Il gioco nello sviluppo sociale dell’individuo

Uno sguardo al ruolo del gioco nella società e la sua evoluzione

Sin dagli albori dell’istruzione, uno dei metodi più efficaci ed utilizzati dai maestri per insegnare agli allievi le norme e le regole della società, è stato il gioco. Quest’ultimo si è adattato nei millenni della storia sociale, ma senza cambiare la sua funzione principale. In questo articolo cercheremo di approfondire come il gioco possa ancora oggi ricoprire un ruolo così importante nello sviluppo dell’individuo e perché.

Origine ed evoluzione nella società

Seguendo l’impostazione neurologica data dalle parole di Raph Koster (2005), il gioco non sarebbe altro che “l’insieme dei feedback che il cervello ci dà quando assembliamo più modelli mentali per scopi di apprendimento“ [A Theory of Fun for Game Design — Foreword by Will Wright]. In altre parole, il gioco consentirebbe, attraverso la manipolazione coscienziosa degli elementi culturali che acquisiamo in maniera continua, di diventare padroni dell’ambiente circostante. Muovendoci più o meno agevolmente in esso, acquisiamo quelle abilità e quell’esperienza tali da poter a nostra volta intervenire creativamente, costruendo un mondo a nostra fattura, che sia adeguato alle nostre esigenze.

Non solo un’acquisizione di abilità o modellazione del mondo; esso è sempre risultato la via più funzionale e semplice nell’apprendimento di tutte quelle norme ed obblighi sociali. Norme ed obblighi come ad esempio: il perché rispettare una fila, l’importanza dell’istruzione e così via. Il tutto condito sempre in una chiave allegorico/metaforica molto semplificata. Attraverso questi meccanismi anche i più piccoli possono comprendere il messaggio che il gioco vuole trasmettere. Basti pensare al classico esempio della morale della favola.

Il gioco o l’utilizzo di giochi strumentali sono risultati una chiave di lettura importantissima anche nello sviluppo psicologico dei bambini. Basti pensare al ruolo estremamente preponderante che hanno avuto, e hanno tutt’ora, le favole e le fiabe per bambini e gli insegnamenti che trasmettono. Dal rispetto per il prossimo, sino all’empatia ed in particolare quest’ultima fu attentamente analizzata da numerosi psicologi e sociologi. Ad interessare maggiormente era proprio come l’utilizzo di determinati giochi potesse incrementare lo sviluppo dell’empatia nei bambini.

Il gioco in tempi moderni

Se in origine o anche in tempi meno recenti, gli strumenti di utilizzo del gioco erano limitati agli spazi fisici o alla fantasia degli scrittori di favole e fiabe, oggi la situazione risulta radicalmente cambiata. Con l’introduzione di internet e dei videogiochi a livello di massa, queste forme virtuali di gioco hanno raggiunto anche le fasce d’età più basse e toccando standard qualitativi ed educativi maggiori. Basti pensare ad esempio alla recente, e sempre più diffusa, nascita degli “Edugame”; giochi incentrati proprio nel trasmettere insegnamenti di vario tipo, sia a livello comportamentale che a livello storico-sociale.

In tempi recenti ha ricevuto l’interesse persino del settore commerciale e delle aziende in primis, tanto che si parla di una incessante “gamificazione” dei sistemi comunicativi e della società in generale come noi li conosciamo. Secondo Jeremy Rifkin (2000) infatti, oggi si assiste al passaggio dalla metafora del lavoro a quella del gioco. Se il mondo dell’economia e dell’impresa migra dal capitalismo industriale a quello culturale, l’ethos del lavoro viene sempre più sostituito dall’ethos del gioco. Giocare diventa il modo degli individui per creare cultura e il capitalismo contemporaneo contribuisce alla sua permeazione nei diversi ambiti della vita quotidiana, rendendolo mercificabile. [Jeremy Rifkin, Who Should Play God?, 1977]

Per molto tempo lo studio del gioco è stato semplicemente “la storia dei giocattoli”. Questi venivano considerati come semplici e insignificanti svaghi infantili. Non si pensava di attribuir loro un valore culturale, né tantomeno li si percepiva come un qualcosa degno dell’interesse scientifico. Dato che per secoli il gioco è stato visto solamente come un’attività ricreativa, senza scopi, le ricerche e gli studi degni di nota su questo vasto argomento interdisciplinare sono piuttosto recenti. Esso riposa e diverte. Evoca un’attività non soggetta a costrizioni, ma anche priva di conseguenze per la vita reale.

Quando il gioco non vale la candela

Tuttavia, in conclusione, dobbiamo ricordare che, come ogni altra realtà sociale, anche il gioco presenta il rovescio della medaglia soprattutto in tempi moderni. L’esistenza delle dipendenze da gioco sono una realtà che via via ha preso sempre più piede nel mondo occidentale. Numerosi sono i casi di persone che sperperano interi risparmi tra slot machine e video poker online, ma non solo. I casi di adolescenti vittime di dipendenza dai videogiochi sono una realtà esistente.

In particolare il fenomeno della dipendenza da gioco d’azzardo è stata riconosciuta come una vera e propria malattia. Per questo, ad oggi, si parla di Ludopatia, ovvero la dipendenza da esso. Se per la maggior parte degli individui il gioco d’azzardo rimane un’attività ludica priva di importanti conseguenze negative, per una certa percentuale di persone (circa il 5 – 15%), l’azzardo diventa un problema, con gravità crescente, tanto più il suo utilizzo si trasforma in un fenomeno compulsivo.

In circa il 2-3 % della popolazione, infine, il gioco diviene una vera e propria malattia, la cosiddetta Dipendenza da Gioco d’Azzardo o Gioco d’Azzardo Patologico (o Ludopatia) [Dr. Stefano Oliva,Medico Chirurgo, specialista in Psichiatria – Psicoterapeuta, www.idoctors.it]. Il Gioco d’Azzardo Patologico (o Disturbo da Gioco d’Azzardo) è pertanto una vera e propria Dipendenza Comportamentale, del tutto e in tutto, simile alle altre forme di Dipendenza Patologica, comprese alcol e sostanze stupefacenti, al di là delle differenti conseguenze sintomatiche.

Le cause ed i fattori scatenanti delle Ludopatie, siano esse legate al gioco d’azzardo o al gioco in generale, sono di natura quasi sempre multifattoriale e complessa. Proprio per questo rimane un settore ancora da esplorare ed in continua evoluzione, proprio in seguito al cambiamento degli strumenti con cui il gioco entra a far parte del nostro sviluppo educativo e di intrattenimento.

Mauro Costa per Questione Civile

Bibliografia/Sitografia

  • Raph Koster, A Theory of Fun for Game Design — Foreword by Will Wright, 2005
  • Jeremy Rifkin, Who Should Play God?, 1977
  • Dr. Stefano Oliva,Medico Chirurgo, specialista in Psichiatria – Psicoterapeuta, www.idoctors.it
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