Giuliano l’Apostata e la sfida al Cristianesimo

Giuliano

Giuliano l’Apostata: l’imperatore che tentò di promuovere il ritorno al paganesimo

Giuliano è forse l’unico imperatore ad essere passato alla storia con un “dispregiativo” che è diventato per lui quasi un secondo nome: l’Apostata. Una parola terribile per la sensibilità cristiana: apostata, infatti, è chi ha commesso l’apostasia, colui che ha rinnegato una religione per seguirne un’altra.

Giuliano ricevette fin da bambino una buona educazione cristiana, ma da adulto preferì il paganesimo e cercò di favorirlo e farlo rinascere. Per questo, già nei decenni successivi alla sua morte, sorse intorno a lui una “leggenda nera”. Giuliano è ritratto come un demonio vivente e la sua cattiva fama arriva a superare, per certi versi, quella di Nerone.

L’infanzia

L’infanzia di Giuliano fu caratterizzata da tremendi fatti di sangue. Costantino era morto nel 337 d.C. e aveva regolato la sua successione dividendo il trono tra i suoi tre figli Costantino II, Costanzo e Costante e aggiungendovi due nipoti, Dalmazio e Annibaliano. Ancora una volta, bisogna constatare come il problema della successione sia il problema dei problemi nella storia romana e forse non solo in questa.

L’esercito volle dire la sua e subito dopo la morte di Costantino, i nipoti e tutti i possibili discendenti furono massacrati insieme con i fratellastri di Costantino e tutti i loro sostenitori. Una vera e propria carneficina che eliminò decine di persone, dalla quale scapparono, per la loro giovanissima età, soltanto i due figli di Giulio Costanzo, fratello di Costantino, Gallo e il nostro Giuliano, che aveva circa sei anni.

Negli anni successivi, in seguito a scontri intestini, prevalse come unico imperatore Costanzo II. Un regno lungo, dal 337 al 361, di una personalità dura e complessa, forse ancora troppo poco studiata.

Giuliano trascorse la prima parte della vita in esilio. Fu educato ai classici antichi e tutta la sua formazione fu un progressivo allontanarsi dalla dottrina cristiana, alla quale comunque fu istruito. Si avvicinò in particolar modo alla filosofia neoplatonica, pensava così di aver trovato la sua vocazione esistenziale, la filosofia, ponendosi quasi come un nuovo Marco Aurelio.

I primi successi di Giuliano l’Apostata

Si aspettava una vita contemplativa, ma lo attendevano i campi di battaglia, dell’Europa e dell’Oriente. La protezione dell’imperatrice Eusebia, moglie di Costanzo II, fece sì che l’imperatore fosse ben disposto nei suoi confronti. Nel 355 fu convocato a Milano e nominato Cesare (una sorta di vice imperatore).

Fu inviato in Gallia, terra impervia, tormentata dalle invasioni germaniche e lì avvenne una metamorfosi molto veloce: immediatamente Giuliano passò dai libri alle armi, ottenendo importanti successi.

Gli eventi che avrebbero portato Giuliano sul trono precipitarono tra il 359 e il 360. Il suo esercito proclamò Giuliano imperatore e questo sembrava condurre nuovamente ad una guerra civile. Ciò non avvenne, dal momento che nel 361 d.C. Costanzo II morì.

Giuliano l’Apostata imperatore: il suo progetto

Giuliano manifestò immediatamente il suo progetto, allo stesso tempo politico e religioso. Restaurare un Impero Romano ideale, capace di fondarsi moralmente e quindi in grado di riprendere la sua missione conquistatrice. La chiave di questo progetto doveva essere la riforma religiosa, ridare vigore agli antichi dei, decristianizzare l’impero.

Era un programma da una parte conservatore, poiché guardava al passato, dall’altra innovatore, dal momento che il suo non era semplicemente il vecchio paganesimo. Giuliano cercò di trasferire nel paganesimo alcuni elementi che avevano assicurato il successo del cristianesimo. Pensava, infatti, ad una sorta di chiesa pagana, ascetica, caritatevole e devota. Voleva assimilare le pratiche di elemosina e beneficienza, che erano tipiche del mondo cristiano.

Tra i suoi provvedimenti avversi al cristianesimo spicca la proibizione inflitta ai professori cristiani di insegnare i classici, con la motivazione che essi non potevano insegnare opere piene di dei e miti in cui non credevano. Preferì, nella scelta dei grandi amministratori, i pagani ai cristiani. Eliminò molti privilegi concessi da Costantino alla chiesa.

In molte città, soprattutto dell’oriente, masse pagane che erano state emarginate e avevano vissuto con pena il successo del cristianesimo, si scatenarono nuovamente contro i cristiani. Ci furono linciaggi, saccheggi e distruzioni di chiese.

Giuliano effettivamente pare che lasciò fare, ma non fu un persecutore “all’antica”. Non fece distruggere tutti i luoghi di culto e non condannò a morte i cristiani. Solo raramente ci furono provvedimenti particolarmente severi. Ad esempio, gli abitanti di Cesarea di Cappadocia, accaniti antipagani, furono degradati civilmente.

Il progetto di riforma del paganesimo voluto da Giuliano era irrealistico. Le folle lo interpretarono come un invito alla violenza, ma non lo seguirono sugli altri piani. Alle masse non piaceva affatto quel paganesimo severo, moraleggiante, persino forse un po’ bigotto, troppo intellettuale e raffinato, come afferma Andrea Giardina.

L’attacco ai Persiani

Giuliano finì per sentirsi un incompreso. La freddezza con cui le stesse masse pagane accolsero il suo messaggio di rinnovamento del paganesimo dovette stupirlo e amareggiarlo. Egli pensò allora di compiere, sotto l’auspicio degli Dei pagani, un’impresa clamorosa: l’attacco diretto ai Persiani.

Sappiamo che per i romani la Persia era come la Russia per Napoleone e Hitler: era possibile vincere molte battaglie, penetrare nel territorio nemico, ma era difficilissimo, se non impossibile, domare i nemici e controllarli.

L’avanzata di Giuliano, come era accaduto ad altri predecessori, fu travolgente. I legionari arrivarono presto sotto le mura della capitale nemica, Ctesifonte, ma qui come al solito le cose cambiarono. Un lungo assedio nel caldo infernale era insostenibile. Era necessario scontrarsi con l’esercito persiano a viso aperto, ma questo si limitava solamente ad azioni di guerriglia e logoramento.

Giuliano aveva l’abitudine di combattere in prima linea, per dare l’esempio e incoraggiare i soldati. Il 26 giugno, mentre percorreva le linee romane durante un attacco nemico, si racconta che dimenticò di indossare la corazza e fu colpito da una lancia. Il giorno dopo morì, con la gioia di non pochi cristiani.

Giuliano l’Apostata: la morte

La morte di Giuliano è raccontata da un testimone oculare, un testimone d’eccezione: il grande storico Ammiano Marcellino.

Egli era al seguito del sovrano ed ebbe modo di registrare le sue ultime parole:

È arrivato, amici, il momento assai opportuno di uscire di vita. Giunto il momento di restituirla alla natura che la richiede, come un debitore leale mi rallegro e non mi rattrista né mi dolgo (come alcuni pensano), poiché ben so, per opinione unanime dei filosofi, quanto l’anima sia più felice del corpo e penso che, ogniqualvolta una condizione migliore venga separata da quella peggiore, dobbiamo rallegrarci, non dolerci.

Marco Alviani per Questione Civile

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