Antico Egitto tra ruoli e tradizioni: la figura della donna
Tendenzialmente i libri di storia misurano la grandezza di una civiltà in base alla capacità di chi la governa, o al suo grado di benessere economico, o alla sua forza in battaglia. In realtà, sarebbe più corretto valutare la grandezza di una civiltà tenendo conto del suo popolo, vero protagonista e motore della storia nel buono e nel cattivo tempo. Ogni uomo e ogni donna ha giocato il suo ruolo, piccolo o grande che fosse, affinché lo Stato prosperasse grazie al loro contributo. Infatti nell’antico Egitto, contrariamente alle altre culture antiche, non era importante se il protagonista della storia fosse uomo o donna, poiché la donna godeva della stessa dignità e dello stesso rispetto riservato all’uomo.
In una società caratterizzata da un alto tasso di mortalità infantile la nascita di una figlia femmina era festeggiata al pari della nascita di un figlio maschio ed era considerata una benedizione da parte degli dei: molteplici erano, infatti, le cerimonie dedicate alle divinità protettrici della gravida e del neonato.
La donna dell’antico Egitto tra emancipazione e modernità
Le donne egiziane rivestivano un ruolo fondamentale nel mantenimento dell’equilibrio sociale, religioso, civile e politico. Gli studiosi concordano nel ritenerle anticipatrici di quell’emancipazione di cui ancora oggi tanto si discute e portatrici di valori moderni inusuali per l’epoca.
Proprio come gli uomini le donne ricevevano un’istruzione che consentiva loro di poter accedere a ruoli e cariche importanti, sia in ambito politico che in ambito religioso. Ciò non era riservato solo a coloro che appartenevano alle famiglie più ricche e nobili, ma anche alle donne di umile estrazione sociale. Infatti, nulla vietava loro di entrare a far parte della cerchia più ristretta del faraone e della famiglia reale purché fossero intellettualmente dotate.
Le donne avevano libero accesso ai templi e ai tribunali, oltre a poter possedere titoli sia civili che religiosi, gestire proprietà, amministrare i propri beni e trasmetterli poi agli eredi.
Tuttavia, sebbene la società egizia riconoscesse la complementarità nei compiti che entrambi i sessi erano chiamati a svolgere non è possibile parlare propriamente di pari opportunità e uguaglianza, poiché anche avvicinandosi alla famiglia reale venivano assegnati loro ruoli come quelli di servitrici della regina o di nutrici, quindi sempre rivolti alla cura e alla gestione della famiglia.
La donna al lavoro
La maggior parte della popolazione femminile apparteneva alla classe contadina e affiancava i mariti nelle mansioni agricole, seppur svolgendo compiti più leggeri e adatti alla loro fisicità.
Le donne della classe media erano dedite alla cura e alla gestione dell’ambiente domestico, dunque si limitavano a controllare i servitori e si occupavano dell’educazione dei propri figli.
Le donne più benestanti, invece, potendo vivere una vita più agiata, assumevano balie per i propri bambini affinché potessero dedicare il proprio tempo ad attività e professioni differenti, come praticare la danza o il canto.
Diverso è il discorso per quanto concerne le professioni in ambito religioso: le sacerdotesse egizie provenivano solitamente da famiglie ricche, poiché la loro educazione non si limitava a quella offerta a tutto il resto della popolazione, ma spaziava anche nel campo artistico-musicale; le donne provenienti dalle classi più povere, invece, potevano essere impiegate al massimo come prefiche o accompagnatrici musicali.
Vestiti, make-up e acconciature
Anche nell’antico Egitto le donne tenevano molto alla loro estetica e non trascuravano alcun dettaglio, sia che dovessero restare in casa, sia che dovessero uscire e mostrarsi in pubblico.
Per quanto riguarda l’abbigliamento, tendenzialmente in lino e di colore bianco, le donne nobili erano solite indossare lunghe tuniche aderenti riccamente decorate con fasce preziose e gioielli provenienti dal vicino Oriente o dalla Nubia. Nel corso del Nuovo Regno aggiunsero mantelli e scialli annodati all’altezza della vita o allacciati tramite cinture decorative. Le donne appartenenti al ceto medio o al ceto povero, invece, erano facilmente riconoscibili poiché indossavano una gonna lunga fino al ginocchio e una serie di pezzi di stoffa intrecciati sul petto.
I capelli erano considerati un elemento estetico importante e distintivo, poiché le donne ricche ricorrevano spesso alle parrucche – considerate un bene di lusso in quanto realizzate con capelli veri –, mentre le donne povere si limitavano ad intrecciare i propri capelli naturali in modi particolari e sempre diversi.
Il trucco, forse, è l’elemento più caratteristico del popolo egizio: ogni affresco ritrovato mostra una traccia nera intorno agli occhi delle donne con un effetto simile a quello dell’odierno eyeliner. Questo cosmetico era preparato miscelando insieme grasso, polvere di malachite e bistro ed era applicato non solo per motivi estetici, ma anche perché era in grado di proteggere gli occhi dalle infezioni.
La donna in Egitto oggi
Con il passare del tempo, purtroppo, le donne hanno iniziato ad essere considerate inferiori agli uomini e hanno perso quell’indipendenza e quell’emancipazione che aveva permesso loro di contraddistinguersi all’interno della società. Oggi la loro condizione di vita non è minimamente paragonabile a quella delle donne dell’antico Egitto, poiché pratiche come il velo e la segregazione di genere presso scuole e luoghi di lavoro sono diventate pratiche comuni.
Nel 2014 la nuova Costituzione egiziana ha voluto concedere pari diritti e tutele per le donne in seguito alla loro partecipazione alla primavera araba, ma ancora non hanno riacquistato quell’indipendenza e quella centralità che un tempo gli appartenevano: solo il 51% delle giovani donne accede all’istruzione secondaria e solo l’8% a quella universitaria.
In ambito lavorativo lo stipendio della donna è inferiore del 40% rispetto a quello di un uomo. Se non sono sposate probabilmente non accederanno mai a posti di lavoro a tempo indeterminato, mentre se sono sposate deve essere l’uomo a dare il proprio consenso affinché la moglie lavori.
Ad aggravare il quadro appena delineato subentra la mutilazione genitale femminile, pratica che purtroppo interessa circa il 90% delle donne egiziane. Sebbene numerose associazioni e ONG lottano per far comprendere che la mutilazione genitale viola l’integrità corporea di una donna e può danneggiare la sua salute sessuale, ancora oggi circa il 70% degli uomini egiziani afferma che non sposerebbe mai una donna non mutilata, poiché sospettata di facili costumi.
Le femministe continuano a lottare ogni giorno perché l’emancipazione femminile possa divenire un fattore decisivo nella costruzione di una vita migliore. Come disse un tempo Oscar Wilde:
«Date alle donne occasioni adeguate ed esse saranno capaci di tutto.»
Maria Rita Gigliottino per Questione Civile
Bibliografia:
T. Wilkinson, L’antico Egitto. Storia di un impero millenario, Einaudi, 2010.