Il dramma del Titanic
Fu definito inaffondabile, eppure portò con sé le vite di oltre millecinquecento persone durante il suo viaggio inaugurale. Il naufragio del Titanic segnò un punto di svolta nella storia di inizio ‘900, un dramma che sembrava presagire tutto il dolore che quel secolo avrebbe portato al genere umano.
Il Titanic e le sue sorelle
Può la Storia, quella con la S maiuscola, avere dei presagi? Non le avvisaglie di un evento sconvolgente, l’azione che prepara la guerra o la rivoluzione. Un fatto esterno, qualcosa che, forte del senno del poi, possa esser visto quale segnale. Se ciò fosse possibile è sicuro che il naufragio del Titanic si potrebbe inquadrare come il presagio del Novecento, il momento in cui la Belle Époque finisce e si prepara il dramma del XX Secolo.
Lì in quei giorni di aprile del 1912, due anni prima dello scoppio della Grande Guerra, la gioia con cui si era aperto il nuovo secolo finì. Doveva essere la più maestosa nave di tutti i tempi, grande e inaffondabile. Solcava l’Atlantico portando ogni genere di passeggero, dai ricchi signori in prima classe ai migranti nell’ultima.
Doveva essere la celebrazione della potenza umana, della scienza e della tecnica.
Fu una strage di innocenti.
Così come le caravelle che portarono Colombo nel nuovo mondo anche il Titanic faceva parte di un gruppo di tre navi. Oltre al transatlantico famoso per la sua drammatica storia vi erano l’Olympic e il Britannic. In particolare questo, varato nel 1914, risentì della tragedia della nave sorella. Maggiori compartimenti stagni, più scialuppe, una migliorata organizzazione d’emergenza.
Tuttavia lo scoppio della I Guerra Mondiale obbligò il Britannic a un cambio di destinazione, da Transatlantico passeggeri a nave ospedaliera. Stanziato nel Mediterraneo per questa sua nuova occupazione, il Britannic affondò nel 1916, forse per l’incontro con una mina. La nave colò al picco in meno di un’ora e furono trenta le vite che portò con sé. Delle tre navi l’Olympic fu quella con la vita più lunga, anche se non priva di mutamenti strutturali, d’uso e di incidenti.
Fu posta in disarmo nel 1935, venduta e demolita pochi mesi dopo.
10 aprile 1912; il Titanic salpa
È bello e imponente il Titanic nel porto di Southampton la mattina del 10 aprile 1912.
Un gigante del mare della Withe Star Line, compagnia navale britannica che da più di mezzo secolo vede le sue prodezze solcare l’oceano. Il Titanic è una delle ultime magnificenze prodotte, enorme, imponente come quel nome che tutti sanno già destinato a fare la storia. Ignorano, purtroppo, come.
270 metri di lunghezza, oltre 53 di altezza, nove ponti pronti a ospitare più di 3500 persone tra passeggeri ed equipaggio. Enorme, ma soprattutto definito inaffondabile.
Così tanto che, nonostante potesse portare scialuppe per quattromila uomini, si decise che una ventina tra quelle e le lance pieghevoli sarebbero state sufficienti. I posti per il salvataggio si ridussero così a poco più di mille. Ma mille da soli erano quasi i componenti dell’equipaggio, oltre ai 1308 passeggeri. Eppure, cosa sarebbe mai dovuto accadere alla miglior nave del secolo?
Una settimana di navigazione fino a New York, questo era il suo scopo.
Sette giorni per passare dalla Vecchia Europa al nuovo continente, che fosse per un viaggio di piacere o per emigrare e cerca. Tre le classi in cui si dividevano i passeggeri. La rigida divisione sociale di un’epoca in cui ricchi e poveri vivono due mondi diversi si riproduce anche sulla nave; i passeggeri di terza classe hanno spazi dedicati e non possono accedere al lusso che permea gli ambienti di prima e seconda.
Lo sfarzo della Belle Époque è tutto sulla nave che ne segnerà il suo epilogo.
E in fondo anche la triste terza classe vanta lussi negli arredi che su altre navi ci si potrebbe solo sognare.
Anche l’atmosfera a bordo è gioiosa; ci si sente parte del progresso, l’orchestra suona, la traversata è piacevole.
Non c’è nulla che possa distruggere la serenità dei passeggeri.
Il naufragio tra premonizioni e storia
Ci sono leggende e miti intorno al Titanic, a partire dal libro del 1898 “Il naufragio del Titan”, di Morgan Robertson. Un transatlantico, il più grande della storia, che si inabissa nell’Atlantico dopo lo scontro con un iceberg. Una triste profezia? Una sciagurata coincidenza?
Forse, ma sono anche tanti i dati di fatto che, a poco a poco, contribuirono alla disgrazia.
Come l’incendio divampato prima della partenza nel sesto locale caldaie, a cui solo di recente, grazie al lavoro del giornalista Sean Molony, è stato dato valore. Potrebbe infatti essere stato causa di indebolimento delle paratie stagne, così da facilitare l’imbarcamento di acqua. O come l’assenza dei binocoli. Un cambio nell’equipaggio all’ultimo minuto, un uomo che sale e uno che scende. Le chiavi del locale che custodisce il binocolo restano nella tasca di David Blair, secondo sottoufficiale costretto a lasciare la nave.
Forse l’attimo destinato a cambiare la storia del Titanic.
Presagi, premonizioni, errori umani.
Tutto è lontano la notte del 14 aprile 1912, mentre il Titanic viaggia nell’Atlantico, circondato solo da acqua e ghiaccio. Il ghiaccio gelido dell’oceano del nord, il ghiaccio che naviga a piccoli pezzi, il ghiaccio che tutto insieme diventa iceberg.
23.40. La sera del Titanic è sempre gioiosa, l’orchestra suona. Si balla, si chiacchiera, si beve. Quando il gigante costruito dall’uomo si scontra con quello prodotto dalla natura i passeggeri se ne accorgono appena. In mezz’ora però ai marinai e al comandante è tutto chiaro; l’inaffondabile sta per colare a picco, la nave migliore del mondo non vedrà l’alba di metà aprile. È difficile dirlo, spiegarlo, farlo capire. Tanto che alcuni passeggeri rinunciano perfino ai giubbotti di salvataggio, e il ghiaccio che la nave imbarca viene usto per raffreddare gli alcolici.
Il panico viene evitato, forse troppo, e il Titanic si inabissa sempre più.
Il Carpathia e l’inabissamento del Titanic
Col passare dei minuti la gravità della situazione si fa sempre più chiara a tutti.
Cominciano le operazioni di sgombero della nave, si iniziano a calare le insufficienti scialuppe. Prima le donne e i bambini, prima le classi più agiate.
Speculazioni, pettegolezzi e rumors si sono lungamente susseguiti in merito a quei minuti di terrore e alle scelte fatte da questo o quell’altro passeggero. Si lanciano SOS che vengono sentiti dal Carpathia, transatlantico in viaggio nella direzione opposta.
L’Atlantico è lastricato di iceberg e ghiaccio, il percorso della seconda nave è lento, lungo. Si tratta di quattro ore di viaggio dal momento in cui è stato recepito il messaggio, quattro ore in cui il Titanic è già colato a picco. Eppure l’arrivo dell’altro transatlantico riesce a mettere in salvo più di settecento vite, principalmente quelle di chi era riuscito a calarsi con le lance. Un numero alto sì, ma insufficiente.
Due ore e quaranta minuti, dalle 23.40 del 14 aprile alle 02.20 del 15.
È questo il tempo in cui il Titanic affondò, nella notte oscura e gelida dell’Atlantico, mentre la famosa orchestra continuava a suonare fino a inabissarsi con la nave.
Due ore e quaranta per far finire 1.500 vite; quelle di chi vi lavorava, quelle di chi era in viaggio per piacere, quelle di chi cercava un futuro diverso lontano dall’Europa. Due ore e quaranta per la fine della nave più grande della storia, per l’affondamento dell’inaffondabile. Alle 02.18 lo scafo si ruppe nelle due metà che ancora giacciono sotto il mare, ritrovate dalla spedizione di Roberto Ballard nel 1985.
La natura che sfidò e vinse il transatlantico lo sta ora consumando là dove questo riposa, con i suoi ori e le sue storie che mai videro le coste americane.
Il tempo fermo per sempre a quella notte d’aprile.
Le conseguenze del Titanic nella storia della navigazione
Il naufragio del Titanic cambiò per sempre le regole di sicurezza nella navigazione; scialuppe in grado di contenere tutti i passeggeri, segnali radio e apparecchiature accese H24. Nacque l’International Ice Patrol per il controllo e la segnalazione degli iceberg nel nord Atlantico.
Tutti quei morti avranno forse il merito di aver salvato altre vite, nel tragico destino umano per cui serve il disastro prima di agire. La spensieratezza di inizio ‘900 si inabissò con il gigante del mare, con le sue storie finite sott’acqua, le vite spezzate. Due ore e quaranta segnarono il passaggio dalla gioiosa Belle Époque al doloroso secolo breve.
Francesca Romana Moretti per Questione Civile
Sitografia
www.corriere.it
www.tpi.it/costume
www.focus.it
www.titanicdiclaudiobossi.com
www.storicang.it