I soliti ignoti: un film di culto
I Soliti ignoti è una pellicola di genere comico diretta dal regista Mario Monicelli nel 1958.
Tutt’oggi è considerato uno dei più grandi film del cinema italiano, in quanto vincitore di ben due Nastri d’argento oltre che candidato agli Oscar come miglior film straniero. Non a caso la pellicola fa parte della nota lista dei “100 film italiani da salvare”.
A seguito del successo della commedia sono stati prodotti due seguiti: Audace colpo dei soliti ignoti (1959) diretto da Nanny Loy e I soliti ignoti vent’anni dopo (1985) diretto da Amanzio Todini. L’importanza de I soliti ignoti è data dal fatto che sia visto dagli esperti come il film che diede inizio al genere cinematografico della Commedia all’italiana, un insieme di pellicole dal gusto tragicomico e attente ad approfondire la psicologia dei protagonisti.
I soliti ignoti: film “del colpo grosso”
Oltre a dare il via al genere della Commedia all’italiana, la pellicola è anche riconosciuta come un film manifesto del sottogenere caper movie/heist movie (film “del colpo grosso”), il quale generalmente tratta di un gruppo di individui impegnati nell’organizzare un grande furto.
I soliti ignoti, infatti, racconta di un’improbabile banda di ladri che decide di scassinare la cassaforte di un banco dei pegni romano. Il piano è quello di sfondare un muro di una casa privata, la quale di trova proprio accanto all’interessato banco dei pegni. I cinque furfanti, provenienti da contesti umili e degradati, vogliono sferrare il colpo del secolo evitando in tutti i modi di lavorare e guadagnare onestamente. L’inadeguatezza dei componenti del gruppo fa sì che il piano non vada proprio come previsto.
La banda è composta da un pugile sull’orlo del fallimento detto “Peppe er Pantera” (Vittorio Gassman), da Tiberio (Marcello Mastroianni) fotografo e papà solo mentre la moglie è in prigione, da Mario (Renato Salvatori) un belloccio nullafacente che si innamora della sorella di uno dei componenti della banda, il siciliano Ferribotte ( Tiberio Murgia), e infine da Capannelle ( Carlo Pisacane) un vecchietto sempre affamato. A comparire, anche se per poco, c’è il noto attore Totò il quale interpreta un insegnante di scassinamento che illustra alla banda come portare a termine il colpo.
Un cast stellare
Il regista, fautore della Commedia all’italiana, scelse per il suo film attori celebri come Totò ma anche interpreti semi-sconosciuti, come l’allora neanche ventenne Claudia Cardinale al suo secondo ruolo cinematografico, la quale veste i panni della segregata sorella di Ferribotte.
È poi presente una giovanissima Carla Gravina, alla sua terza apparizione cinematografica dopo l’esordio con un film di Alberto Lattuada. Ella interpreta l’interesse amoroso del personaggio di Vittorio Gassman, la quale è del tutto ignara delle intenzioni di lui e della banda. Anche se alle prime armi la giovane attrice riesce a dare vita ad un personaggio incisivo e di carattere.
C’è poi il noto interprete Vittorio Gassman, per la prima volta nelle vesti di un ruolo comico, in quanto l’attore fino a quel momento era conosciuto prevalentemente per ruoli teatrali e cinematografici di genere drammatico. C’è da dire che i produttori all’inizio non sono convinti della scelta di Gassman, a causa della sua aria intellettuale e seriosa. Tuttavia, gli sceneggiatori e il regista mantengono la loro convinzione sul talento dell’attore, resistendo alle basse aspettative da parte dei produttori. Infatti l’attore romano riesce a dare una grande interpretazione nel film, dimostrando quanto sia molto credibile anche in questi tipi di ruolo.
C’è poi da nominare il caratterista interprete di Capanelle, Carlo Pisacane, uno dei più grandi attori della cinematografia napoletana. Egli per la maggior parte della sua carriera ha partecipato a film muti, ma con questo film riesce a raggiungere maggiore notorietà per aver portato sullo schermo uno dei personaggi più spassosi e memorabili della pellicola.
In generale c’è da dire che il grande successo della pellicola permette a tutti gli attori protagonisti di diventare molto celebri nel panorama cinematografico, tanto che alcuni di loro sono visti oggi come delle vere e proprio icone del cinema italiano.
I soliti ignoti: una commedia inedita
Con la pellicola di Monicelli sorge in Italia una nuova tipologia di commedia, la quale abbandona i canoni tradizionali avvicinandosi maggiormente alla corrente neorealista, in quanto sullo schermo compaiono persone comuni attraverso cui il pubblico può facilmente identificarsi.
La pellicola riesce ad incassare più di un miliardo di lire, un successo per niente scontato dato che, come si è detto, si tratta di un tipo di commedia ben lontana da quella tradizionale di cui il pubblico è abituato.
La commedia di Monicelli, infatti, è diversa dai film comici prodotti fino a quel momento. I soliti ignoti ha una storia dal gusto più amaro e tragico rispetto ai film comici brillanti e con il lieto fine tipico delle commedie classiche. La pellicola ha una natura tragicomica, le cui situazioni ironiche e divertenti mettono in risalto le problematiche sociali del tempo. Quindi è un film che da una parte diverte per le situazioni spassose in cui si trovano i personaggi, ma dall’altra fa anche riflettere per le condizioni degradanti e di povertà in cui vivono i protagonisti.
Il registro drammatico della pellicola si individua non solo nelle condizioni disagiate dei personaggi, ma anche nel contesto romano molto lontano dal cosiddetto boom economico che in quegli anni dilaga in Italia. Nel film emerge, infatti, il ritratto di una Roma degradata, i cui abitanti sono costretti a darsi alla criminalità per sopravvivere alla miseria.
Insomma ciò che distingue principalmente la Commedia all’italiana da tutte le altre commedie è il fatto che tratta in maniera spassosa e leggera di argomenti che in realtà sono molto drammatici e seri.
“Rubare è roba per gente seria, mica per gente come voi! Voi, al massimo… Potete andare a lavorare!”
(Citazione film)
Camilla Miolato per Questione Civile
Bibliografia:
- Gian Piero Brunetta, Guida alla storia del cinema italiano, 1905-2003, Einaudi editore s.p.a., Torino, 2003
- Adriano Aprà (a cura di), Ladri di cinema, Milano, Ubulibri, 1983.
- Fabrizio Borghini, Monicelli, cinquanta anni di cinema, Pisa, Master, 1985.
Sitografia:
- www.bonculture.it