La nascita delle paralimpiadi e la vita degli atleti che hanno scritto la storia dello sport paralimpico italiano
“Quando si parla di paralimpiadi si parla di sport e di abilità. Si parla di ciò che le persone possono fare, non di quello che le persone non possono fare, e come disse il grande Mohammed Alì: i campioni non si fanno nelle palestre, ma si fanno con qualcosa che hanno dentro nel loro profondo: un sogno, un desiderio e una visione.”
Martina Caironi
Sir Ludwig Guttmann e gli stoke mandeville games: la nascita del movimento delle paralimpiadi
Verso la fine della Seconda guerra mondiale, in un piccolo paesino non lontano da Londra si scrive una sensazionale storia che ha ispirato il mondo intero: la storia delle paralimpiadi.
Correva l’anno 1902 quando Bernard Guttman e sua moglie Dorothea Weissenburg si trasferirono Königshütte, in Polonia.
Königshütte (attualmente Chorzów) era un’importante città mineraria, sede tra l’altro del primo ospedale al mondo dedicato alla cura degli infortunati sul lavoro.
A 18 anni, Ludwig Guttman, unico figlio maschio di Bernard e Dorothea, decise di prestare servizio come volontario all’Accident hospital di Königshütte. Laureatosi in medicina a Friburgo, Ludwig divenne uno dei più celebri neurochirurghi di tutta la Germania.
L’avvento del nazismo precluse a Guttman, la cui famiglia aveva origine ebraiche, la possibilità di esercitare la professione medica.
Rifugiatosi quindi a Londra, Ludwig diresse il centro delle lesioni spinali nell’ospedale di Stoke Mandeville.
È proprio a Stoke Mandeville che Guttman ebbe l’intuizione di includere l’attività sportiva nel percorso riabilitativo dei pazienti: coloro che praticavano attività fisica più di frequente godevano di maggiore autostima ed erano meglio inseriti nella società.
Le prime attività che il neurochirurgo propose ai suoi pazienti furono giochi con palla medica, le freccette, il tiro con l’arco e il basket in carrozzina.
Fu così che nel 1948, in concomitanza allo svolgimento delle olimpiadi di Londra, Guttman inaugurò la prima edizione dei giochi di Stoke Mandeville. Si tratta della prima competizione sportiva che vede sfidarsi atleti diversamente abili.
La speranza di Ludwig Guttman era quella di rendere un giorno gli Stoke Mandeville Games internazionali e popolari tanto quanto le olimpiadi. Solo qualche anno più tardi, il medico vedrà realizzato il suo sogno.
Antonio Maglio: il padre degli sport per disabili in Italia
“Noi italiani abbiamo un motivo di orgoglio: quello di aver dato inizio ai giochi paraolimpici. Nel 1960 fu infatti grazie all’intuizione e al lavoro di Antonio Maglio che si riuscì ad abbinare questa manifestazione ai giochi olimpici di Roma. Questa è una medaglia che ci teniamo stretti, e che dobbiamo onorare.”
Sergio Mattarella
Il medico italiano Antonio Maglio fu il pioniere della riabilitazione del medullo-leso in Italia. Funzionario del centro paraplegici dell’INAIL, sostenne con convinzione l’idea che, grazie a un percorso terapeutico appropriato, dal punto di vista prognostico il paziente tetraplegico potesse non solo convivere con la propria disabilità ma reinserirsi nel suo ambito sociale, divenendo membro attivo della comunità.
Nella mente del dottor Maglio, lo sport era parte integrante e insostituibile della terapia. Le attività proposte ai pazienti spaziavano dal tennis da tavolo, al tiro con l’arco, al nuoto, lancio del giavellotto, scherma e pallacanestro.
Alla luce dei risultati ottenuti sui pazienti, Antonio Maglio fece con Ludwig Guttmann una pazza scommessa: partecipare alle olimpiadi del 1960 a Roma con la delegazione di sportivi diversamente abili.
Maglio vinse questa sfida: alle olimpiadi di Roma 400 atleti in carrozzina in rappresentanza di 23 paesi sfilarono davanti a 5000 spettatori. L’Italia sfoggiò la delegazione più numerosa, aggiudicandosi 28 medaglie d’oro, 30 d’argento e 24 di bronzo.
Le leggende dello sport nelle paralimpiadi italiane
Si dice che un campione non sia costruito solamente su impegno e dedizione, poiché per essere considerato tale deve possedere una speciale attitudine. Un campione deve essere resiliente, propositivo, preparato a soffrire e a rialzarsi delle cadute. Egli deve essere in grado di leggere positivamente anche le situazioni negative e deve saper dare il meglio di sé anche quando il fato gli è sfavorevole.
Quelle che saranno raccontate di seguito sono storie di uomini e donne che hanno dimostrato al mondo di avere la tempra del campione. Sono storie di atleti che, con la loro tenacia, hanno scritto delle pagine indelebili di storia, dettando nuovi standard dello sport paralimpico mondiale.
Roberto Marson: la stella delle paralimpiadi italiane
Classe 1944, il friulano Roberto Marson aveva solo 16 anni quando rimase paraplegico a causa di un incidente sul lavoro, a seguito del quale venne ricoverato presso il centro paraplegici di Ostia diretto dal dottor Antonio Maglio.
Fu proprio sotto l’ala del dottor Maglio che Roberto Marson si fece portabandiera dello sport paralimpico italiano: nel 1964 iniziò la inarrestabile ascesa del friulano, il quale nel corso di 4 paralimpiadi (Tokyo 1964, Tel Aviv 1968, Heidelberg 1972 e Toronto 1976) si aggiudicò ben 26 medaglie (tra cui 16 ori) gareggiando in diverse discipline, quali: fioretto, sciabola e spada, getto del peso, lancio del disco e del giavellotto, nuoto stile libero e rana.
Gli strabilianti risultati atletici di Marson gli valsero l’onore di un posto nella Paralimpian Hall of Fame. Oggi, inoltre, il suo nome è incastonato nella “walk of fame” che da viale delle olimpiadi accompagna gli atleti fino allo stadio olimpico di Roma, dove si tennero i primi giochi paralimpici del 1960.
La carriera di Roberto Marson non si esaurì però con la fine del suo agonismo: nel 1980 fu eletto primo presidente della Federazione Italiana Sport Handicapatti (FISHa). Grazie ai suoi sforzi, nel 1987 la FISHa venne riconosciuta ufficialmente dal CONI.
Roberto Marson lascia così un segno indelebile nello sport mondiale: egli fu il più vincente atleta paralimpico italiano e fu tra i più influenti dirigenti sportivi dello scorso secolo.
Alex Zanardi: l’inarrestabile tenacia di un uomo alle paralimpiadi
“non sono superman, ma solo un ottimista”
Alex Zanardi
Alessandro Zanardi nasce a Bologna nel 1966 e cresce con una passione ereditata dal padre: quella dei motori. Il Go Kart ricevuto in regalo a 14 anni lo introdurrà al mondo delle corse.
I successi con il Kart attirano l’attenzione del talent scout Eddie Jordan, che nel 1991 lo introduce al mondo della Formula 1.
Non senza difficoltà, il temerario bolognese si batte con le unghie e con i denti per perseguire il suo sogno. In effetti, la Formula 1 è proprio uno sport per temerari: la pericolosità delle auto e il design critico di molti circuiti possono facilmente trasformare competizioni mozzafiato in trappole mortali.
Alex Zanardi ha sperimentato tutto questo sulla sua pelle: è il 15 settembre 2001 quando, sul circuito del Lausitzring, Alex viene coinvolto in un terribile schianto che gli trancia le gambe lasciandolo in pericolo di vita.
L’irriducibile resilienza di Alex, che aveva davvero la tempra del campione, gli diede la forza non solo di reagire al tragico evento, ma anche il coraggio di reinventarsi e di mettersi in gioco in una nuova avventura: le corse in Hand Bike.
Nel 2012 inizia così la leggenda dell’atleta olimpico più medagliato nella storia del paraciclismo: Tra il 2013 e il 2019 il bolognese si aggiudica ben 12 titoli mondiali.
Tuttavia, la vita non ha smesso di mettere alla prova la tempra di Alex, che il 19 giugno 2020 viene nuovamente coinvolto in un incidente durante una staffetta di beneficienza in hand bike, dal quale si sta ancora riprendendo con l’aiuto di specialisti. Pasquale Longobardi, direttore del centro presso cui Alex viene curato, assicura ai fan che l’atleta bolognese sta affrontando il percorso riabilitativo animato da una carica immensa, tipica del campione di hand bike.
Beatrice Vio: il sogno di una campionessa
“Io posso fare tutto quello che voglio”
Beatrice Vio
Beatrice Vio pratica la scherma da quando ha solo cinque anni. Inizia quasi per caso, ma subito se ne innamora. Giovane promessa del fioretto, coltiva un sogno: partecipare un giorno alle olimpiadi.
Il 20 novembre 2008 la vita di Beatrice subisce un brusco cambio di rotta: la ragazzina, allora undicenne, viene ricoverata d’urgenza per un’infezione da meningococco. Gli interventi tempestivi salvano Beatrice, ma la malattia lascia un segno indelebile sul corpo della ragazzina, che subisce l’amputazione di tutti e quattro gli arti.
Nel corso di un’intervista per Fanpage del 2019 Bebe dice di non credere nel destino e si dichiara contraria a qualsiasi interpretazione circa la sua vicenda. La ragazza è fermamente convinta che, attraverso il duro lavoro, le persone siano in grado di autodeterminarsi.
Con questo spirito, e con l’appoggio della propria famiglia, Beatrice riprende ad allenarsi con un nuovo obbiettivo: le paralimpiadi.
Dal 2014 inizia per l’atleta veneta un’escalation di successi che la vedrà partecipare da protagonista indiscussa a campionati nazionali, internazionali e mondiali.
Bebe si aggiudica il suo primo titolo paralimpico a Rio de Janeiro nel 2016 con un oro nel fioretto individuale e replica la performance alle paralimpiadi di tokyo nel 2021.
Nel corso degli ultimi 10 anni la presenza di Bebe Vio sui social si è fatta sempre più forte. La ragazza è convinta che i mass media rappresentino un potente strumento per trasmettere messaggi positivi: Nel corso di numerose interviste Bebe ha sostenuto apertamente iniziative a favore dell’inclusione degli atleti disabili nel mondo dello sport. Tiene particolarmente ad “art4sport”, l’associazione nata nel 2009 dagli sforzi di Teresa e Ruggero, i genitori di Bebe, il cui scopo è rendere lo sport accessibile ai minori con disabilità, promuovendone il benessere psico-fisico e una migliore integrazione nella società.
Marco Manzoni per Questione Civile
Bibliografia e Sitografia
- “La straordinaria storia delle paralimpiadi”, Ability Channel, 2017;
- Niki Figus, “Roberto Marson: l’azzurro più vincente ai giochi paralimpici”, Azzurridigloria, 28 giugno 2020;
- Alessio Giardini, “Alex Zanardi, biografia e storia di un grande uomo”, Disabilinews, 28 Ottobre 2019;
- “Zanardi, finito il primo ciclo di cure al centro iperbarico di Ravenna: una carica immensa”, Gazzetta Motori, 3 febbraio 2022;
- “Alex Zanardi 50 X RIO. Il film-documentario”, enervitsport, 2018;
- “Bebe Vio, promessa della scherma paralimpica”, Ability Channel, 2014;
- “Bebe Vio, la vera storia di una combattente con la faccia rotta”, Fanpage.it, 2019;
- https://www.art4sport.org/