Giornata della salute mentale 2023: lo psicologo è per tutti?
Il 10 ottobre è stata la giornata mondiale della salute mentale. Questa giornata è stata istituita alcuni anni fa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), dopo che il consiglio della stessa ha definito la salute come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non solo derivante dall’assenza di malattia.
La salute mentale: è davvero uguale per tutti?
Ogni anno, l’OMS seleziona un tema per celebrare la salute mentale, aumentarne la consapevolezza e combattere lo stigma associato alle malattie mentali. Quest’anno il tema selezionato è stato “Mental health is a universal human right”.
La salute mentale è un diritto universale, e come tale dovrebbe essere garantito a tutti. Non a caso, gli ultimi eventi storici a cui stiamo assistendo bene si incastrano con la scelta di questo tema. Le guerre in Ucraina e in Medioriente, che mettono a dura prova la salute mentale delle persone che si ritrovano a viverla da vicino, il cambiamento climatico che genera la cosiddetta eco-anxiety (clicca qui per approfondire), per non dimenticare gli effetti della pandemia che ancora ci portiamo dietro.
Sono tutte situazioni che colpiscono la popolazione mondiale direttamente e indirettamente: direttamente per chi, ovviamente, le vive da vicino con tutti i traumi connesse ad essi. Indirettamente, per chi si trova a viverli da lontano ma che sperimentano forti stati di ansia e sentimenti di impotenza per esse. Ad esempio, sempre di più i pazienti riferiscono una forte paura della guerra con annessi incubi, pensieri intrusivi ed ansiosi sul tema della guerra nonché evitamento dei tg e dei notiziari che ne parlano. Tutte queste situazioni hanno inoltre in comune il fatto che, purtroppo, la salute mentale non è un diritto accessibile a tutti: come le popolazioni che vivono in povertà o in stati di emergenza.
Il ruolo dello psicologo nel sistema socio-sanitario
Il nostro paese sta andando sempre di più verso una privatizzazione della sanità in generale, e ancora di più per il settore psicologico che già normalmente opera in setting privati. Di conseguenza, le cure psicologiche sono di difficile accesso a chi è in condizioni economiche più marginali.
Certo, il sistema sociosanitario permette l’erogazione della prestazione dello psicologo. Tuttavia, il numero di sedute prescritte è esiguo e non permette adeguatamente di trattare il problema e, come nel caso di altre specialità, le liste di attesa sono lunghe e gli psicoterapeuti del sistema sociosanitario sono ampiamente sovraccaricati perciò la gestione dei pazienti diventa difficile.
Anche il tentativo del Governo di accorrere in soccorso dei cittadini con il cosiddetto bonus psicologo non è stato sufficiente poiché la richiesta è alta e i fondi sono pochi.
Si sta discutendo in questo periodo anche della possibilità di inserire il cosiddetto “psicologo di base” o della necessità di inserire uno psicologo psicoterapeuta negli studi di medicina generale. Sebbene la richiesta sia chiara, alcune Regioni (tra cui la Lombardia) hanno rigettato questa proposta, mentre altre (come la Campania) stanno procedendo acceleratamente per garantire questo servizio agli individui in difficoltà.
Dati di prevalenza
Una recente indagine pubblicata dal CNOP (Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi), che ha analizzato i dati del rapporto sulla salute mentale del Ministero della Salute, ha messo in evidenza come la depressione sia la patologia trattata più di frequente nei servizi socio-sanitari, con una stima di circa 3 milioni di italiani che ne soffrono. I dati sull’erogazione degli psicofarmaci sono ancora più allarmanti: con 38 milioni di confezioni prescritte e 400 milioni di spesa per il sistema sociosanitario. Non solo, sembra che quasi il 40% delle persone che soffrono di disagi psicologici non chiedano alcun aiuto né ai servizi territoriali né ai privati.
Il report si conclude sollecitando la realizzazione di interventi psicologici, psicoterapeutici e sociali per contrastare il disagio mentale, sottolineando il bisogno di nuove risorse per rendere le cure psicologiche più accessibili alle persone in difficoltà, e rispondere all’elevata domanda che ci troviamo ad affrontare in questi anni.
Psicologo, psicoterapeuta o psichiatra?
A complicare l’accesso alle cure psicologiche, si aggiunge la complessità delle figure coinvolte per la salute mentale che spesso si sovrappongono tra loro.
La prima figura di riferimento è quella dello psicologo. Lo psicologo è uno specialista che ha conseguito la laurea di cinque anni in psicologia (cinque anni vecchio ordinamento, 3+2 nuovo ordinamento), e che ha superato l’esame di stato per l’abilitazione alla professione.
A seguito di tale abilitazione, il professionista si è iscritto all’ordine regionale di appartenenza. Lo psicologo può fornire attività di supporto e di sostegno, riabilitazione psicologica e neuropsicologica e attività psicodiagnostica. Dunque, può svolgere colloqui individuali, di coppia o di gruppo per qualsiasi fascia di età ed è autorizzato a somministrare test con scopi diagnostici o riabilitativi.
Lo psicoterapeuta è uno psicologo che ha completato un ulteriore corso di specializzazione quadriennale in psicoterapia. Oltre alle attività di competenza dello psicologo, può svolgere percorsi di psicoterapia.
Infine, lo psichiatra è un medico specializzato in psichiatria e abilitato all’esercizio della psicoterapia. I medici possono scegliere se completare il loro percorso di studio con il corso di specializzazione di psicoterapia. Possono svolgere psicoterapia come gli psicologi psicoterapeuti, ma a contrario di questi ultimi, possono anche prescrivere farmaci.
Psicologo, psicoterapeuta e psichiatra: come scegliere?
Innanzitutto, nel dubbio, è sempre utile consultare il medico di medicina generale per essere indirizzati al servizio più idoneo per il proprio disagio.
In generale, l’intervento dello psichiatra è raccomandato per stati molto acuti che mettono in pericolo la vita del paziente o di chi gli sta intorno, e che necessitano di un trattamento farmacologico o di un ricovero per tenere sotto controllo i sintomi, prima di intervenire con il lavoro di uno psicologo o di uno psicoterapeuta. Si tratta ad esempio di casi di psicosi, depressioni con tentativi di suicidio o disturbi alimentari molto gravi.
Quando il sintomo è meno acuto ed il disturbo è definito “egodistonico”, vi è spesso anche una volontà di cambiare e tornare a sentirsi in armonia con sé stessi poiché il disagio che ne scaturisce viene percepito come un qualcosa che non appartiene al paziente, causando malessere e sofferenza.
In questi casi, il disturbo è comunque spesso più profondo e può essere consigliato l’invio ad uno psicoterapeuta. A differenza dei disturbi “egodistonici”, i cosiddetti disturbi “egosintonici” vengono percepiti come parte del paziente e sono difficili da trattare. In questa categoria, rientrano spesso i disturbi di personalità che, facendo appunto parte della personalità dei pazienti, vengono da loro percepiti come normali.
Infine lo psicologo può fornire supporto quando non vi è un disagio grave e vi è una certa consapevolezza del disturbo, come nel caso di deflessioni del tono dell’umore, sindromi ansiose o nel caso di malattie fisiche gravi che hanno un effetto anche sulla salute psicologica del paziente.
Chiara Manna per Questione Civile
Sitografia
www.salute.gov.it
www.ansa.it