La regina Caterina piena di colpe e degna di elogi

regina Caterina

L’ultima partita a scacchi della regina Caterina

Una volta tornata in forze, la regina Caterina torna a dedicarsi a ciò che sa fare meglio: imbastire alleanze matrimoniali. Suo figlio Carlo IX, infatti, è ancora celibe ed è necessario che sposi una giovane donna affinché abbia degli eredi. Sceglie per lui la dolce Elisabetta d’Austria, figlia dell’imperatore Massimiliano d’Asburgo.

Per la bella, colta e raffinatissima figlia Margherita, invece, la situazione sembra essere molto più complicata: crescendo dimostrò di avere una natura piuttosto disinvolta e incline agli intrighi politici e agli affari sentimentali, tanto che Alexandre Dumas affermò che:

«vedere la corte senza vedere Margherita è non vedere né la Francia né la corte».

La principessa ha rapporti molto stretti e singolari con i fratelli, soprattutto con Enrico d’Angiò. Con molta probabilità si tratta di una diceria, ma secondo alcune persone molto vicine alla corte sarebbe stato proprio Enrico ad “iniziarla”, e poi a lui si sarebbero aggiunti gli altri fratelli.

Per porre fine alle dicerie sul conto della figlia e trovare un accordo vantaggioso che la aiuti a gestire la disastrosa situazione politica in cui versa la Francia, Caterina sceglie come sposo di Margherita il Principe di Navarra, dal quale, secondo il suo parere, dipende la tranquillità del reame.

Se l’idea del matrimonio non trasporta granché il popolo, per la giovane Margherita non è tanto diverso: lei è una principessa molto elegante, mentre Enrico è ancora lontano dall’assomigliare al geniale e maestoso sovrano che diverrà in futuro e che pacificherà la Francia. Tuttavia, il volere della regina supera qualsiasi pretesa personale e le nozze vengono celebrate sul sagrato di Notre Dame.

Caterina de’ Medici”
– N. 4
Questo è il quarto numero della Rubrica di Area dal titolo “Caterina de’ Medici”, appartenente all’Area di Storia Moderna e Contemporanea

1572, una sanguinosa festa di San Bartolomeo

A Parigi la notte sta per terminare. L’aria è afosa, pesante e ferma. Come di consueto, le campane della chiesa di Saint-Germain-l’Auxerrois cominciano a suonare, ma nel 1572 quello scampanio non sancisce l’inizio della festa, ma l’inizio di uno dei peggiori massacri religiosi del secolo a danno degli ugonotti. Ancora oggi non si conoscono i mandanti di quella strage, soprattutto perché l’opinione pubblica dal primo istante ha puntato il dito contro Caterina. Parte del popolo addirittura ha creduto di riconoscere in Carlo IX l’uomo che improvvisamente ha iniziato a sparare dalle finestre del Louvre tentando di uccidere il leader ugonotto Coligny.

Aver annunciato il matrimonio tra Margherita ed Enrico di Navarra sembrava aver aperto un nuovo vaso di Pandora, poiché le nozze si dimostrano un’ottima occasione per togliere di mezzo alcuni personaggi radunati nella capitale. Forse l’unica colpa di Caterina era aver creduto troppo nelle sue idee, mescolando per la prima volta ragione e sentimento e non tenendo conto dell’opposizione del popolo parigino e cattolico.

In questa occasione il re, in preda ad una crisi di nervi, avrebbe urlato riferendosi agli ugonotti:

«Che li uccidano, che li uccidano tutti, affinché non ne rimanga nessuno a rimproverarmelo!».

Ottenuto questo consenso dal monarca, i vertici dell’esercito avrebbero scritto una lista delle persone da sopprimere (circa una ventina), escludendo Enrico di Navarra e il giovane principe di Condé. Secondo il parere di alcuni storici, Caterina avrebbe cambiato idea all’improvviso e deciso di annullare l’eliminazione dei capi protestanti, ma il messaggio sarebbe giunto troppo tardi. Inoltre, un’altra cosa non torna: dai documenti ritrovati il segnale di inizio del massacro sarebbe dovuto provenire dalle campane dell’Hotel de Ville, e non da quelle di Saint-Germain-l’Auxerrois.

Molti misteri si intrecciano quella notte.

Scacco matto alla regina Caterina

Non appena si ode lo scampanio, al Louvre inizia l’ecatombe: Carlo IX riesce a salvare appena in tempo Enrico di Navarra e il principe di Condé, ordinando loro di convertirsi immediatamente e di recarsi subito a messa. Nel frattempo i Guisa irrompono in casa di Coligny, lo pugnalano e gettano il suo cadavere dalla finestra.

La Senna è gonfia di cadaveri e nelle strade il sangue scorre lento. L’intero popolo si è lasciato andare alla violenza, approfittando di quell’improvviso disordine per un regolamento di conti collettivo. Il re e la madre Caterina tentano di fermare questo caos, ma la follia popolare ha la meglio e protrae gli scontri fino al 26 agosto. Ad aumentare l’ebrezza del popolo contribuisce un evento anomalo: presso il Cimitero degli Innocenti un biancospino ai piedi della statua della Madonna comincia improvvisamente a fiorire dopo anni. I più superstiziosi credono sia un segno del compiacimento divino, quindi la gente si scatena ancor di più.

Lo storico protestante Henri White afferma:

«Il massacro non poteva essere premeditato perché, a meno di non essere dei cospiratori molto maldestri, Caterina e i suoi consiglieri italiani avrebbero preso le misure opportune perché esso avvenisse dappertutto lo stesso giorno e colpendo solo i diretti interessati».

Verso il declino

Il 10 settembre dello stesso anno Enrico di Valois presta giuramento e diventa re di Polonia, il cui trono era rimasto vacante. Nella stessa giornata, Carlo IX firma i documenti riguardanti la successione, dove specifica che, qualora dovesse morire senza eredi maschi, a succedergli sarebbe Enrico e solo dopo il fratello minore Francesco. Questa specifica è un’idea di Caterina che vuole tutelare il figlio prediletto conservandogli i diritti alla corona di Francia, nonostante attualmente regni in Polonia. Del figlio minore Francesco, infatti, non si fida e vuole che il suo turno sul trono giunga il più tardi possibile.

Enrico di Valois tentenna, poiché non vorrebbe lasciare la Francia in quanto innamorato della principessa di Condé e preoccupato della salute del fratello Carlo IX, il quale è tubercolotico. Infatti, qualche settimana dopo, il fratello si trova in punto di morte: Caterina ordina ad Enrico di rientrare in Francia per succedergli e nel frattempo ottiene la reggenza.

È il 30 maggio 1574: il monarca avrebbe compiuto 24 anni a giugno.

Caterina incorona Enrico

Appena insediato, Enrico III comincia ad apportare dei cambiamenti importanti: accentra nelle sue mani un potere immenso e si riserva il diritto di ratificare ogni decisione del Consiglio della Corona. Il giovane re vuole riservare alla madre la carica di Ministro di Stato per assicurarle una sorta di eterna reggenza. Per quanto questa decisione giochi a favore di Caterina, la fiorentina è un giudice troppo acuto per non cogliere i difetti e le debolezze del figlio.

In particolare Enrico III trascorre molto tempo nei conventi a fare penitenza, come quando muore la principessa di Condé da lui tanto amata. Appresa la notizia, lo shock è così violento che il re sviene e trascorre diversi giorni a letto in preda ad una febbre altissima. Guarito dalla febbre si reca in convento, dove prega dalla mattina alla sera e si flagella.

A quel punto resta solo una cosa da fare, ovvero accettare il suggerimento della madre e prendere in moglie la timida e graziosa Louise di Lorena-Vaudémont. Le nozze vengono celebrate il 15 febbraio 1575 subito dopo l’incoronazione del monarca a Reims, ma per i Valois non c’è pace: il 10 giugno 1584 muore l’ultimogenito Francesco, tubercolotico al pari dei fratelli.

Enrico III, giovane tanto amato che avrebbe dovuto restituire la pace alla Francia e l’autorevolezza alla casa reale, per il quale nulla era stato trascurato per formarlo, sarà l’ultimo sovrano Valois.

Addio alla regina Caterina

Il 7 luglio 1585 si arriva all’accordo di Nemours, con il quale viene restaurata la religione cattolica in tutta la Francia, mentre il protestantesimo è vietato. Gli ugonotti devono abiurare oppure emigrare altrove. Lo stesso Enrico di Navarra è destinato a perdere i diritti della successione se non rinuncia al protestantesimo.

Caterina vuole che Enrico di Navarra torni al cattolicesimo e per convincerlo è disposta a molte concessioni, come offrirgli lo scioglimento del matrimonio con Margherita, poiché riconosce che la figlia si sta comportando in modo davvero scandaloso. In questo frangente si gettano le basi per quella che è passata alla storia come la «Guerra dei tre Enrichi» (il sovrano Enrico III, l’ugonotto Enrico di Navarra e il cattolico Enrico de Guise).

Enrico de Guise è fatto fuori all’alba del 23 dicembre 1588. Convocato dal sovrano, si presenta presso il castello di Blois e trova i Quarantacinque, cioè la guardia privata del re, che dicono di dover incontrare Enrico III per chiedere un aumento della paga. In realtà lo accerchiano, lo uccidono, bruciano il cadavere e lo gettano nella Loira.

Nel frattempo la regina Caterina è a letto, in preda ai deliri della febbre e ad una tremenda infiammazione polmonare. Non può fare altro che assistere e, impotente, il 5 gennaio 1589 detta il suo testamento e riceve l’estrema unzione: la fiorentina avrebbe compiuto 70 anni ad aprile.

Il momento che attraversa la Francia è così travagliato che la sua morte desta meno clamore di quanto non sarebbe successo in altro periodo. Pierre de l’Estoile le dedica il seguente epitaffio:

«La regina che qui giace fu un diavolo e un angelo,

piena di colpe e degna di elogi:

auguratele, passando, Inferno e Paradiso»

Caterina, il ponte verso la modernità

Caterina non visse abbastanza a lungo da vedere distrutto tutto quel che aveva costruito. Non assistette alla morte del suo amato Enrico III, assassinato il 1° agosto 1589 dal frate Jacques Clément, e alla salita al trono del genero Enrico di Navarra con il nome di Enrico IV.

Aveva dedicato tutta la sua vita alla pacificazione interna della Francia, la quale avverrà solo con la promulgazione dell’Editto di Nantes il 13 aprile 1598. Tuttavia, è importante riconoscere che senza di lei, probabilmente, la situazione francese si sarebbe rovesciata molto prima e forse non si sarebbe mai ottenuta la pace tanto agognata.

La fiorentina ha dovuto manovrare una nave in tempesta nello stretto, a volte strettissimo, margine che aveva a disposizione. Nata in pieno Rinascimento italiano e catapultata in uno dei momenti più drammatici della storia, Caterina è davvero la personificazione e l’icona del Cinquecento.

Come scrisse Jean-Christian Petitfils nella sua Histoire de France:

«Ella fu, effettivamente, una donna di Stato di rara intelligenza,

di eccezionale abilità di fronte agli intrighi e ai tradimenti dei capi cattolici e protestanti,

in un contesto di violenza generalizzata. Che si sia servita dell’astuzia,

che la si colga spesso in colpa flagrante di malafede è accertato,

ma la cosa importante è che abbia posto quel machiavellismo fiorentino

al servizio della Francia e non della sua ambizione personale.»

Maria Rita Gigliottino per Questione Civile

Bibliografia

A. Necci, Caterina de’ Medici. Un’italiana alla conquista della Francia, Marsilio, 2019, Venezia.

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