Un viaggio inaspettato nell’arte di Tolkien
Il mondo fantastico creato da Tolkien nei suoi libri è ormai entrato nel nostro immaginario. Le scene della trilogia cinematografica di Peter Jackson su “Il Signore degli Anelli” e poi su “Lo Hobbit” sono impresse nelle nostre menti. Tuttavia, anche prima che venissero girati i film, la terra di mezzo era conosciuta dagli appassionati attraverso una serie di illustrazioni che ripercorrono tutte le tappe dei viaggi dei nostri hobbit preferiti. Autore di queste immagini non poteva non essere lo stesso creatore di questo mondo magico.
Tolkien e Lo Hobbit illustrato
Il primo dei libri ad esser pubblicato fu Lo Hobbit (1937) e fu anche la prima occasione per Tolkien per svelare un’altra sua grande passione, ovvero il disegno. Infatti, sin da bambino amava disegnare e dipingere la campagna inglese dove era cresciuto. Quado iniziò a scrivere della terra di mezzo decise di accompagnare ai racconti anche delle illustrazioni. Nel 1936 Tolkien consegnò al suo editore il testo accompagnato da 20 disegni, due mappe e un dipinto. Ma questo era solo l’inizio visto che realizzò altre 100 illustrazioni de Lo Hobbit, pubblicate però solo nell’edizione celebrativa del 75° anniversario.
Dal processo creativo alla scrittura
È lo stesso Tolkien ad appuntare sui suoi disegni riflessioni e suggestioni che poi riverserà nei suoi libri. Da una nota sulla mappa della Terra di Mezzo scrive:
“I wisely started with a map, and made the story fit (generally with meticulous care for distances). The other way about lands one in confusions and impossibilities, and in any case it is weary work to compose a map from a story”
(Williams College Oxford Program & The Tolkien Estate Ltd)
Immaginare una realtà completamente diversa dalla nostra era un processo che si concretizzava anche con il disegno, e forse le bellissime ekphrasis che troviamo nei racconti sono il riflesso di quanto andava rappresentato sulla carta. Infatti, molti brani nei suoi libri, soprattutto nel Silmarillion, descrivono il paesaggio suggerendo delle vere e proprie visioni nella mente di chi legge.
Anche i più illustri studiosi che hanno dedicato le loro ricerche all’opera di Tolkien non sono mai riusciti a comprendere cosa venisse prima, se la rappresentazione grafica o le parole. Molto probabilmente è un processo che avveniva in sincrono e che poi si concretizzava nella creazione di vere opere ad acquarello.
Le lingue inventate e la passione per la calligrafia
È stato appurato invece che prima dei racconti, prima dei disegni, Tolkien aveva inventato nuove lingue. Anzi, lui stesso affermava che aveva dato vita alla Terra di Mezzo per poter far parlare quelle lingue che aveva inventato da ragazzo. Anche in questo caso, la creazione di nuovi suoni e parole corrispose alla creazione di qualcosa di visivo.
Ogni specie parla una propria lingua, nani, elfi, uomini, hobbit, gli ent e così di seguito. Ogni lingua ha i suoi caratteri che denotano un’altra grande passione di Tolkien, ovvero la calligrafia. Nelle mappe e nelle illustrazioni inserisce spesso iscrizioni che si riferiscono ai libri, utilizzando proprio i grafemi da lui inventati. Certamente una grande influenza dovette avere lo studio degli antichi manoscritti medievali che ebbe modo di consultare nella biblioteca dell’Università di Oxford.
Il rapporto di Tolkien con l’arte
Vari studiosi nel corso degli ultimi vent’anni hanno cercato di capire quali correnti artistiche possano aver influenzato Tolkien. I primi lavori per Lo Hobbit si caratterizzano per l’uso di campi di colore delineati ed accesi, come già si riscontra nell’acquarello concepito come copertina del libro. Un gusto lineare che ricorda molto le stampe giapponesi che, sul finire del XIX secolo, influenzarono gli esiti dell’arte occidentale. Il giapponismo determinò lo sviluppo di molti movimenti artistici come l’Art Nouveau, e segnò l’arte di molti pittori, tra cui Van Gogh, Manet, Klimt.
È stato anche suggerito che avendo Tolkien studiato ed approfondito molto la cultura norrena, possa aver ripreso anche aspetti dell’arte vichinga, che fu fonte d’ispirazione per il pittore russo Nicholas Roerich, più grande di una generazione e che fu uno dei massimi esponenti del simbolismo russo. Confrontando le sue opere con le illustrazioni di Tolkien, sembra verosimile che lo scrittore inglese conoscesse l’arte russa.
Certamente invece doveva apprezzare molto l’artista inglese William Morris, padre del movimento dell’Arts and Crafts. Infatti, è stato confermato che Tolkien possedeva una copia del libro Some Hints on Pattern Designing (1881). Morris si ispirava molto all’arte medievale per il suo carattere decorativo ed essenziale, perfetto per esser ripetuto per la sua semplicità. I motivi di design di Morris ebbero certamente un impatto nella mente di Tolkien che li ripropone anche ad esempio negli elementi architettonici di edifici e città da lui create.
L’eredità di Tolkien come illustratore
La maggior parte delle illustrazioni, dipinti, disegni e ovviamente i manoscritti realizzati da Tolkien si conservano oggi nella Biblioteca Bodleian sin dal 1979. L’attività di ricerca, studio e conservazione di tutta l’eredità di questo grande scrittore e artista è oggi portata avanti dagli studiosi. Nel 2018 è stata anche organizzata una grande mostra, in collaborazione con la Morgan Library di New York, che conserva altre opere di Tolkien.
Certamente le immagini create da Tolkien hanno avuto un grande impatto anche per tutti coloro che hanno lavorato a posteriori all’illustrazione della saga. Il più noto è Alan Lee, pittore e illustratore inglese, che iniziò a lavorare sui libri di Tolkien per l’uscita delle edizioni celebrative del centenario della nascita dell’autore.
A partire dalle sue illustrazioni il mondo fantasy della Terra di mezzo è stato trasposto nelle scenografie della trilogia di Peter Jackson, portando a casa l’oscar nel 2004 come direttore artistico del Ritorno del Re. Nelle interviste spesso Lee ribadisce quanto le immagini dipinte da Tolkien gli abbiano consentito di immergersi veramente nella mente dell’autore, interpretando la sua visione da dentro.
Ilaria Arcangeli per Questione Civile