L’Enrico IV di Luigi Pirandello: la follia in un Medioevo rivisitato
Con questo articolo l’Archivio di Letteratura intende esplorare la produzione teatrale di uno dei celebri drammi del teatro pirandelliano, l’Enrico IV.
Analizzando il modello storiografico di riferimento, ad opera di J. Voigt, illustreremo i principali debiti di Pirandello nei confronti dell’epoca storica dell’Imperatore Enrico IV di Sassonia.
In un secondo momento, ci avvicineremo agli studi psicoanalitici di Luigi Pirandello, condotti sulla base del saggio di Alfred Binet. Per concludere, vedremo i debiti di Pirandello nei confronti di autori della narrativa straniera, come Huysmans e Wilde, e italiani come Gabriele D’Annunzio.
L’Enrico IV: un successo teatrale del 1921
Il dramma del folle imperatore di Sassonia Enrico IV segna una svolta sensibile all’interno della produzione di Luigi Pirandello. Rappresentato per la prima volta nel 1921, il dramma viene accolto favorevolmente dalla critica.
L’anno in cui l’opera viene rappresentata per la prima volta, grazie alla straordinaria rappresentazione condotta dall’attore Ruggero Ruggeri, è un anno denso di eventi e di celebrazioni. Se da un lato D’Annunzio continua a riscontrare successi in ambito letterario, dall’altro il 1921 è un anno letterariamente molto significativo per le celebrazioni dantesche. Nel 1921 furono celebrati, infatti, i seicento anni dalla morte di Dante.
Molto diversa è l’accoglienza riservata, invece, l’anno seguente al dramma I sei personaggi in cerca d’autore, nel quale Pirandello scardina le strutture teatrali convenzionali, gettando le basi di quello che sarà d’ora in poi il metateatro.
Mentre l’Enrico IV occupa un ruolo centrale e solitario all’interno di questo periodo della produzione pirandelliana, i Sei personaggi in cerca d’autore si collocano all’interno di una trilogia assieme a Ciascuno a suo modo e Questa sera si recita a soggetto.
Il ruolo della storiografia all’interno dell’Enrico IV
All’interno del dramma Enrico IV la storiografia occupa un ruolo significativo. L’autore fa consapevolmente apparire la consultazione delle fonti in modo sbrigativo, affinché risulti più adeguata ad una mente disturbata come quella del protagonista, l’Imperatore Enrico IV. Così accade con i nomi dei luoghi, con quelli dei consiglieri e con le notizie intorno ai famigliari della figura imperiale.
Molto più accurata, invece, è la consultazione delle fonti relativa alla figura dell’Imperatore. Si ricordi che il nome del protagonista del dramma non viene mai menzionato. All’inizio del dramma nella tavola dei personaggi, il suo nome è segnato dai tre puntini di sospensione. Potremmo definirlo dunque il Senza Nome, per intendere la mancata onomastica relativa al personaggio da parte di Pirandello.
Relativamente al quadro storiografico, basandoci su alcune testimonianze d’epoca, il quadro che viene consegnato a Pirandello dai cronisti dell’epoca è a tinte fosche, con un pizzico di malvagità e una vena di pazzia. L’ira rende l’Imperatore vendicativo e molte sono le rappresentazioni, soprattutto quella di J. Voigt, in cui è ritratto con la spada sguainata.
Le pagine dei cronisti collegano l’interminabile elenco dei vizi, dallo sperpero alla lussuria, dalla rapacità alla falsità, alla natura perversa dei suoi tutori, i quali lo avevano sottratto alla madre in tenera età.
Gli studi di Pirandello: le anomalie psichiche di Alfred Binet
Nel ritrarre il suo Enrico da giovane, prima che la follia si impadronisca del personaggio, Pirandello gli attribuisce un’eccentricità che è il degno frutto dei suoi studi di psicologia e psichiatria. È noto, infatti, che Pirandello ricorse agli studi di Alfred Binet sulle anomalie psichiche. Le indagini dello psichiatra sono riassunte nel saggio di Binet Le alterazioni della personalità, e conducono Pirandello alla conclusione che Enrico IV non intenda evadere dalla sua villa solitaria e che preferisca consapevolmente rifugiarsi all’interno della maschera.
Non esiste, infatti, alcuna identità da recuperare per chi sceglie consapevolmente di autoescludersi dal consorzio sociale. Pirandello aveva evocato Alfred Binet anche nel 1907 nel saggio Arte e scienza:
Citazione 1
“Rileggendo nel libro di Alfredo Binet Le altérations de la personnalité quella rassegna di meravigliosi esperimenti psico-fisiologici, dai quali, come è noto, si argomenta che la presunta unità del nostro io non è altro in fondo che un aggregamento temporaneo scindibile e modificabile di varii stati di coscienza più o meno chiari, pensavo qual partito potrebbe trarre da questi esperimenti la critica estetica per la intelligenza del fenomeno non meno meraviglioso della creazione artistica”.
Anche nel passaggio dalla narrativa al teatro, Pirandello non si discosta dalla psicologia sperimentale. Egli intensifica i prelievi dalla casistica psichiatrica, serbatoio di caratteri patologicamente inautentici. Notevole è il debito dell’imperatore con le Personalità fittizie create da suggestione, il capitolo delle Alterazioni dove Binet precisa che il soggetto in stato sonnambolico recita una sorta di commedia. Di seguito il passo tratto dal capitolo di Binet:
Citazione 2
“Invece di concepire un tipo, loro lo realizzano, lo oggettivano. Non al modo dell’allucinato, spettatore di immagini che gli scorrono davanti agli occhi; ma come un attore che, impazzito, scambiasse il dramma che interpreta con la realtà e si credesse trasformato, anima e corpo, nel personaggio che ha il compito di interpretare”.
I modelli narrativi decadenti: Huysmans, Wilde e D’Annunzio
L’identikit del personaggio accosta visibilmente il protagonista della tragedia pirandelliana a due personaggi fondamentali della letteratura decadente. Infatti, con la crisi del romanzo naturalista, il nuovo romanzo d’analisi attinge sempre più alla nuova psicologia sperimentale.
I due personaggi a cui mi riferisco sono il protagonista di Controcorrente (1884), capolavoro decadente di Joris-Karl Huysmans e all’esteta Dorian Gray, protagonista del romanzo Il ritratto di Dorian Gray (1889) di Oscar Wilde.
L’altro grande personaggio della narrativa decadente, in questo caso proprio della narrativa italiana, è il celebre personaggio dannunziano del romanzo Il Piacere (1889). Il protagonista, Andrea Sperelli, attinge alle nuove scoperte della psicologia pirandelliana e risulta un passaggio obbligato anche per la narrativa novecentesca, come testimoniato da tre eroi narrativi del XX secolo: partendo da Zeno Cosini di Italo Svevo, passando per Rubè di Giuseppe Antonio Borgese fino agli Indifferenti di Alberto Moravia.
Conclusioni
Attraverso questo viaggio nei meandri della produzione pirandelliana, l’intento è stato quello di ripercorrere i vari debiti culturali di Pirandello nei confronti dei suoi modelli. In primis quello del Voigt per quanto concerne la storiografia, mentre in secondo luogo il debito per gli studi psicoanalitici rivolto ad Alfred Binet. Infine, troviamo i modelli narrativi decadenti a cui guarda il protagonista.
Giulia Marianello per Questione Civile