Liberazione: 25 aprile visto oggi
Oggi, 25 aprile 2023, gli italiani e le italiane festeggiano la liberazione dall’oppressione nazifascista avvenuta 78 anni fa. Questa ricorrenza, orgogliosamente italiana, che appartiene all’identità culturale e politica del Paese, oggi più che mai, rappresenta un grido di Resistenza in Europa, in particolare per il popolo ucraino.
L’invasione e la violazione dei confini ucraini da parte dell’esercito di Mosca, sembra far ripiombare l’Europa alla purtroppo nota “Campagna di Polonia”. Quel 1° settembre 1939, i tedeschi invasero la Polonia per estendere il dominio del Reich sul versante occidentale dell’Europa Centrale.
Una dimostrazione di forza verso i sovietici, che pure presero parte alla spartizione del già martoriato territorio polacco, trascinando gli alleati, Francia e Inghilterra, verso una guerra globale, la più atroce mai documentata.
L’auspicio è che il popolo ucraino possa respingere l’invasore, nel segno della resistenza per la libertà e per la pace tra i popoli, e che possano anch’essi festeggiare la liberazione dall’oppressore straniero, proprio come gli italiani e le italiane, giovani e anziani, partigiani o civili, di 78 anni fa.
Questa data vien ricordata dai più come una semplice ricorrenza storica, della quale però si sa poco.
L’errore comune è quello di tralasciare ed ignorare il profondo significato ed il grande valore morale e storico che si cela dietro questa data. Ecco, è necessario buttare giù qualche riflessione, affinché questo 25 aprile serva da monito per spingerci ad una più profonda autocritica su ciò che è stato e ciò che rappresenta.
Liberazione: gli oltraggi storici
Come ogni anno, questa data vede forse più di ogni altro giorno di ricorrenza storica una netta contrapposizione tra tifoserie da stadio.
Da una parte coloro che si definiscono sostenitori in via esclusiva dei ribelli di ideologia comunista. Dall’altra coloro che si definiscono nostalgici della dittatura fascista. Alcuni son addirittura convinti che il fascismo consista in una forma di “eversione” di matrice anarchica e no-global. Niente di più falso.
Entrambe le schiere sono pervase da fanatiche distorsioni ideologiche. A causa del loro pericoloso riduzionismo storico, sono soliti considerare il 25 aprile come una partita di calcio tra rossi e neri, o peggio, come un’occasione per attirare l’attenzione su di sé nel fantastico e surreale mondo dei social network, mettendoci dentro una non troppo celata dose di demagogia politica e proselitismo ideologico.
L’indifferenza di massa
Purtroppo, queste schiere di cittadini distratti, finiscono per screditare e ridicolizzare il significato storico di questa ricorrenza. Il tutto, in barba alle migliaia di vittime, italiane e italiani che hanno pagato con la vita la lotta per la libertà delle future generazioni.
Il principio supremo della libertà si declina in diverse sottocategorie, tra cui, una in particolare (presa “casualmente” in esempio), la libertà di espressione sancita all’art. 21 della Costituzione, che permette loro di aprir bocca anche quando il silenzio, in certi casi, sarebbe sinonimo di saggezza e rispetto.
Probabilmente si perde talmente tanto tempo nel discutere e nello schierarsi per una delle due fazioni che si finisce per dimenticare e sorvolare sul senso di questa data tanto dibattuta.
Spesso, per avere la meglio negli pseudo-dibattiti inerenti ai fatti storici, se così possono essere definiti, vengono espresse argomentazioni futili che non hanno alcun collegamento con il reale significato del 25 aprile. Purtroppo, si ha ancora poca conoscenza di ciò che è stato e dei cambiamenti epocali apportati al nostro Paese.
I fatti storici dietro il 25 aprile
Il 25 aprile 1945 il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI), al cui vertice c’erano Luigi Longo, Emilio Sereni, Sandro Pertini e Leo Valiani, ordinò l’insurrezione in tutti i territori occupati dalle truppe nazifasciste; indica a tutte le forze partigiane attive nel Nord Italia di attaccare i presidi fascisti e tedeschi imponendo la resa, ancor prima dello sbarco delle truppe alleate.
Il CLNAI emanò dei decreti legislativi, assumendo il potere «in nome del popolo italiano e quale delegato del Governo Italiano»; ordina oltretutto la condanna a morte per tutti gli ufficiali fascisti, incluso Benito Mussolini, che è stato raggiunto e fucilato poco dopo.
Tutta l’Italia settentrionale fu liberata definitivamente il 1° maggio 1946. La Liberazione dell’Italia pose fine ai venti anni di dittatura fascista e ai cinque anni di guerra. Il 25 aprile rappresenta l’apice del contrattacco militare della Resistenza e l’avvio concreto alla nascita della Repubblica Italiana e successivamente alla promulgazione della Costituzione.
La Brigata Maiella
Attenzione! La Resistenza italiana cominciò ben prima del 25 aprile del ’45: le brigate partigiane e i piccoli gruppi di resistenza nacquero sin dal 1943. Tra le più importanti e determinanti per la liberazione dell’Italia ricordiamo la Brigata Maiella, l’unica formazione partigiana ad essere decorata di medaglia d’oro al valore militare alla bandiera. Essa fu tra le pochissime formazioni di patrioti di ispirazione repubblicana aggregate alle forze alleate dopo la liberazione dei territori d’origine.
I brigatisti maiellini non avevano colori politici, come la maggior parte dei combattenti partigiani italiani, e preferivano appellarsi “patrioti”. L’unica cosa che li univa era la fame di libertà e di indipendenza da dittatori e oppressori stranieri, nel segno dei valori repubblicani e democratici, per un’Italia unita, forte, prosperosa e inarrestabile.
Insieme alla 28° Brigata Garibaldi “Mario Gordini” ed alla Divisione Modena-Armando, la Brigata Maiella fu la formazione combattente con il più lungo e ampio ciclo operativo; continua a lottare, infliggendo gravi perdite alle truppe nazi-fasciste e risalendo la penisola sino alla liberazione delle Marche, dell’Emilia-Romagna e del Veneto.
Senza il contributo degli abruzzesi, forti e vigorosi, la liberazione del Centro Italia, fin su il Veneto, sarebbe stata ad oggi una mera utopia.
“Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati.
Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra costituzione.”
(Piero Calamandrei)
Il 25 aprile tra glorie e contraddizioni: uno sguardo all’oggi
Certo non si può dire, ad oggi, che la democrazia costituzionalmente intesa sia stata pienamente e perfettamente raggiunta. Il settimanale londinese ‘The Economist’, stando alle analisi del Democracy Index per l’anno 2022, considera l’Italia la 34° democrazia del mondo, perdendo ben 3 posizioni rispetto all’anno precedente.
Gli analisti considerano la Repubblica Italiana una Democrazia imperfetta, con un punteggio pari a 7,69 (+0,1 rispetto al 2021), ma comunque a conferma del trend negativo degli ultimi 5 anni rispetto ai lustri precedenti.
Le democrazie imperfette, per gli esperti del ‘The Economist’, sono nazioni dove le elezioni sono libere e le libertà civili rispettate. Esse, però, possono avere dei problemi di varia natura, dalla scarsa libertà di stampa e informazione, a livelli medio-alti di corruzione negli apparati dello Stato, scarsa indipendenza del potere giudiziario rispetto alla politica. L’abbiamo visto chiaramente con il “Palamara-Gate” che ha colpito il Consiglio Superiore della Magistratura.
Inoltre, le democrazie imperfette hanno profonde carenze in altri aspetti democratici, come la diffusione della cultura politica, dello stato e delle istituzioni, bassi livelli di partecipazione attiva alla politica, instabilità di governo endemico.
Paesi come Taiwan, Uruguay e Cile, che hanno una storia costituzionale recentissima, anzi, neo-nata, ed una cultura giuridica di gran lunga più esigua rispetto a quella che l’Italia può vantare nel corso dei decenni, dei secoli e dei millenni di storia, hanno ottenuto risultati di gran lunga migliori classificandosi nella Top 25 (rispettivamente 10°, 11° e 19°).
È sempre pericoloso sostenere la tesi pertiniana secondo cui è meglio la peggiore delle democrazie alla migliore delle dittature, perché l’una è l’anticamera dell’altra, in un rapporto di causalità quasi empirica per la maggior parte dei politologi del secolo XX e XXI.
“Libertà” e “Giustizia” non sono parole vuote
Non possiamo di certo condannare gli uomini e le donne del passato, che hanno combattuto per la Giustizia e per la Libertà, per un’Italia libera, indipendente, democratica, se il progetto di piena democratizzazione è stato messo a repentaglio nel corso dei decenni.
La verità è che oggi, in questo 25 aprile 2023, nessuno è degno di menzionarle, questa Giustizia e questa Libertà, nei discorsi di retorica politica: questi sono principi, prima ancora che semplici parole, per i quali in migliaia hanno dato in sacrificio la propria vita.
Principi supremi, questi, che quasi stonerebbero in bocca ad un leader di partito odierno, in quanto la storia repubblicana recente se ne è disinteressata in molte occasioni. Questi principi, che dovrebbero ispirare l’indirizzo politico di ogni governo e delimitare la linea di azione di ogni legislatura, sono stati dimenticati.
Non resta che operare una profonda riflessione interiore.
Urge rispolverare quei valori che da tempo ormai le genti han perso e, per mezzo di questi, cercare di dare il proprio contributo al servizio del nostro Paese, della nostra democrazia e della Repubblica, che meriterebbe ben più di un misero 34° posto su 72 democrazie classificate nel mondo.
“La vera libertà individuale non può esistere senza sicurezza economica ed indipendenza. La gente affamata e senza lavoro è la pasta di cui sono fatte le dittature” – Franklin Delano Roosevelt
Alessio Fedele per Questione Civile