Stato di diritto: la situazione italiana preoccupa?

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Il rapporto della Commissione Europea sullo Stato di diritto non dipinge un quadro idilliaco per l’Italia

Il 24 luglio è stato adottato dalla Commissione Europea il rapporto sullo Stato di diritto 2024, che monitora gli sviluppi in questo campo per ogni paese UE. All’interno del documento introduttivo, lo Stato di diritto viene definito come “salvaguardia essenziale per il buon funzionamento delle nostre democrazie [e] per la protezione dei diritti individuali”; sebbene tante volte ciò venga dato per scontato, questa è la pietra angolare su cui si fonda ogni società civile. Per l’Italia la situazione non sembra delle più rosee; ma, prima di tutto, è necessario capire cosa è questo rapporto.

Quali sono i contenuti del rapporto sullo Stato di diritto?

Dal 2019 a oggi, a cadenza annuale, il rapporto sullo Stato di diritto restituisce un quadro preciso e dettagliato della situazione in ogni Stato membro. Ciò viene fatto registrando e misurando ogni cambiamento, che sia positivo o negativo, in quattro aree: giustizia, anticorruzione, pluralismo dei media ed equilibri istituzionali. Il rapporto è diviso in 31 capitoli, uno per Stato membro più Albania, Serbia, Montenegro e Macedonia del Nord, i quali sono candidati all’ingresso. Per ognuno di questi, la Commissione Europea ha strettamente collaborato con autorità nazionali e organizzazioni internazionali, oltre ad aver usato i dati raccolti dalla Commissione stessa. In base a tale materiale, il rapporto può indicare in quali aree sono stati fatti progressi e in quali la situazione è stagnante oppure in regressione. L’Unione Europea, da qui in avanti, dovrà continuare il dibattito sullo Stato di diritto, a livello nazionale e internazionale, per potersi concentrare sulle problematiche indicate.

Nell’introduzione al rapporto, la Commissione Europea spiega nel dettaglio la metodologia applicata per la redazione dei vari documenti, compresi i parametri valutati per ogni area: per la giustizia, la qualità e l’efficienza della stessa nonché la sua indipendenza dal potere politico; per l’anticorruzione, l’implementazione delle varie strategie per evitarla e rafforzare la posizione delle istituzioni, la protezione dei whistleblower e la dichiarazione di asset e interessi dei pubblici ufficiali; per il pluralismo dei media, l’indipendenza degli stessi, la trasparenza delle proprietà, l’accesso all’informazione e la salvaguardia dagli interessi politici; infine, per quanto riguarda gli equilibri istituzionali, ciò che viene posto sotto la lente d’ingrandimento è legato alla trasparenza e alla qualità del processo legislativo, alle riforme costituzionali, al lavoro di difensori civici e organizzazioni per i diritti umani e all’interferenza di governi stranieri. Questi sono alcuni dei contenuti analizzati, ma ecco la situazione italiana.

La riforma della giustizia, la Rai, il premierato: l’UE bacchetta l’Italia?

Sul fronte della giustizia, la valutazione sull’operato italiano sembra essere ambigua. Da un lato, l’UE elogia gli sforzi per la digitalizzazione della giustizia, seppur incompleta; dall’altro, riporta le preoccupazioni dell’Associazione Nazionale Magistrati, la quale ha criticato la riforma della giustizia e la proposta della separazione delle carriere. Secondo l’ANM, infatti, nel primo caso suscitano apprensione alcuni passaggi della normativa di attuazione, mentre nel secondo la creazione di due Consigli superiori distinti, che minerebbe l’autorità di entrambi. Destano preoccupazione anche gli attacchi subiti dalla giudice Apostolico da parte del governo, che minaccerebbero la percezione dell’indipendenza della magistratura, nonché altri episodi simili. Per l’anticorruzione, si segnala il rafforzamento delle misure preventive, ma anche l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio (già sostituito da un reato simile) e la limitazione del reato di traffico di influenze illecite, che secondo le convenzioni internazionali sono strumenti essenziali per la lotta alla corruzione. Questi interventi andrebbero controbilanciati.

Da tempo, invece, inquieta la governance di Rai: il cambio di linea editoriale col nuovo amministratore delegato è stato evidente e ha portato alle dimissioni di molti giornalisti. Desta scetticismo anche la modifica alla legge della par condicio, che permette ai candidati con incarichi di governo di avere maggiore visibilità. Alcuni stakeholders manifestano disappunto nei confronti delle iniziative legislative che limiterebbero la possibilità di pubblicare determinati atti giudiziari. Infine, il rapporto sottolinea come i giornalisti ricevano spesso attacchi, anche da parte di politici, e come il governo stesso abbia proposto una legge che, tramite l’introduzione di sanzioni disciplinari e penali per la diffamazione e l’obbligo di rettifica, potrebbe rappresentare un “bavaglio”. In ultimo, a impensierire sono la riforma del premierato[1], l’eccessivo ricorso ai decreti-legge e l’aggressività dei politici nei confronti delle ONG e della polizia contro i manifestanti.

Le reazioni della politica (e dei media “liberi”)

Secondo alcune indiscrezioni riportate da Politico la pubblicazione del report, inizialmente prevista per il 3 luglio, sarebbe stata rimandata da Ursula von der Leyen; ciò allo scopo di potersi assicurare i voti di ECR, il gruppo di Giorgia Meloni, per la sua rielezione. Sappiamo che, invece, il gruppo dei Conservatori ha votato contro; il voto decisivo per la rielezione di von der Leyen è infatti arrivato dal gruppo dei Verdi, soprattutto per il Green Deal. Non è difficile immaginare quali siano state le reazioni al rapporto. Il senatore Ruotolo del PD ha chiaramente parlato di “democrazia a rischio”, mentre l’eurodeputato Inselvini di FdI ha parlato del rischio di usare questo report come “un’arma per dividere l’Europa in Stati buoni e cattivi in base all’amicizia col governo europeo”. Anche il presidente Meloni, in una lettera alquanto piccata indirizzata alla Commissione Europea, ha parlato di “strumentalizzazione del rapporto” per “attaccare il governo”.

A margine della missione in Cina, il premier italiano ha anche affermato, in maniera piuttosto infondata, che “il rapporto non dice nulla di nuovo rispetto all’anno scorso” e che “gli stakeholder consultati sono Domani, il Fatto Quotidiano, Repubblica”. Una versione che è stata sostenuta anche da alcuni giornali di area conservatrice. Ermes Antonucci del Foglio scrive che “non è vero che lo Stato di diritto in Italia è a rischio”, contestando la ricostruzione fatta da Repubblica; dello stesso tenore è l’articolo di Domenico Di Sanzo del Giornale, che non manca di porre l’accaento sulle reazioni di alcuni esponenti dell’opposizione. Altri articoli pubblicati dal Fatto Quotidiano, Open e Repubblica, invece, si concentrano sui contenuti del rapporto, dandone una lettura più critica. Al di là di scontri tra ideologie, il rapporto merita da parte del governo italiano l’attenzione dovuta a un documento pensato per essere oggettivo.

Francesco Paolo Vitrano per Questione Civile

Sitografia

  • Materiali del Rule of Law Report 2024: www.commission.europa.eu
  • Le indiscrezioni sul rapporto: www.politico.eu
  • Comunicato stampa di Ruotolo: partitodemocratico.it
  • L’intervento di Inselvini: www.ilfattoquotidiano.it
  • Lettera di Meloni: www.ansa.it
  • Il commento di Ermes Antonucci: www.ilfoglio.it
  • L’articolo di Domenico Di Sanzo: https://www.ilgiornale.it

[1] A cui è già stato dedicato un approfondimento su Questione Civile.

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