Dei tempi e dei modi della politica italiana
Si sa oramai che il Bel Paese si ferma quando arriva il caldo: la gente inizia a limitare le uscite fuori di casa lontano dal condizionatore, inizia a comprare tè freddi dibattendo su quale gusto sia il migliore tra la pesca e il limone. La popolazione italiana si divide tra chi è in spiaggia e chi conta i giorni che mancano per andare in vacanza. L’estate è quel momento in cui il popolo italico si ritrova in un sentire comune: smettere di lavorare e andare in vacanza.
La politica non si tira indietro
Non fa eccezione la classe politica: essendo espressione del voto popolare, la classe dirigente non può non rispecchiare le peculiarità degli elettori e non c’è nulla di più bipartisan che la volontà di procrastinare il lavoro politico a settembre. Certo, sarebbe ingiusto non riconoscere il lavoro svolto dal governo negli ultimi giorni come la partecipazione al summit europeo circa la questione ucraina, il tentativo di non perdere i fondi del PNRR, l’applicazione del manuale Cencelli a mamma Rai e all’INPS, ma il lavoro nelle aule parlamentari è fermo. Si discute di riforma costituzionale, di autonomia differenziata, di salario minimo, di riconoscimento dei figli da coppie omossessuali. Il punto è che si discute solamente, oltre ogni giusto mezzo dell’istituto parlamentare perché le discussioni si svolgono al di fuori dalle aule preposte a tale scopo: nelle piazze, nei bar, nelle interviste sui giornali.
Per quanto ciò sia indicativo di una democrazia funzionante, non si può non vedere come oltre al contenuto conti la forma: il dibattito è giusto, ma spostato dal suo luogo precipuo perde i connotati propri e si trasforma in qualcos’altro, in qualcosa di aleatorio e transeunte. Le chiacchiere le porta via il vento alla fine, anche perché si è parlato di una petizione su charge.org per raccogliere firme in difesa del salario minimo, ma oltre a questo punto non si è andati.
Brevi sussulti dimostratisi momentanei
La politica sembra bloccata in un eterno ritorno, un oggi che è uguale a ieri e che non lascia pensare ad un domani diverso. C’è sempre una polemica giornaliera che offusca quel poco di vera politica che a tratti sembra baluginare nella calura estiva. La polemica sui giornalisti inseriti nella rai, sull’abbandono della rai da parte di alcune personalità conosciute, dichiarazioni di ministri, sottosegretari, presidenti vari che sicuramente si sono dimenticati che se la parola è d’argento, il silenzio è d’oro. Quello che si chiede alla classe politica, soprattutto in questo momento dove i cittadini sono impegnati ad organizzare le vacanze, è di fermarsi un attimo e pensare a ritornare responsabili indipendentemente da chi ci sia negli scranni della maggioranza e da chi siede all’opposizione.
Il senso di responsabilità dovrebbe consistere nel capire che la campagna elettorale è terminata il 24 settembre 2022 e che il compito che la maggioranza deve avere è quello di governare, se riesce, mentre quello dell’opposizione è quello di collaborare sui provvedimenti che ritiene validi, di provare a migliorare quelli che ritiene perfettibili e di provare a ostacolare, nei mezzi consentiti, quelli che non approva. Sono delle ovvietà, ma meglio ripetere una volta di più il concetto. Bisogna uscire da un ambiente di guerra civile dove ci sono i buoni da una parte depositari del Verbo e dall’altra ci sono i nemici che hanno usurpato il trono. La democrazia rappresentativa si basa sull’alternanza al governo, in caso contrario il termine democrazia andrebbe sostituito da monarchia e l’aggettivo rappresentativa andrebbe cambiato con assoluta.
La politica deve lavorare per il bene comune
Si potrebbe obiettare che il bene comune non esiste nella società turbocapitalista del XXI secolo, ma non è così: il bene comune consiste nello stare bene, ma non si può cercare in tutti i modi di stare bene perché non ci si sentirebbe mai realizzati, ecco perché per stare bene, bisogna fare del bene e così si finirebbe anche per stare meglio. Un concetto semplice, chiaro e utile. La classe politica deve cercare di fare in modo che tutti possano stare meglio e questo si può fare solamente quando tutti si è d’accordo nel navigare nella stessa direzione.
Perché siamo tutti sulla stessa barca e sotto lo stesso cielo: la classe politica per ridarsi un po’ di credibilità dovrebbe iniziare un processo di umanizzazione che consiste nel riconoscer nell’altro non un nemico politico, ma un avversario politico: come accade nello sport dove una squadra deve vincere sull’altra, ma non può darsi la vittoria se una delle due squadre non rispetta le regole; alla fine dell’incontro ci si stringe la mano proprio perché si riconosce nell’altro un essere simile, con la stessa passione per quello sport, ma con la divisa di un altro colore.
Alessandro Villari per Questione Civile
Sitografia
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