Il Sessantotto in Italia: da Valle Giulia al terrorismo, passando per la rivoluzione femminista
In questo articolo parleremo del famoso “Sessantotto”, anno della nascita di quei gruppi (prima formato da soli studenti, poi successivamente anche da operai) di contestazione, che si sviluppano in molti Paesi del mondo.
I prodromi del Sessantotto: il contesto
Il benessere economico di cui gode l’Italia nei primi decenni dell’immediato dopoguerra (passato alla storia come il “Miracolo economico italiano”), inizia ad essere contestato, verso la metà degli anni ’60, proprio da quei giovani che ne godono.
Ecco, proprio loro, i giovani, sono i protagonisti di quello che passerà alla storia come il “Sessantotto”. Cercano una maggiore libertà, sia dal punto di vista familiare (alcuni arrivano a lasciare le proprie famiglie per unirsi alle cosiddette “comunità” di coetanei), sia dal punto di vista sessuale.
Altra causa che porterà al Sessantotto è la forte “scolarizzazione” che si verifica in Italia a partire dagli anni ’60. La struttura sia scolastica, sia universitaria, viene fortemente criticata. Vi è addirittura il coinvolgimento del mondo cattolico. Un prete, don Lorenzo Milani, pubblica “Lettera a una professoressa”, dove si manifestano le criticità del sistema educativo.
Proprio per le Università gli studenti chiedono una riforma radicale.
Le prime occupazioni universitarie
Nel triennio 1966/67/68 iniziano le prime occupazioni delle Università. La prima ad essere occupata è quella di Trento (in particolare la facoltà di Sociologia, dove spiccano i nomi di Renato Curcio e Margherita Cagol, fondatori nel 1970 delle Brigate Rosse).
Successivamente vengono occupate (e poi sgomberate) la Statale di Pisa, la Cattolica di Milano, Palazzo Campana a Torino. A Roma, il 29 febbraio 1968 la polizia sgombera la facoltà di Architettura, dopo essere stata avvisata dal Rettore Pietro Agostino D’Avack.
1° marzo 1968: gli scontri di Valle Giulia
Il giorno dopo lo sgombero della facoltà di Architettura, circa 4000 studenti si ritrovano a Piazza di Spagna. Il corteo si divide: una parte si dirige verso la città universitaria, mentre un’altra verso la zona di Valle Giulia.
Gli studenti si trovano di fronte ad un cordone di forze dell’ordine: da quel momento inizia una vera e propria battaglia. A guidare la rivolta, congiuntamente, sono gli esponenti del nascente movimento studentesco e del movimento di estrema destra “Avanguardia Nazionale”, guidato da Stefano delle Chiaie. Il suo movimento è appoggiato dai gruppi “La Caravella” (del Fronte Universitario d’Azione Nazionale, all’interno della Sapienza di Roma) e “Primula Goliardica” (gruppo sempre attivo all’interno della stessa Università).
Le proteste operaie: l’Autunno caldo
Il movimento di protesta esce dalle Università e inizia a coinvolgere altri gruppo sociali, tra cui gli operai.
Le proteste iniziano già verso la metà degli anni ’60. In particolare, nel 1969 vi è l’esplosione delle proteste degli operai delle fabbriche, che si mescolano alle proteste studentesche. La causa delle agitazioni riguarda il rinnovo contrattuale, con la richiesta dell’aumento salariale.
Uno degli episodi più famosi è quello legato alla FIAT. Durante un corteo operaio, un gruppo di manifestanti prende d’assalto lo stabilimento di Mirafiori (Torino), distruggendo alcune linee di montaggio.
Il periodo delle mobilitazioni operaie è passato alla storia come “Autunno caldo”. Pochi mesi dopo, in un clima già molto teso, il 12 dicembre 1969, a Milano, una bomba esplode presso la Banca Nazionale dell’Agricoltura, a Piazza Fontana (clicca qui per approfondire), dando inizio alla sanguinosa stagione della “Strategia della Tensione”.
Come risultato, nel 1970, viene finalmente firmato lo Statuto dei Lavoratori, che garantisce maggiori tutele.
Le conseguenze del Sessantotto: i gruppi extraparlamentari di sinistra e il terrorismo
Le proteste studentesche e operaie determineranno la nascita dei primi gruppi cosiddetti “extraparlamentari” di estrema sinistra. ovvero quei gruppi che si distinguono dalla sinistra riformista e che rifiutano la democrazia parlamentare, incapace di risolvere i problemi.
Tra questi ne citiamo alcuni: “Lotta continua” (gruppo nato dalla scissione del Movimento studentesco di Torino, i cui leader sono Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri, ritenuti i mandanti dell’omicidio del Commissario Luigi Calabresi) e “Avanguardia operaia”.
Altro gruppo, i cui fondatori escono dal Sessantotto, sono le “Brigate Rosse”, gruppo protagonista indiscusso della stagione del terrorismo politico o, come viene chiamata, la stagione degli “anni di piombo”.
Il movimento femminista durante il Sessantotto
Durante il Sessantotto, anche il movimento femminista si rende protagonista. Non proprio uguale, dal punto di vista ideologico, al movimento ottocentesco (le suffragette), l’attenzione viene posta sulle differenze.
Sentendosi discriminate, tanto da essere definite gli “angeli del ciclostile”, affrontano nuovi temi, come la sessualità ed il rapporto con il proprio corpo.
Le conquiste legislative delle donne
Gli anni Settanta rappresentano un decennio di svolta per quanto riguarda la figura femminile, ma già negli anni Sessanta vengono approvate leggi importanti.
Nel 1963 viene approvata la legge che riconosce le pensioni alle casalinghe (Legge n.389/1963) e quella che consente alle donne di accedere alle cariche pubbliche, compresa la magistratura (Legge n.66/1963).
Le conquiste legislative proseguono poi negli anni Settanta. Nel 1970 viene approvata le legge sul divorzio (Legge n.898/1970 o Fortuna-Baslini), poi confermata dopo il referendum abrogativo del 1974.
Solo nel 1975 viene riformato il Diritto di famiglia. Nel 1976 Tina Anselmi, prima donna a ricoprire la carica di ministro della Repubblica, presenta la legge sulla “parità di trattamento tra uomo e donna in materia di lavoro” (Legge n.903/1976). Tale legge vieta le discriminazioni sessuali per quanto riguarda salario e possibilità di carriera.
Altra legge fondamentale è quella sull’aborto (Legge n.194/1978).
Il 5 agosto 1981, vengono abrogati, con la Legge n.442, il “delitto d’onore” e il “matrimonio riparatore” (rispettivamente artt. 587 e 544 del Codice penale). Il delitto d’onore prevedeva questo:
“Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella”.
Dunque, una riduzione di pena contro i ventuno minimi previsti dall’articolo 575 del Codice penale.
Il matrimonio riparatore invece prevedeva che, per evitare il processo e la condanna per stupro, l’uomo poteva offrire appunto il matrimonio alla sua vittima, salvando così l’onore della famiglia.
Margherita Rugieri per Questione Civile