Machiavelli e Dante: il Sommo ed il Segretario

Le radici dantesche di Niccolò Machiavelli

Machiavelli è stato senza dubbio uno dei più grandi protagonisti della politica umanistico-rinascimentale. La sua passione per la politica ed il suo “sesto senso diplomatico” erano così tanto conosciuti, all’epoca, da dare origine al suo soprannome, ovvero “Il Segretario Fiorentino”.

La sua abilità diplomatica e retorica gli permise di ricoprire il ruolo di ambasciatore per conto della città di Firenze, sia in Italia che all’estero. Tuttavia, qualcuno prima di lui aveva avuto un ruolo chiave nella politica del capoluogo toscano: quel qualcuno era Dante Alighieri.

In questo articolo si analizzeranno i punti di contatto e le differenze tra il Sommo Poeta ed il Segretario Fiorentino per quanto riguarda il pensiero politico, evidenziando quanto Dante abbia influenzato, seppur indirettamente, Niccolò Machiavelli.

“700 anni con Dante”
-N. 8
Questo è l’ottavo numero della Rubrica di Rivista dal titolo 700 anni con Dante, finalizzata ad analizzare la figura del Sommo Poeta da diversi punti di osservazione. La Rubrica vede la collaborazione tra le Aree di Storia Antica e Medievale, Economia, Affari Esteri, Lettere, Scienze Umane, Storia Moderna e Contemporanea, Arte, Cinema, Tecnologia, Filosofia del Diritto, e Filosofia Teoretica

Il Dante politico: dai Temperamenti al Giubileo

Durante degli Alighieri, da tutti conosciuto come Dante Alighieri, nacque a Firenze nel 1265 e morì a Ravenna nel 1321. Con l’entrata in vigore dei Temperamenti nel 1295 (provvedimento che delegittimò gli Ordinamenti di Giustizia di Giano della Bella, che puntavano all’esclusione dei nobili dalla politica a favore dei borghesi appartenenti ad un’Arte), Dante Alighieri si iscrisse all’Arte dei Medici e degli Speziali (una delle sette maggiori corporazioni fiorentine dell’epoca).

Nel 1296 entrò a far parte del Consiglio dei Cento (la suprema assemblea politica fiorentina). Nel 1300, invece, fu protagonista di una delle pagine più complicate della storia politica fiorentina ed italiana. Nell’anno del Giubileo (un anno specifico durante il quale, nel mondo cristiano, viene di norma concesso il perdono universale di tutti i peccati), Dante si trovò a fronteggiare la frattura del partito Guelfo fiorentino (i Guelfi erano a favore del papato, mentre i Ghibellini erano a favore dell’Imperatore) in Guelfi Bianchi e Guelfi Neri.

Nello stesso anno, Dante venne inviato a Roma presso la corte di Papa Bonifacio VIII (da Dante considerato come emblema della degenerazione morale della Chiesa). Vi si recò in veste di ambasciatore di Firenze mentre, nella stessa, era da poco giunto Carlo di Valois. Ecco quindi il primo punto di contatto tra Dante e Machiavelli: il concetto di “ambasciatore”.

Machiavelli e la politica: l’ascesa del Segretario Fiorentino

Nato a Firenze nel 1469, Niccolò Machiavelli ricoprì molti ruoli importanti nelle gerarchie della Repubblica Fiorentina. Primo fra tutti, il ruolo di Segretario della Seconda Cancelleria della Repubblica Fiorentina, ottenuto il 14 Giugno del 1498.

L’anno seguente, Machiavelli si recò a Forlì presso la corte di Caterina Sforza per conto di Firenze. L’obiettivo era rinsaldare l’alleanza tra Firenze e Forlì, ed ottenere uomini per la guerra che Firenze stava portando avanti per sottomettere Pisa. Questa guerra, nel 1500, avrebbe preso pieghe curiose ed inaspettate che, tuttavia, non riguardano questo articolo. In seguito ad un complesso gioco di paghe mancate e di incomprensioni diplomatiche tra Firenze ed i rinforzi francesi impiegati a Pisa, Machiavelli venne inviato in Francia per portare alla corte del Cardinale di Rouen le rimostranze fiorentine.

A Firenze, infatti, rimproveravano ai soldati francesi un comportamento scorretto. In sintesi, a causa del mancato pagamento, i soldati francesi si rifiutarono di entrare a Pisa, nonostante le mura fossero già state abbattute.

Nel corso della sua carriera diplomatica, Machiavelli venne inviato presso le corti di Roma, Verona, Pisa, Francia e Germania (dopo i viaggi in Francia e Germania, Machiavelli scrisse le sue opere “Ritratto delle cose di Francia” nel 1510 e “Rapporto delle cose della Magna” nel 1513). Niccolò Machiavelli, dunque, fu ambasciatore di Firenze in molte occasioni, fino al suo esilio del 1513. Tornerà in politica nel 1519, ma sarà nuovamente esiliato nel 1527 poiché sospettato di aver sostenuto i Medici contro la Seconda Repubblica Fiorentina. Machiavelli morì poco dopo, il 21 Giugno 1527.

Ma quali sono, dunque, i punti di contatto tra Dante Alighieri e Niccolò Machiavelli? Quali i punti di scontro?

Machiavelli e Dante: situazioni simili in tempi diversi

In due epoche molto diverse, Dante e Machiavelli avevano una visione pessimistica dell’uomo, visto come un essere incline al male. Entrambi, in due epoche molto diverse, hanno avuto a che fare con i due grandi poteri che reggevano le sorti del mondo: il potere temporale ed il potere spirituale.

Nella sua opera “De Monarchia”, Dante Alighieri descrisse l’Italia del 1300 come un’Italia in crisi su entrambi i fronti, con un comando politico inesistente da un lato (<<Ahi serva Italia di dolore ostello / nave senza nocchier in gran tempesta>>; Divina Commedia, Purgatorio, VI, vv. 1-2) e con una Chiesa corrotta fino alle sue fondamenta dall’altro.

Due secoli dopo, Machiavelli, nella sua opera magna “De Principatibus” (meglio conosciuta come “Principe”) descrisse l’Italia del 1500 come un paese frammentato, in mano a potenze che devastavano il territorio tramite l’utilizzo di milizie mercenarie, un’Italia che necessitava di un’unica guida forte e carismatica per sottrarsi al dominio delle potenze straniere. Questo concetto è ben espresso nel capitolo finale del “Principe”, il XXVI, nel quale Machiavelli rivolge al “suo” principe ideale (il dedicatario dell’opera era Lorenzo De’ Medici, nipote di Papa Leone X, ma il vero principe che ispirò il Segretario fu Cesare Borgia) una <<esortazione a pigliare l’Italia e a liberarla dalle mani dei barbari>>.

Dunque, i due autori fiorentini avevano una concezione simile dell’Italia del loro tempo. Non si pensi però che i due fossero allineati su tutto.

Machiavelli e Dante: due diverse idee di potere

Dante Alighieri pensava, infatti, che il potere dell’Imperatore (quindi il potere temporale) fosse subordinato alla sfera divina.

Dunque, il sovrano doveva governare con coscienza, seguendo <<la diritta via>>. Dante era figlio del suo tempo e, come tale, non avrebbe potuto immaginare un potere temporale slegato da quello spirituale. Per quanto i due poteri fossero da analizzare sempre su due piani distinti, Dante era convinto che entrambi fossero necessari in egual maniera. Per sintetizzare il concetto, si potrebbe dire che il benessere terreno, se ottenuto, avrebbe anticipato la beatitudine ultraterrena.

Niccolò Machiavelli, invece, aveva una concezione del potere diversa rispetto a quella del Sommo Poeta. Il Segretario Fiorentino pensava che, per risollevare l’Italia sottraendola ad una sorte avversa, fosse necessario che un principe prendesse il potere. Era necessario un principe forte, saldo, carismatico.

Un principe che non si facesse scrupoli pur di raggiungere il bene superiore (la salvezza dell’Italia, in questo caso). Mentre Dante vedeva la Divina Provvidenza come la forza motrice di ogni evento, Machiavelli tendeva più ad una “visione a metà”. La forza motrice era, secondo il Segretario, la Fortuna. Essa era un’entità superiore che sfuggiva al controllo dell’uomo, concedendo però all’uomo stesso la possibilità di essere artefice del suo destino (<<Homo Faber Fortunae Suae>>).

Da questo confronto tra il Sommo Poeta ed il Segretario Fiorentino emerge, dunque, una posizione simile per quanto riguarda la situazione dell’Italia (rispettivamente nel 1300 e nel 1500), mentre emerge una netta distanza di posizioni sul concetto di “Potere” (fosse esso temporale o spirituale).

Conclusioni

Dante Alighieri vedeva un’Italia sull’orlo del crollo, senza una guida in senso temporale (l’Imperatore) ed in senso spirituale (il Papa). L’uomo del Medioevo, secondo lui, era dunque totalmente “preda” della Divina Provvidenza, motore immobile di tutti gli eventi. Niccolò Machiavelli, invece, vedeva per l’uomo una possibilità di essere artefice del proprio destino. L’uno era figlio di un’epoca in cui Dio era motore immobile di tutto, l’altro era invece figlio dell’Umanesimo.

Un’età in cui l’Uomo diventò centro del mondo senza però mettere in dubbio l’esistenza di Dio (come invece avverrà in alcune aree d’Europa con l’avvento dell’Illuminismo).

Dante e Machiavelli avevano visioni diverse sul potere, ma ebbero in comune la visione generale dell’uomo e la visione della situazione italiana nelle rispettive epoche.

Dante “temeva” Dio (un timore inteso come il “Timor di Dio”), mentre Machiavelli vedeva nel timore che il Principe doveva incutere una delle vie che avrebbe condotto l’Italia alla salvezza.

Per unire i destini di due uomini diversi, con pensieri simili in alcuni punti e differenti in altri, si citi lo stesso Machiavelli, che disse: “Gli uomini fanno questo errore, che non sanno porre termini alle speranze loro; ed in su quelle fondandosi, senza misurarsi altrimenti, rovinano”.

Francesco Ummarino per Questione Civile

Bibliografia:

  • D. Alighieri, Inferno, commento di F. Nembrini, Mondadori S.P.A., Verona, 2020
  • D. Alighieri, Purgatorio, commento di F. Nembrini, Mondadori S.P.A., Verona, 2020
  • D. Alighieri, De Monarchia, a cura di M. Pizzica, ed. con testo latino a fronte, Biblioteca Universale Rizzoli, 1988 – N. Machiavelli, Principe, a cura di L. Firpo, ed. elettronica del 6 Giugno 2013, liberamente consultabile al link: liberliber.it/mediateca/libri/m/machiavelli/il_principe/pdf/machiavelli_il_principe.pd

Sitografia:

  • Per le informazioni biografiche su Dante Alighieri: www.treccani.it/enciclopedia/dante-alighieri/
  • Per le informazioni biografiche su Niccolò Machiavelli: www.treccani.it/enciclopedia/niccolo-machiavelli
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