Quentin Tarantino, il maestro della contemporaneità e del cult popolare
Dopo aver analizzato da vicino la figura di Pedro Pascal e i ruoli che lo hanno reso, e continuano ancora ora, uno degli attori più influenti dei prodotti del piccolo schermo (per maggiori approfondimenti clicca qui), riprendiamo il percorso che riguarda i più illustri registi di tutti i tempi. Al centro della nostra analisi Quentin Tarantino, padre di capolavori cinematografici che hanno attraversato diverse generazioni con un impatto più che positivo sulla cultura di massa.
Quentin Tarantino: la vita
Figlio di un musicista e attore di origine italiana e di una, allora, studentessa, dopo essere stato abbandonato dal padre Tony, Tarantino crescerà sotto la custodia della madre che lo chiamerà Quentin in onore a Quint, uno dei personaggi della serie “Gunsmoke”. Nonostante i buoni e proficui insegnamenti impartiti, Tarantino abbandona il liceo all’età di soli 16 anni per dedicarsi interamente al cinema partendo proprio dal frequentare le sale cinematografiche così da stare al passo con i costumi e le produzioni del tempo.
Ottiene un lavoro in un negozio di videocassette e, contemporaneamente, frequenta alcuni corsi di recitazione per cercare di fare della sua passione una vera e propria professione di vita.
“Quando le persone mi chiedono se ho frequentato scuola di cinema, io rispondo no, sono andato al cinema” (Tarantino).
Quentin Tarantino e gli esordi
Il suo primo lavoro coincide con l’esordio nei panni di attore in un cortometraggio di sua direzione dal titolo “My Best Friend’s Birthday” del 1987. Grazie alla paga ricevuta, nel 1992 finanzia la sua prima pellicola da regista: “Le iene”. Si mette fin da subito in luce mostrato le sue ottime qualità di sceneggiatore e regista.
Nel 1994 si ripresenta sul grande schermo con “Pulp Fiction”, considerato ancora oggi uno dei suoi massimi capolavori, confermandosi uno dei registi più abili nel descrivere la realtà più crudele ed estremizzandola mantenendo comunque la fedeltà di ciò che si vuole rappresentare e realizzare. Il film si basa su una serie di storie intrecciate riguardanti killer e rapinatori. Il successo ottenuto lo porta dunque alla vittoria dell’Oscar e del Golden Globe come migliore sceneggiatura. A questi, si aggiunge anche la Palma d’Oro come miglior film, complice soprattutto il cast stellare presente nella pellicola.
“Pulp Fiction” rappresenta inoltre l’esordio della 52enne americana Uma Thurman in una produzione di stampo tarantiniano: talmente convincente e professionalmente impeccabile che lo stesso Quentin ne fa dell’attrice la sua musa ispiratrice e protagonista indiscussa di altri due dei suoi innumerevoli film, “Kill Bill Vol.1” e “Kill Bill Vol.2”, datati rispettivamente 2003 e 2004.
Grazie al sodalizio con l’attrice americana Tarantino si inserì nell’immaginario collettivo di diverse generazioni, specie formate da giovani cinefili. La sua abilitò di scrittura gli permise inoltre di adattare dialoghi cinematografici rendendoli così avvincenti: ne è un esempio il riferimento a “Star Trek” messo in scena durante un dialogo del film “Allarme rosso”, thriller del 1995 diretto da Tony Scott e con la partecipazione di Denzel Washington. Tarantino ha lasciato anche la sua impronta nel piccolo schermo, sua infatti è la regia di uno degli episodi di “ER – Medici in prima linea”, serie che ha visto la prolifica presenza di George Clooney.
Jackie Brown e l’approdo agli anni 2000
Nel 1997 è la volta di “Jackie Brown”, film che racconta le vicende di una hostess di colore (interpretata da Pam Grier) che si scopre essere un contrabbandiere di denaro sporco per conto di Ordell Robbie, il cui volto è quello di Samuel L. Jackson, altro attore presente nelle produzioni di Tarantino.
Molti degli elementi dei suoi derivano proprio dalla sua sensibilità e tutto ciò che gli sta intorno: tuttavia quest’approccio è stato spesso accolto in maniera negativa con l’accusa di strumentalizzare la violenza nella pellicola. D’altro canto però è innegabile che il suo stile, seppur a tratti crudo e toccante, riesce a reinterpretare i più disparati generi e renderli passionali e popolari e, al contempo, indipendenti.
Nel 2009 Tarantino presenta a Cannes uno dei film che rappresenta il gioco più estremo di commistione di generi e che vanta uno dei più elevati incassi al botteghino della sua produzione, complice anche il cast a dir poco stellare, “Bastardi senza gloria”. La storia ruota attorno un gruppo di otto soldati americani di origine ebraica guidato dal tenente Aldo Raine, interpretato da Brad Pitt. Giunti a Parigi, gli intrepidi uomini si alleano con una spia sotto copertura degli Alleati, Bridget Von Hammersmark, il cui volto è quello di Diane Kruger. L’intento è quello di infiltrarsi ad una premiere cinematografica basata sulle peripezie dell’eroe di guerra Zoller (Daniel Bruhl).
Troveranno però Shosanna, una giovane ebrea sopravvissuta allo sterminio della sua famiglia, proprietaria del cinema che, per via della tragedia cui ha dovuto assistere, sta studiando un piano per avere la sua vendetta e abbattere tutte le alte cariche tedesche presenti in sala. Si creerà dunque un climax di tensione, avventura e rocambolesche vicende che descriveranno al meglio la società tedesca e parte delle atrocità del periodo nazista. Tra i tanti volti di Hollywood, è presente anche Christoph Waltz nei panni del colonnello tedesco Hans Landa, insito dell’Oscar come miglior attore non protagonista.
Dopo capolavori indiscussi del grande schermo tra cui “Le Iene”, “Pulp Fiction” e “Bastardi senza gloria”, nel 2012 Tarantino fa il suo ritorno con “Django Unchained”, omonimo riadattamento e omaggio della pellicola del 1966 di Sergio Corbucci che vide come protagonista Franco Nero. La storia, interamente in chiave western, ha come filo conduttore la schiavitù. Il cast, neanche a dirlo, tipico dell’entourage tarantiniano con Leonardo DiCaprio, Jamie Foxx, volto di Django e, ancora una volta, l’intramontabile Christoph Waltz nel ruolo del dottor Schultz.
Nel 2014 propone invece “The Hateful Eight”, film che ci trasporta nel periodo successivo alla guerra civile americana raccontando le gesta di cacciatori di taglie, in cui per la terza volta è chiamato a far parte del cast Samuel L. Jackson, mentre nel 2019 è la volta di “C’era una volta…a Hollywood”, che vede la collaborazione di Leonardo DiCaprio e Brad Pit nella Hollywood di fine anni ’60.
Un po’ come un calciatore a fine carriera, anche Tarantino ha deciso di appendere la telecamera al chiodo e dire stop. Secondo quanto riportato da The Hollywood Reporter, infatti, il regista classe ’63 ha deciso di chiudere la sua brillante e proficua carriera cinematografica con il decimo e ultimo film del suo estro, probabilmente intitolato “The Movie Critic”. Tarantino si immerge ora nella Los Angeles di fine anni ’70 in cui inserire un protagonista femminile attorno al quale costruire le vicende.
Francesco Paolo Tusa per Questione Civile
Sitografia
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