Analisi del disegno di legge costituzionale sulla separazione delle carriere dei magistrati
La separazione delle carriere dei magistrati torna sul tavolo del dibattito politico italiano a seguito dell’approvazione del disegno di legge costituzionale promosso dal Ministro della Giustizia Nordio.
Il “giorno della marmotta” è una espressione tipicamente utilizzata per indicare quella serie di eventi ciclici inevitabili, vissuti da un soggetto intrappolato in un determinato ambito spazio-temporale. Il riferimento, senza scomodare Nietschze e la concezione filosofica dell’eterno ritorno, è ovviamente al film “Ricomincio da capo”. Film interpretato (fra gli altri) da Bill Murray, che si trova costretto a rivivere all’infinito lo stesso giorno, della marmotta. Tale giorno viene celebrato in USA e Canada il 2 febbraio. Questo finché non riuscirà a spezzare l’incantesimo, lavorando su se stesso e sul suo approccio alla vita.
A seguito dell’approvazione del Disegno di Legge Costituzionale, il dibattito pubblico italiano è tornato a concentrarsi su un profilo ampiamente discusso nella storia politica-legislativa del BelPaese. Parliamo della c.d. separazione delle carriere tra magistratura requirente – ossia la pubblica accusa, rappresentata dai Pubblici Ministeri – e magistratura giudicante. L’incipit può apparire fuori luogo vista la delicatezza dei valori in gioco. E’ tuttavia utile nel descrivere il tortuoso percorso che ha portato a questa – seppur embrionale – determinazione.
Le origini della invocata riforma
Il primo “giorno della marmotta” sul tema è di difficile individuazione temporale. Può certamente collocarsi a cavallo tra gli anni ‘80 e ‘90 del secolo scorso, all’indomani della riforma del Codice di Procedura Penale avvenuta nel 1988. Tale testo è ispirato al modello americano accusatorio, con l’intenzione di superare la figura del giudice istruttore, dotato di ampi poteri di iniziativa probatoria (ricerca della prova). La sua esistenza gettava una forte ombra sull’imparzialità dell’organo giudicante. Inoltre, poneva un forte accento sui requisiti dell’oralità e dell’immediatezza all’interno del processo penale, sopprimendo la figura del giudice istruttore. Infine, imponev una forte distinzione tra magistrati inquirenti (i Pubblici Ministeri di cui sopra) e la nuova figura del Giudice per le Indagini Preliminari. Esso era deputato al controllo della fase antecedente all’apertura del processo.
Pur essendo chiara la distinzione funzionale tra le due figure, unica rimane la procedura di selezione. Essa avviene tramite il concorso in magistratura accedere ad entrambe le carriere. Con alcune limitazioni, si puòanche passare dalla funzione di PM a quella di giudice.
La separazione delle carriere punta a neutralizzare questo rischio. Lo scopo è impedire una pericolosa confusione tra colui che è chiamato a giudicare e colui che, in una visione che valorizza la parità tra le parti del processo, è preposto alla raccolta delle prove idonee a sostenere l’accusa in giudizio, disinnescando – a detta dei suoi sostenitori – il pericolo che questa commistione tra ufficio requirente ed ufficio giudicante comporta, in ottica garantistica verso i diritti dei soggetti imputati.
Il dibattito politico sulla separazione delle carriere dei magistrati
L’obiettivo apparve sulla scena pubblica con la prima discesa in campo di Berlusconi (1994), enunciato chiaramente all’interno del primo programma politico di Forza Italia. Egli diventò un vero terreno di scontro nel rapporto di amore ed odio tra il fu Cavaliere e la Magistratura. Negli anni successivi, tale approccio ottenne anche una timida approvazione da parte del successivo Governo D’Alema. Divenne poi una delle bandiere della destra liberale alle successive tornate elettorali, ovvero in occasione delle frequenti interazioni tra giudici ed esponenti della coalizione.
Nel 2006 venne così approvata una prima limitazione alla possibilità di scelta, attraverso la Riforma Castelli . Questa prevedeva la possibilità di poter effettuare il passaggio di funzione soltanto per una volta durante i primi cinque anni di attività del magistrato. Nel 2007, tuttavia, una modifica introdotta dal Governo di centrosinistra Prodi modificò sostanzialmente tale previsione. Questa permise di compiere il mutamento di funzioni per quattro volte, purché a distanza di cinque anni uno dall’altro. Con il ritorno di Berlusconi al Governo, l’obiettivo divenne una riforma costituzionale come strumento per sancire definitivamente la separazione delle carriere.
Le modifiche introdotte dal disegno di legge costituzionale
Un obiettivo perseguito a lungo durante i successivi 15 anni, ma che sembrerebbe – il condizionale è d’obbligo alla luce dei successivi passaggi cui dovrà essere sottoposto – essere giunto a compimento con il disegno di legge costituzionale approvato dal Governo in questi giorni, il quale prevede la modifica dell’articolo 102 della Costituzione, distinguendo in maniera netta la magistratura giudicante da quella requirente.
Tra le novità introdotte dal DDL all’interno dei suoi otto articoli occorre segnalare l’introduzione dell’Alta Corte Disciplinare. Questa è deputata ai procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati. Inoltre, la creazione di un secondo Consiglio Superiore della Magistratura, sempre presieduto dal Presidente della Repubblica. Infine, viene introdotto il meccanismo del sorteggio per le cariche ricoperte all’interno del CSM, provando a porre un limite al predominio delle correnti politiche all’interno dell’Organo di autogoverno della Magistratura.
Reazioni e critiche alle modifiche normative sulla separazione delle carriere dei magistrati
Il rischio segnalato dalle associazioni di categoria dei magistrati (ANM, tra tante) è che, per scongiurare uno spauracchio privo di risvolti concreti – i numeri dei magistrati che scelgono di passare da una funzione all’altra sono risibili, nell’ordine di qualche decina all’anno, anche alla luce della possibilità, introdotta dalla Riforma Cartabia, di effettuare tale scelta soltanto una volta entro i primi nove anni di servizio – si proceda ad una ridefinizione dei confini individuati dalla Costituzione, aumentando il peso decisionale esercitabile della politica sulla Magistratura anche attraverso la creazione del secondo CSM che interviene sulla magistratura requirente.
Lo stesso presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Giuseppe Santalucia, si è posto in maniera fortemente critica nei confronti della Riforma. Egli ha sottolineato i pericoli derivanti sia dall’introduzione del sorteggio, sia sulla effettiva utilità della separazione delle carriere. Il rischio è che questo meccanismo finisca per porre i magistrati sotto il controllo del governo, con evidente lesione del principio di separazione dei poteri.
Nella stessa occasione, si è espressa in maniera sfavorevole anche la prima presidente della Corte di Cassazione, Margherita Cassano. Oltre a ribadire l’esiguità dei numeri riguardanti i magistrati che effettivamente scelgono il passaggio di funzioni, la presidente individua un rischio per il cittadino nel distacco dei Pubblici Ministeri dal resto della Magistratura. Quest’ultimo potrebbe essere fatalmente attratto da ruoli maggiormente investigativi.
Le considerazioni della commissione europea sulla separazione delle carriere dei magistrati nella relazione sullo stato di diritto
La relazione annuale sullo stato di diritto predisposta dalla Commissione Europea – largamente criticata dagli esponenti della maggioranza in quanto ritenuta uno strumento politico più che un’analisi imparziale – pur nella sua sinteticità, ha individuato i profili maggiormente a rischio. Così ha riportato alcune delle critiche espresse dall’Associazione Nazionale Magistrati e ha sottolineato come, benché non esista a livello europeo un modello unico di assetto istituzionale degli uffici di procura, è necessario fornire garanzie istituzionali circa l’assenza di possibili interferenze. Ovvero, indebite ingerenze politiche sui pubblici ministeri, garantendo loro condizioni giuridiche e organizzative adeguate ai loro doveri e responsabilità professionali.
Vengono altresì riportate le spiegazioni fornite dalle autorità italiane, le quali ribadiscono come l’indipendenza dei pubblici ministeri verrebbe comunque garantita dal mantenimento delle norme procedurali che ne disciplinano la funzione ed il ruolo, non toccate dalla futura riforma.
Il timore è che la separazione delle carriere possa rappresentare una sorta di “foglia di fico” dietro cui nascondere ben più significativi interventi. Nell’ottica di ridurre l’autonomia della magistratura e con il malcelato obiettivo di colpire le correnti presenti all’interno degli organi direttivi.
Un percorso di approvazione tortuoso
Il percorso verso la definitiva approvazione è ancora lungo, in quanto la legge dovrà essere approvata dalle due Camere in due occasioni a distanza di tre mesi dalla prima votazione. Nel caso in cui non si raggiungesse la maggioranza dei due terzi nelle ultime due votazioni, la norma sarà sottoposta al vaglio popolare tramite referendum confermativo.
Il giorno della marmotta, dunque, sembra essere appena iniziato.
Francesco Lorenzo Antonino per Questione Civile
Bibliografia
[1] Commissione Europea: Relazione sullo Stato di Diritto 2024: Capitolo sulla situazione dello stato di Diritto in Italia – 24 luglio 2024
Sitografia
[1] www.ilpost.it
[2] www.huffingtonpost.it
[3] www.ilsole24ore.com
[4] www.tg24.sky.it
[5] www.lastampa.it
[6] www.repubblica.it