Analisi psicologica del film di Ron Howard “A Beautiful Mind”
A Beautiful Mind è un film del 2001, diretto da Ron Howard, che racconta la storia del matematico Forbes Nash jr., premio Nobel nel 1994, interpretato da un giovane Russell Crowe. La pellicola offre una visione a tratti romanzata della vita di una persona che soffre di schizofrenia paranoide, patologia dalla quale lo scienziato è stato realmente affetto. Troviamo, infatti, la rappresentazione di un mondo allucinatorio straordinario, di una storia d’amore che salva dalla malattia e di una conciliazione pacifica con le figure allucinatorie del protagonista.
La trama
Il film segue Forbes dalla sua giovinezza all’Università di Princeton, dove sviluppa una teoria rivoluzionaria in grado di rendere obsolete le idee di Adam Smith, fino al suo lavoro come crittografo per il governo degli Stati Uniti durante la Guerra Fredda. Accanto alla carriera da matematico, la pellicola dedica ampio spazio alla vita personale di Nash: l’uomo inizia a soffrire di allucinazioni e diventa ossessionato da complotti di spionaggio inesistenti.
Gli viene diagnosticata una schizofrenia paranoide: la sua vita personale e professionale subisce un tracollo mentre lotta con la malattia mentale, supportato dalla sua devota moglie Alicia (interpretata da Jennifer Connelly). Nonostante le difficoltà, il matematico continua a portare avanti le sue ricerche scientifiche. Alla fine, il suo genio e le sue scoperte otterranno il riconoscimento più ambito, il Premio Nobel per l’Economia nel 1994. Il film è un commovente omaggio alla genialità, all’amore e alla resilienza di fronte alle avversità.
Alcuni aspetti psicologici in “A Beautiful Mind”
In effetti, sin da subito si fa evidente quanto John Nash fosse brillante negli studi e un lettore avido e curioso. La tendenza all’isolamento sociale e la goffaggine che lo caratterizza, aspetto ben interpretato da Russell Crowe anche in A Beautiful Mind, non si associa a disturbi psichiatrici evidenti fino al matrimonio, evento dopo il quale la patologia appare franca e invalidante. Infatti, nel film, viene rappresentato in maniera travolgente e carica la progressione della sintomatologia psicotica e l’emergere di deliri che interferiscono sempre di più nella sua vita matrimoniale e lavorativa.
Nella pellicola, tuttavia, viene enfatizzata la genialità del protagonista, che è sicuramente un aspetto veritiero e non trascurabile, ma si lascia meno spazio ad alcuni dettagli altrettanto importanti del suo funzionamento. Sembrerebbe, infatti, che John Nash assumesse comportamenti estremamente bizzarri anche dopo il ricovero, che conducesse una vita quasi nomade tra un delirio e l’altro e che rifiutasse a tutti i costi la terapia col timore che la remissione della sintomatologia delirante coincidesse con l’acquiescenza del suo genio. Nel film A Beautiful Mind, inoltre, mancherebbe la figurazione di alcuni dettagli che avrebbero disturbato la rappresentazione di John e Alicia così come il pubblico li avrebbe voluti. Che dire, infatti, del presunto figlio avuto con un’infermiera, del divorzio con la consorte durante la malattia, e della schizofrenia dell’altro figlio concepito con la moglie?
Il focus: una decisione difficile
Una delle scene più significative e potenti di A Beautiful Mind avviene verso la fine del film, quando John Nash deve affrontare una scelta cruciale per quanto riguarda la lotta con la schizofrenia. Dopo anni di allucinazioni e deliri che hanno gravemente influenzato la sua vita personale e professionale, Nash ha iniziato un percorso psichiatrico, spinto dall’amore e dal sostegno della moglie Alicia e aiutato dall’assunzione di nuovi farmaci. Tuttavia, gli effetti collaterali dei medicinali compromettono la sua lucidità mentale e di conseguenza la capacità di lavorare.
Nash parla con il suo psichiatra, il dottor Rosen (interpretato da Christopher Plummer), e gli comunica la decisione di interrompere le cure. L’uomo manifesta il desiderio di sfidare la malattia usando la forza della mente, cercando di convivere con le sue allucinazioni, senza lasciarsi sopraffare. La scena è potente perché Nash si mostra pienamente cosciente della patologia e decide di affrontarla nel modo che lui stesso ritiene il migliore, quello che gli consenta di mantenere un’identità e la brillantezza che lo aveva sempre contraddistinto come matematico. La decisione è rischiosa e lo espone al rischio di gravi ricadute, ma Nash è determinato a combattere per la sua vita e il suo lavoro, accettando la sua condizione ma non lasciandosi definire da essa.
I meriti di “A Beautiful Mind”
Nel film A Beautiful Mind si è di fronte al tentativo di figurare il mondo mentale straordinario e sconvolgente di John Nash e della sua psicopatologia. In effetti, la maniera egregia in cui Russell Crowe rappresenta John Nash, le sue movenze goffe e il suo bizzarro modo di interagire, può indurre il pubblico ad empatizzare non poco con la condizione della malattia psichiatrica in un momento storico in cui quest’ultima era ancora motivo di emarginazione e di stigma sociale. La pellicola, inoltre, mette in scena in maniera efficace e potente la sintomatologia delirante ed allucinatoria che caratterizza la schizofrenia paranoide. L’espediente per facilitare la rappresentazione del mondo interno di John è stata, infatti, quella di dare volti a quelle che in realtà sono allucinazioni uditive (l’amico Charles, la nipotina Herman e il militare Parcher) e di figurare i deliri persecutori e di grandezza come delle allucinazioni molto complesse e strutturate.
Nonostante le inesattezze frutto di esigenze cinematografiche, lo psichiatra Glen Gabbard affermerà che il film A Beautiful Mind è una delle migliori riproduzioni della schizofrenia nel suo esordio insidioso e nel suo decorso devastante. Nella sua rappresentazione, a tratti controversa, della malattia mentale, il regista ha saputo esemplificare uno straziante tentativo di ritrovare e di accettare sé stesso, di riconoscersi anche attraverso il riconoscimento altrui, rappresentato del resto nella scena finale di grande impatto. Infatti, il richiamo finale della consegna delle penne da parte dei professori dell’Università di Princeton, rituale cui John assiste nella prima parte del film, è la manifestazione del loro rispetto nei confronti della straordinarietà di John Nash, al cospetto di quella che conosciamo come “una mente bellissima”.
Fabiana Navarro e Marco Alviani per Questione Civile
Bibliografia
Tarsitani, L., Tarolla, E., & Pancheri, P. (2006). Psichiatria e psichiatri nel cinema americano. Recenti Progressi in Medicina, 97(3), 165.
Weiden, P. J. (2002). Why did John Nash stop his medication?. Journal of Psychiatric Practice®, 8(6), 386-392.