheng inventò la tecnica utilizzando, però, caratteri d’argilla che si rompevano facilmente. Circa due secoli dopo un funzionario, anch’egli cinese, Wang Zhen, li ricavò dal legno recuperando la tecnica xilografica.
Ma l’invenzione dei caratteri di metallo è da ascrivere alla Corea nel 1300 circa. Questi ultimi arrivarono in Europa e, dunque, a Magonza nel XV secolo forse attraverso le vie commerciali cinesi o attraverso il mondo arabo.
È così che Gutenberg inventò una tecnica innovativa della stampa esportandola a sua volta in Oriente. L’elemento centrale del suo funzionamento è il punzone, ovvero un parallelepipedo di acciaio (il materiale più resistente conosciuto all’epoca) tagliato trasversalmente in punta sulla quale erano incisi i caratteri in rilevo e al rovescio.
I punzoni così combinati creano la matrice del testo. Inchiostrati e sottoposti a enorme compressione da una pressa imprimevano il loro segno sulla carta.
Nei secoli successivi, la tecnica fu raffinata e poi definitivamente associata alla macchina a vapore che fu usata per la prima volta nel 1814 per la stampa del Times.
Le tecniche contemporanee: offset, rotocalcografia, flexografia
Per quanto riguarda la stampa contemporanea, le tecniche utilizzate sono principalmente tre. La prima è la stampa offset, che sfrutta un complesso sistema di rulli che permette di stampare su piano e su superfici irregolari. Sfruttando, infatti, la repulsione tra acqua ed inchiostro, fatto scorrere su questi rulli il supporto cartaceo vi si imprime il testo.
La seconda tecnica più usata è la rotocalcografia in cui dei rulli rivestiti di rame, su cui è impresso il testo da stampare, passano direttamente grandi quantità di inchiostro sulla carta; questa è la ragione della particolare brillantezza che contraddistingue i famosi rotocalchi.
L’ultima tecnica più diffusa è la flexografia che usa, allo stesso modo, dei rulli di plastica flessibile in cui però il testo non è inciso ma in rilevo.
A queste tecniche, innovative, ma per certi versi ancora conservative, si affianca poi la recente tecnica laser che, invece, sfrutta un caricamento in negativo delle particelle di selenio di un rullo che imprime così l’immagine voluta.
Si nota, così, una delle cose più interessanti dello sviluppo di questa tecnica che, strappata alle mani degli uomini nella tenera età della loro storia, ha comunque conservato la memoria delle tecniche più antiche, basando il suo funzionamento su matrici diversamente intagliate e di molteplici materiali, ma che di fatto sfruttano ancora il medesimo funzionamento.
La stampa nel mondo del digitale
Nell’ultimo ventennio, la rivoluzione digitale ha sconvolto il nostro modo di comporre e fruire testi. Già nei primi anni Duemila, la digitalizzazione ha coinvolto la stesura di libri ed articoli di ogni genere. Pensare oggi di comporre un testo qualsiasi senza adoperare un computer o un sopporto digitale sembra ormai follia e chi compone a mano o – peggio – con una macchina da scrivere è considerato un inguaribile romantico.
Gli autori moderni hanno, infatti, dovuto fare i conti con questo nuovo stato di cose e spesso ne hanno fatto tesoro. I risultati sono molto interessanti. Per esempio, si sono concretizzati in libri generati da un nucleo tematico descritto da un autore, la cui prosecuzione è modulata da una IA (intelligenza artificiale) sulle caratteristiche specifiche del lettore – come la sua posizione geografica, le sue scelte nel corso del racconto e così via.
La tecnologia ha, in taluni casi, messo radici profonde nel nuovo modo di concepire la scrittura tanto da coinvolgere gli stessi social media. Esempi di questi tipi di composizioni sono alcuni moderni romanzi “social” come, ad esempio, l’opera di David Cooper Zac’s Hunted House interamente composta di GIF, o gli Insta Novels nati dalla collaborazione tra la New York Library e la rivista statunitense “Mother”, che hanno lanciato una sfida compositiva ai milioni di utenti della piattaforma di Instagram per creare un libro digitale fatto interamente di stories.
La parentesi Gutemberg: la stampa dopo la stampa
La digitalizzazione ha cambiato anche il nostro modo di fruire il testo. Questo non coinvolge solamente il tipo di supporto o piattaforma su cui leggiamo (e-book, kindle, siti specifici per la lettura online etc.), ma anche il modo in cui viviamo la lettura.
Sempre più spesso, infatti, ci capita di leggere recensioni online prima di scegliere un libro, di partecipare a gruppi di lettura, o di confrontarci sulla nostra esperienza. Non è raro scambiare i pensieri su un certo libro su apposite piattaforme on-line.
Quest’ultima pratica è nota come social reading e ha portato a riflettere sulla ridefinizione del nostro modo di fruizione della letteratura. Negli ultimi anni siamo, infatti, tornati ad una situazione molto simile a quella classica antica, in cui il concetto stesso di autore è messo in discussione, la composizione è sempre più corale e partecipativa. Allo stesso modo la nostra esperienza di lettura avviene nella “pubblica piazza”, questa volta costituita non dall’agorà, ma dai social.
Gli studiosi parlano, infatti, di chiusura della parentesi Gutenberg, ovvero di quel periodo storico segnato dalla nascita della stampa, che ha, da una parte, diffuso incredibilmente la cultura e, dall’altra, definito un modo di lettura silenzioso e totalmente individuale, legato ad un oggetto-libro singolo e all’idea di un singolo lettore che lo usa.
Solo di recente tutto ciò sta cominciando a cambiare, in concomitanza con la creazione di un nuovo approccio critico che mette in discussione il senso di isolamento del lettore e la sua distanza dall’autore, che ora è molto più raggiungibile e il suo modo di leggere molto più sociale.
Noemi Ronci per Questione Civile