La tragedia tra tradizione e innovazione secondo Sofocle
Se Eschilo aveva concentrato la propria attenzione sul tema dei rapporti fra mondo umano e mondo divino (clicca qui per approfondire) , Sofocle si concentra essenzialmente sull’uomo e sugli aspetti che indissolubilmente legano quest’ultimo al destino. In questo modo è la figura dell’eroe tragico ad assumere una posizione centrale sulla scena, oltre a suscitare un’importante riflessione nello spettatore.
Nella sua lunga attività Sofocle ebbe modo di introdurre nel teatro modifiche sostanziali che diedero alla tragedia quella che Aristotele definì «la sua forma naturale». Di queste la più importante fu la rappresentazione di tre drammi indipendenti l’uno dall’altro nell’argomento – per questo si parla di trilogia slegata – che hanno per titolo solo il nome del personaggio principale. Altro elemento innovativo sarebbe stato l’abituale impiego del terzo attore, anche se solo due delle sette tragedie sofoclee sopravvissute lo impiegano effettivamente. Il numero dei coreuti fu aumentato da 12 a 15 e venne introdotto l’uso della scenografia.
Le tragedie di Sofocle che sono giunte fino ai nostri giorni sono: Aiace, Antigone, Trachinie, Elettra, Filottete, Edipo re ed Edipo a Colono.
Il teatro di sofocle come sperimentazione
I personaggi sofoclei sono tratteggiati con molta attenzione alla loro psicologia – sebbene il vero maestro nell’analisi di quest’ultima sarà Euripide – e sono particolarmente curati e apprezzati quelli femminili. Peraltro nella società ateniese, così rigida circa i rapporti di subordinazione della donna all’uomo, l’attenzione ai caratteri femminili potrebbe essere una spia dell’inconscio desiderio maschile di offrire alla donna, almeno sulla scena, quel ruolo che le era normalmente negato nella vita sociale.
Per altri versi si parla di sperimentalismo teatrale nella misura in cui un personaggio femminile come Antigone non trova riscontro nella realtà dell’epoca, poiché una fanciulla mai avrebbe potuto avere tanto ardimento nei gesti e nelle parole. Questo aspetto sarà poi ripreso e portato all’estremo da Euripide in personaggi come Medea o Fedra.
Contrariamente a quanto si possa pensare, questo sperimentalismo non infastidì la società greca dell’epoca: anzi, Sofocle rimase il tragediografo più amato di sempre.
Il dramma di Antigone
All’indomani della reciproca morte di Eteocle e Polinice il nuovo re di Tebe, Creonte, ordinò che il primo fosse onorato della sepoltura poiché aveva combattuto al suo fianco, mentre che il secondo fosse abbandonato agli animali. All’epoca, infatti, la sepoltura era una pratica ritenuta estremamente importante e sacra, poiché coloro che erano stati sepolti avrebbero raggiunto l’Ade, mentre i non sepolti sarebbero poi stati condannati ad un viaggio eterno senza trovare mai pace (clicca qui per approfondire).
Antigone, loro sorella, trasgredisce l’ordine del re pur sapendo che ciò avrebbe comportato la morte e onora della sepoltura il fratello Polinice. Una volta arrestata, non mostra pentimento del suo gesto e si oppone fieramente a Creonte. A causa di ciò viene condannata a morte: inutilmente Emone, figlio di Creonte e suo promesso sposo, tenta di dissuadere il padre; solo il coro sembra ad un certo punto riuscire a fare breccia nel suo cuore e a convincerlo di star commettendo un errore. Creonte corre nella caverna dove era stata rinchiusa la fanciulla, ma con amarezza scopre che Antigone aveva scelto di anticipare la sua morte impiccandosi. Emone, folle di rabbia, tenta il parricidio, ma poi si suicida sul cadavere della giovane tanto amata.
La ragione di stato e la ragione del cuore
Antigone è sicuramente una delle tragedie di Sofocle più conosciute e amate dal pubblico. La protagonista, una giovane fanciulla dotata di una grande forza d’animo «nata per condividere non l’odio ma l’amore», provoca in chi la guarda una riflessione circa l’equità delle leggi di uno Stato. Punendo la nipote, Creonte darà a tutto il popolo un esempio inequivocabile della sua assoluta inflessibilità in fatto di giustizia poiché, per dirlo con le sue parole, «se farò crescere dei ribelli fra i miei stessi familiari, certamente dovrò tollerarlo dagli estranei».
Questo atteggiamento è quello che Sofocle definisce ragion di Stato e che addita come perdente, poiché a perdere sarà Creonte che vedrà suo figlio ed erede suicidarsi sul corpo di Antigone. L’atto di amore della giovane nei confronti del fratello Polinice, invece, viene indicato come giusto e rispettabile. Ma possiamo davvero essere certi che la ragione del cuore debba trionfare sulla ragione di Stato?
In realtà la giustizia sta al centro, nell’impossibilità della scelta. Contro la ragione di Stato sono sempre state fatte tantissime rivoluzioni poiché spesso le leggi sono state ritenute sbagliate e inadeguate, ma se tutti agissimo seguendo la ragione del cuore non ci sarebbe più lo Stato e ognuno di noi farebbe quel che vuole creando solo disordine. Schierarsi totalmente con la ragione di Stato o con la ragione del cuore non è la scelta giusta, come dimostra questa tragedia in cui sia Antigone che Creonte pagano a caro prezzo le loro azioni.
L’Aiace di sofocle tra le tragedie greche della stagione 2024
Come ogni anno l’Istituto Nazionale del Dramma Antico (INDA) si esibisce presso il Teatro Greco di Siracusa e quest’anno ha scelto di mettere in scena l’Aiace di Sofocle.
L’azione si svolge nell’accampamento acheo posizionato vicino Troia. Aiace è uscito di senno a causa della dea Atena e, adirato con gli Atridi e Odisseo perché gli negano le armi di Achille, ha scatenato la sua feroce rabbia omicida su inermi greggi e armenti, scambiandoli per gli odiati avversari. Tornato in sé, si rende conto di quanto ha commesso e del ridicolo che gliene deriverà e decide di suicidarsi per riscattare il proprio onore. Salutato il figlio, Aiace si apparta sulla riva del mare e si uccide. Menelao vorrebbe impedire la sepoltura dell’eroe per vendicarsi del progettato assassinio, ma Odisseo si oppone e Aiace ottiene gli onori funebri.
La contesa per le armi di Achille è solo lo spunto per avviare la vicenda, poiché dopo non viene quasi più ricordata. Il dramma ruota sul carattere inflessibile dell’eroe, la cui unica colpa è stata quella di aver ritenuto superfluo l’aiuto divino in battaglia. Aiace è un eroe solitario e rappresenta colui che non si adatta alla rivoluzione epocale che attraversò la Grecia nel V secolo a.C. La sua morte è l’estrema ratio di chi non si sottomette alla leggi del reale, di chi non accetta il mondo in cui vive.
Maria Rita Gigliottino per Questione Civile
Bibliografia
M. Casertano, G. Nuzzo, Storia e testi della letteratura greca, volume 2, Milano, Palumbo, 2011.
Sitografia
www.indafondazione.org