Conflitto Musk-UE: X come roccaforte della libertà

conflitto Musk-UE

Il conflitto Musk-UE alimenta la diatriba tra la libera informazione e la corretta informazione

Di recente i risultati dell’indagine su X hanno rinfocolato il conflitto Musk-UE, con il miliardario sudafricano che ha minacciato la chiusura del social in Europa. Il magnate rivendica con fermezza la libertà garantita dalla sua piattaforma, mentre dall’altro lato l’UE ha concluso che la stessa sia ingannevole per i cittadini. La base giuridica di questa risoluzione è il Regolamento UE 2022/2065, il quale è risultato controverso sin dal momento della sua promulgazione nell’ottobre del 2022.

L’origine del conflitto Musk-UE: il Digital Services Act

Il Regolamento UE 2022/2065, noto come Digital Services Act, è entrato in vigore nel febbraio del 2024 e introduce una serie di obblighi da rispettare. Tra questi, il più importante è il meccanismo di segnalazione e azione, che consiste in un sistema di controllo dei contenuti che rappresenta una rivoluzione. Tramite questo sistema, infatti, è possibile raccogliere e processare tutte le segnalazioni di presunti contenuti illegali e prendere i provvedimenti necessari secondo le varie piattaforme. In alcuni casi potrebbe essere prevista pure la sospensione o la cessazione della “prestazione di servizio” o la chiusura degli account dei “destinatari di servizio”. Il DSA potrebbe rivelarsi una svolta epocale nel campo della regolamentazione degli spazi digitali, con un occhio di riguardo verso il contrasto dei contenuti dannosi; d’altronde, l’arrivo di Internet al grande pubblico è coinciso anche con l’aumento degli stessi, i quali alle volte hanno anche influenzato negativamente alcuni grandi eventi.

Le reazioni al Digital Services Act sono state varie e non tutte propriamente entusiastiche. Se, da un lato, alcuni commentatori hanno elogiato il regolamento arrivando a definirlo “regola aurea”, altri hanno espresso preoccupazioni per un possibile uso politico del regolamento. In tal senso è da citare la Dichiarazione di Westminster, firmata a seguito di una riunione a Londra di giornalisti, politici, attivisti e accademici. Questo gruppo, per la verità molto eterogeneo, si propone di denunciare la “censura crescente a livello internazionale” che non tollererebbe opinioni diverse da quelle ufficiali. Altri attori contrari al regolamento sono state le grandi aziende tecnologiche direttamente colpite dallo stesso, come Google, le quali tuttavia hanno scelto la via della collaborazione. Al momento il dissenso intorno al DSA sembra essersi riunito intorno al fu Twitter e al suo proprietario, il quale alimenta da sé il conflitto. Un conflitto fatto di bugie, meme e disinformazione incontrollata.

La lunga storia tra Musk, X e l’UE

La travagliata storia dell’acquisizione di Twitter da parte di Musk è nota a chiunque, così come la spinosa questione del cambio di un nome iconico. Ciò che potrebbe essere sfuggito, però, è che l’impegno di Musk in favore della libertà d’espressione si è palesato con la pubblicazione dei Twitter Files. Questi documenti, consegnati anche a Matt Taibbi, primo firmatario della Dichiarazione di Westminster, proverebbero che Twitter ha avuto un ruolo centrale nell’elezione di Joe Biden oscurando le disavventure del figlio Hunter. Nello stesso periodo il conflitto Musk-UE aveva già preso le mosse. Al momento dell’acquisizione Thierry Breton, commissario UE per il mercato interno, aveva avvertito Musk che “l’uccellino volerà secondo le nostre regole in Europa”.

Il conflitto Musk-UE oggi

Da allora, molte delle decisioni prese da Elon Musk riguardo alla piattaforma sono state aspramente criticate da varie personalità legate al governo dell’Unione Europea; per esempio, non valutare la disinformazione legata al Covid-19 o eliminare l’etichetta di “media affiliato allo Stato”, misure applicate maggiormente ad account di media legati a Russia, Cina o Iran.

Dall’ottobre del 2022 a oggi, il conflitto Musk-UE è passato attraverso eventi che ne hanno aumentato l’intensità, fino quasi a raggiungere il punto di non ritorno. Oltre alle decisioni sopracitate, nel dicembre successivo Ursula von der Leyen ha criticato la scelta di Musk di sospendere gli account di alcuni giornalisti. Il mese prima, Věra Jourová si era espressa in maniera fortemente critica contro la chiusura degli uffici di Twitter in Europa, attualmente ancora in corso. Nel corso dei mesi, l’UE ha chiesto che Musk rispettasse il DSA, con cui fino a poco tempo prima si era pure trovato in accordo.

L’egomania dietro la facciata libertaria

La già citata indagine, chiusa nel luglio del 2024 e che ha concluso che l’assegnazione delle spunte blu sarebbe ingannevole, rappresenta la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso; a questa, infatti, Musk ha risposto accusando pubblicamente la Commissione Europea di aver proposto un accordo illegale per “censurare i post silenziosamente”.

L’Unione Europea non è l’unico ente governativo con cui Elon Musk ha avuto o ha dei problemi. Solo nel mese di agosto, per esempio, il proprietario di X è entrato in rotta di collisione con il governo del Regno Unito; difatti, a seguito delle rivolte anti-immigrazione, Musk stesso si è lanciato in una campagna diffamatoria contro il premier Starmer, facendo pure uso di notizie false. Secondo alcuni commentatori, tale campagna avrebbe addirittura esacerbato le tensioni. Sempre in questo mese, il giudice Alexandre de Moraes della Corte Suprema brasiliana è arrivato a disporre la chiusura di X nel paese; tale decisione è arrivata dopo mesi di battaglia dovuti alla reticenza di Musk nel far rispettare un’ordinanza di sospensione di alcuni account che diffondevano messaggi d’odio. A seguito della sentenza, Musk ha risposto pubblicando sul proprio profilo X un meme denigratorio contro il giudice, trattamento già riservato anche al commissario UE Breton.

Negli ultimi tempi, invece, Musk ha mostrato una certa affinità con l’ex presidente USA e attuale candidato Donald Trump, che gli ha promesso un incarico. A proposito di questo, è opportuno citare di nuovo i Twitter Files, che avrebbero dimostrato una presunta “agenda liberale” della precedente proprietà di Twitter: Taibbi stesso, dopo averli esaminati, ha concluso che non ci fosse alcuna evidenza dell’oscuramento di notizie su Hunter Biden, come falsamente sostenuto dal magnate sudafricano. Diversi commentatori avrebbero fatto notare che i Twitter Files, più che dimostrare un orientamento liberale dell’azienda, dimostrerebbero il buon lavoro svolto dal team di moderazione. Inoltre, tornando sugli account sospesi dei giornalisti, la loro colpa potrebbe essere stata quella di aver criticato lo stesso Musk più volte nei mesi precedenti. Questa non sembra affatto una gestione adatta a chi, in teoria, vorrebbe difendere la libertà d’espressione a ogni costo, anche a scapito della sicurezza della piattaforma.

Paolo Vitrano per Questione Civile

Sitografia

  • www.eur-lex.europa.eu
  • www.agendadigitale.eu
  • www.westminsterdeclaration.org
  • www.wired.it
  • www.eunews.it
  • it.euronews.com
  • www.ansa.it
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