The Truman Show: il confine tra realtà e finzione

The Truman Show: uno specchio della società

Il protagonista del film è Truman Burbank, un uomo comune che vive nella città di Seahaven. La sua è una vita tranquilla, quasi ordinaria se non si considera il fatto che da quando è nato la sua intera esistenza è ripresa 24 ore su 24 da un programma televisivo.

Truman non è a conoscenza di essere la star di un vero e proprio show, non sa di essere al centro di un enorme palcoscenico, né che tutte le persone intorno a lui sono attori con un ruolo ben definito.

I problemi emergono quando a Truman inizia a stare stretta questa sua quotidiana realtà. Egli si sente sempre più insoddisfatto, sempre più incompleto, non trovando risposta alle sue domande sulla sua infanzia e su cosa ci sia oltre Seahaven.

Le cose si complicano nel momento in cui strani fenomeni e problemi tecnici vengono notati da Truman, il quale comincia a nutrire sempre più dubbi sulla veridicità di ciò che lo circonda. In più l’incontro con una donna porta l’uomo a scavare nel suo passato e ad andare al di là dei propri limiti.

“Truman: Non c’era niente di vero?                                                              Christof: Tu eri vero!”

The Truman Show: un film di culto

The Truman Show è un film del 1998 diretto dal regista australiano Peter Weir, già autore di grandi opere come L’attimo fuggente (1989). Anche se è un’opera di oltre vent’anni fa è abbastanza evidente la natura attuale delle sue tematiche.

L’opera vede come attore protagonista il talentuoso Jim Carrey, il quale ci dimostra ancora una volta che, oltre ad essere un grande comico, egli è in grado di rendersi credibile anche nei ruoli drammatici.

Questo film è diventato con il tempo un vero e proprio cult, soprattutto perché sembra quasi anticipare il ruolo sempre più imponente dei reality show nella televisione di oggi.

In questo caso, però, si tratta di una satira sociale che estremizza quello che può essere un normale programma televisivo, dato che al protagonista in questione viene tolta qualsiasi libertà di scelta. 

L’opera di Weir riesce a raggiungere un grande successo sia di pubblico che di critica, ottenendo tre nomination agli Oscar e rimanendo nell’immaginario collettivo ancora oggi.

La cura dei dettagli

Un fatto curioso del film è il modo di denominare personaggi e luoghi. I nomi, infatti, non sono dati a caso ma sono ricchi di significati simbolici.

L’esempio principale è il nome del protagonista composto da due parole: true e man, che tradotto significa “uomo vero”. Ed è infatti quello che rappresenta Truman, l’unico individuo autentico presente nella fittizia cittadina di Seahaven. Questa città possiede un nome molto significativo, in quanto si traduce in “porto sicuro/paradiso marino”, intendendo un luogo protetto ma allo stesso tempo idilliaco, nel quale Truman alla fine si sente quasi intrappolato.

Anche i nomi della moglie e del migliore amico di Truman non sono scelti in maniera causale. I due si chiamano Meryl e Marlon, proprio come i due divi di Hollywood Meryl Streep e Marlon Brando. In questo caso si vuole sottolineare il fatto che i due personaggi in realtà sono attori che interpretano una parte. La moglie di Truman, infatti, non è realmente innamorata del marito, anzi spesso sembra quasi non sopportare la sua presenza.

Per quanto riguarda l’amico il discorso è leggermente diverso. Marlon finge per la maggior parte con Truman, dato che sa che è tutto uno show, ma dopo esserci cresciuto insieme sembra che infondo tenga alla loro amicizia.

Infine il personaggio che appare poco ma che è di vitale importanza è il creatore dello show: Christof, che fa riferimento a Cristo. Egli ha un ruolo di onnipotenza, guarda Truman dall’alto e controlla tutto ciò che lo circonda.

“Truman: Chi sei?
Sono Christof, il tuo creatore. Ti ho visto nascere, andare a scuola, sposarti, vivere felice. Dove credi di andare? Cosa credi di trovare di diverso là fuori? Le stesse finzioni, la stessa ipocrisia e falsità. Dopo tutto qui stai bene, hai tutto, cosa vuoi di più dalla vita? Perché uscire?”

La teoria “Gestalt” nel The Truman Show

È ben noto ed evidente agli occhi dello spettatore, che per Truman la realtà che lo circonda è esattamente ciò che il mondo rappresenta. Seguendo la sua visione della realtà, risulta evidente come per lui il mondo inizia e finisce all’interno Seahaven. Questo è dovuto proprio ad un fattore preponderante, ovvero l’intenzione da parte di Christof di convincerlo che ciò che vede sia il mondo reale.

Le prime ricerche sull’influenza della percezione della realtà e di come quest’ultima influenzi la nostra persona, le ritroviamo proprio della teoria della Gestalt. Il primo ad utilizzare il termine tecnico Gestalt fu Ernst Mach. In seguito, questa parola entrò nelle teorie psicologiche a fondamento filosofico di Edmund Husserl e Christian von Ehrenfels. Gestalt deriva dal verbo gestalten, che può prendere il significato di “mettere in forma” o “dare una struttura significante”.

La massima, poi celebre, di questa teoria è “Il tutto è diverso dalla somma delle sue parti”. Il pilastro dei fondatori della psicologia della Gestalt, così come delle teorie sociologiche successive, infatti, è che l’insieme fosse differente e altro rispetto alla norma delle singole parti. Quindi non maggiore quantitativamente o migliore qualitativamente; che fosse altro. Questa teoria si opponeva al modello ottocentesco dello strutturalismo ed ai suoi principi fondamentali come l’elementarismo.

Questo fattore ci porta a comprendere un altro aspetto altresì importante di Truman, ovvero la sua capacità di autodeterminarsi anche a fronte di una realtà costruita per lui.

L’autodeterminazione del sé nell’individuo

Nonostante la realtà che lo circonda sia l’unica che conosca, Truman decide nel corso del film di scoprire la verità attorno a quella realtà stessa. Questa sua capacità di autodeterminarsi, incrementata dal sogno di incontrare di nuovo l’unica donna che abbia mai amato, corrobora la teoria sociologica sulla capacità di autodeterminazione del di Heinz Kohut.

Secondo le sue teorie, che portarono alla nascita della psicologia del sé, è la presenza dell’entità psichica del Sé, ossia di quella totalità psichica propria dell’individuo che si sviluppa e si consolida in funzione dell’Io ed emerge tramite il riconoscimento empatico dell’altro, diverso dal Sé. Il nucleo del Sé di un individuo si forma dal primo al terzo anno di età [Heinz Kohut, La ricerca del Sé, 1978]. Nel film vediamo proprio come Truman, con l’interazione esterna della persona che lo farà innamorare, prende coscienza di sé e gradualmente dell’inganno orchestrato su di lui e la sua vita. Il tutto in chiave romanzata ai fini della trama, ma tuttavia non meno evidente.

The Truman show: la forza dei media sulla società

Un particolare da non trascurare all’interno del film è sicuramente il ruolo del pubblico. Esso viene mostrato spesso durante l’opera, mettendoci davanti numerosi fattori importanti, come ad esempio l’attaccamento del pubblico non tanto allo show quanto a Truman stesso. Il fattore che determina il successo del protagonista con il pubblico, a livello sociologico, è come i media mostrino il suo essere una persona vera all’interno di uno show finto. Il pubblico si affeziona quindi ad un individuo oggettivamente normale, ma che proprio per questo risulta paradossalmente straordinario.

Tuttavia, la forza d’impatto che ha il media televisivo sul pubblico esprime la sua grande debolezza proprio sul finale. Nel momento in cui termina lo show, il pubblico perde già il totale interesse nella figura di Truman, preferendo piuttosto altri programmi. Il messaggio sociopsicologico che viene trasmesso è quindi il fattore aleatorio dei legami affettivi che possono nascere per personaggi che, nonostante siano veri, risultano finti e distanti dalla quotidianità del pubblico stesso.

Tutto ciò è perfettamente riscontrabile e rapportabile alla “nostra” realtà, quando in numerosi studi si afferma l’importanza dell’interazione fisica tra individui. Questo perché numerosi legami emotivo-affettivi si rafforzano, o consolidano, proprio grazie a fattori visibili esclusivamente con interazioni fisiche. Basti pensare al nostro linguaggio non verbale come l’espressività, i movimenti del corpo, i cambi nel tono della voce. L’assenza di questi elementi può rendere fragile il legame che si ha con gli individui, o come pubblico con un personaggio falsamente vero.                                                                        

“Truman: Casomai non vi rivedessi buon pomeriggio, buonasera e buonanotte!”

Camilla Miolato e Mauro Costa per Questione Civile

Bibliografia

Heinz Kohut, La ricerca del Sé, 1978

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