Eziologia, valutazione e trattamento della tendinopatia rotula, uno dei più frequenti disturbi muscolo-scheletrici degli sportivi
Il seguente articolo analizzerà una tra le più frequenti patologie che riguardano l’articolazione del ginocchio dello sportivo: la tendinopatia rotulea.
Essendo le disfunzioni del ginocchio dell’atleta numerose, sarà necessario inquadrare correttamente i segni e i sintomi, tenendo in considerazione anche l’età del paziente. Sarà così possibile indirizzare efficacemente la valutazione dell’atleta e scegliere il trattamento più appropriato per il return to sport.
Tendinopatia rotulea: il ginocchio del saltatore
La tendinopatia rotulea, definita anche “ginocchio del saltatore”, è un disordine che interessa la parte anteriore del ginocchio. Molto presente nella popolazione degli atleti di età compresa tra i 15 e i 30 anni, è definita come una patologia degenerativa da sovraccarico del tendine rotuleo. Essa si caratterizza per la comparsa di dolore ben localizzato sul tendine rotuleo, tra il polo inferiore della rotula e la tuberosità tibiale, facilmente riproducibile da tutti quei movimenti che generano carico sul tendine, come squat e salti.
Altri segni caratteristici che consentono di indirizzare la diagnosi verso una tendinopatia rotulea sono rigidità mattutina (morning stiffness), l’accentuazione del dolore a seguito del mantenimento prolungato della posizione seduta con il ginocchio piegato e diminuzione del dolore poco dopo l’inizio dell’attività (warm up phenomenon).
Non stupisce quindi che la prevalenza delle diagnosi “ginocchio del saltatore” riguardi gli sportivi che sfruttano frequentemente salti e cambi di direzione.
Giocatori di pallavolo e basket, atleti di salto in alto e salto in lungo e non da meno anche calciatori e giocatori di pallamano e hockey saranno sicuramente più a rischio di sviluppare nel tempo tendinopatia rotulea.
Cosa causa la tendinopatia rotulea
Esistono molte teorie che cercano di spiegare la fisiopatologia della tendinopatia rotulea. La più attuale è la teoria meccanica, che spiega come la somministrazione continuativa di stimoli può eccedere nel tempo la capacità di carico dei tessuti: ciò comporta un rallentamento della riparazione delle microlesioni del tendine e un’ alterazione della matrice cellulare, con conseguente degenerazione tendinea.
In parole povere, la tendinopatia rotulea sembra essere una diretta conseguenza dello squilibrio tra carico esterno (intensità e frequenza degli stimoli allenanti o di gara) e la capacità di carico e di riparazione dei tessuti.
È bene fare una distinzione: tendinite e tendinopatia non sono la stessa cosa. Occorre fare attenzione alla terminologia, poiché con il termine “tendinite” si sottende un processo infiammatorio, che secondo la teoria meccanica non è la reale causa del “ginocchio del saltatore”: istologicamente, non si riscontrano infatti segni di infiammazione acuta.
Nonostante non si esclude la possibilità di uno starter infiammatorio, la letteratura scientifica sembra essere concorde nell’inquadrare la tendinopatia rotulea come una patologia a carattere multifattoriale nella quale, probabilmente, il sovraccarico funzionale è la causa principale dei segni e dei sintomi clinici.
Eziologia: cause estrinseche e cause intrinseche
Diversi studi hanno esaminato i fattori di rischio correlati allo sviluppo della tendinopatia rotulea e hanno identificato i fattori intrinseci ed estrinseci associati alla comparsa dei sintomi.
I fattori intrinseci riguardano l’atleta stesso: fattori antropometrici come un eccesso di peso e leve ossee svantaggiose possono alterare la biomeccanica dei gesti sportivi, ponendo sotto carico eccessivo determinate strutture piuttosto che altre. Anche un alterato rapporto tra la forza e la flessibilità dei muscoli della coscia (quadricipite e muscoli ischio-femorali) può portare ad alterazioni della sinergia di contrazione tra i muscoli agonisti e antagonisti distribuendo di conseguenza le forze di contrazione in maniera anomala sui capi ossei e sulle superfici articolari.
I fattori estrinseci non riguardano invece in maniera diretta l’atleta e per questo motivo sono più facilmente controllabili: tra questi vi sono per esempio le calzature indossate dall’atleta, il tipo di terreno su cui si svolge lo sport e il sovraccarico somministrato durante le sedute di allenamento.
Saper riconoscere i fattori di rischio è importante tanto per approdare alla corretta diagnosi quanto per gestire al meglio il return to sport prevenendo ricadute.
Come valutare la tendinopatia rotulea?
La valutazione dei segni e dei sintomi è uno step importante della presa in carico del paziente che soffre di tendinopatia rotulea. Seguire un iter diagnostico che consente di discriminare in maniera efficace la patologia da altre problematiche che si manifestano con sintomi simili consente al clinico di prendere decisioni in maniera più oculata.
La valutazione del paziente con sospetta tendinopatia rotulea deve sempre iniziare con la raccolta di informazioni anamnestiche. Porre domande secondo un ordine logico e cronologico consente di inquadrare meglio il paziente e di capire quali possono essere le cause che lo hanno portato a cercare aiuto. Può essere utile, per esempio, capire se il dolore è insorto a seguito di un trauma (evento scatenante) oppure se si è manifestato gradualmente nel tempo senza una causa apparente. È anche interessante capire la strategia di coping messa in atto dal paziente (ha diminuito i carichi di lavoro? È stato a riposo? Ha continuato con le sue attività?).
Alla raccolta anamnestica segue l’ispezione statica e dinamica: esistono una serie di test validati a livello internazionale utili ai fini della valutazione dell’impairment funzionale del paziente con sospetta tendinopatia rotulea. Ecco che il clinico può richiedere l’esecuzione uno squat bilaterale o monopodalico, un eccentric step test, oppure valutare selettivamente la forza muscolare e la mobilità articolare.
I test funzionali consentono di valutare la cinematica del gesto confrontando l’arto malato con quello sano e permettono di quantificare con valori numerici la performance dell’atleta.
La valutazione può essere ripetuta a distanza di tempo per confermare l’appropriatezza del trattamento e consente di fare previsioni circa il return to sport.
Se il clinico dovesse ritenerlo necessario potrebbe richiedere all’atleta di sottoporsi ad esami strumentali, come ecografie o risonanze magnetiche, al fine di rilevare anomalie a carico del tendine rotuleo.
Trattamento e return to sport
La tendinopatia rotulea è una sindrome da sovraccarico, ciò significa che spesso insorge a seguito di un aumento del carico di lavoro di strutture che non sono pronte ad affrontare una richiesta funzionale così elevata.
Il primo compito del clinico è quello di educare il paziente, informandolo sulla natura del disturbo, soffermandosi sugli aspetti che riguardano il carico e la capacità di carico dei tessuti, la gestione del dolore e le migliori strategie di coping.
Può essere saggio in un primo momento ridurre i carichi di lavoro, per non stressare strutture anatomiche già sofferenti: buona norma sarebbe ridurre la frequenza e l’intensità degli allenamenti, facendo particolare attenzione ai movimenti che generano maggiore tensione sul tendine (salti, atterraggi, cambi di direzione). Si sconsiglia il riposo poiché non farebbe altro che diminuire ulteriormente la capacità di carico dei tessuti, aumentando di conseguenza il rischio di recidive.
Il trattamento dovrebbe seguire due principi cardine: l’esposizione graduale e il sovraccarico progressivo. Aumentare progressivamente la capacità di carico del tendine sembra essere la migliore strategia per gestire le tendinopatie.
A seconda dello sport praticato, si consiglia di iniziare con esercizi semplici e talvolta statici. Il rinforzo isometrico, lo stretching, la terapia manuale e le terapie strumentali (onde d’urto e laser) consentono di ricondizionare il tendine riducendo la sintomatologia dolorosa.
Il protocollo riabilitativo può poi svilupparsi proponendo esercizi più intensi che prevedono lavori eccentrici e concentrici, pliometria e Heavy Slow Resistance, il tutto abbinato ad attività sport specifica come esercizi di skipping, jumping e cambi di direzione.
Il monitoraggio costante consente di decidere quando è opportuno il rientro allo sport.
Marzo Manzoni per Questione Civile
Bibliografia e sitografia
S. Brent Brotzman, Robert C. Manske, P. Pillastrini: “La riabilitazione in ortopedia”, Edra Masson editore, 2014;
A. Ferrario, G.B. Monti, G.P. Jelmoni: “Traumatologia dello sport. Clinica e terapia”, Edi.Ermes editore, 2005.