Caravaggio: il maestro del chiaro-scuro
Nel 1607 Caravaggio realizza una delle sue opere più significative durante il suo primo soggiorno a Napoli, un periodo che durerà all’incirca nove mesi. Dopo esser fuggito da Roma, dove aveva ucciso in duello Ranuccio Tommasoni, si rifugia nella vivace città partenopea, trovando accoglienza presso la famiglia Carafa-Colonna. Questa famiglia aristocratica non solo lo protegge, ma gli commissiona anche diverse opere, tra cui le celebri Sette opere di misericordia.
Il primo periodo napoletano di Caravaggio
In questo periodo, Caravaggio affronta temi che si discostano dalla sua precedente concezione artistica, incentrata su storie di uomini e situazioni quotidiane piuttosto che su concetti astratti. Si percepisce un cambiamento significativo nella sua opera: l’artista sembra avvicinarsi a un aspetto più cattolico della religione, abbracciando il principio dell’amore per il prossimo. Questo amore si realizza concretamente nelle opere di misericordia, una tematica che diventa centrale in quest’opera.
La Misericordia è un tema iconografico relativamente poco esplorato nell’arte italiana fino a quel momento. Sebbene avesse trovato una certa diffusione nei paesi del centro-nord Europa durante il Cinquecento, in Italia era stata frequentemente sostituita dall’immagine della Madonna della Misericordia. Questa iconografia, ampiamente rappresentata in opere di grande bellezza, come nel polittico di San Sepolcro di Piero della Francesca, rappresenta la divinità che protegge con il proprio mantello coloro che a lei si rivolgono. Con Caravaggio, invece, assistiamo a una rielaborazione audace e innovativa: egli riassume tutte e sette le opere di misericordia corporali, considerate condizioni essenziali affinché chi le compie possa accedere al regno dei cieli.
I due piani messi a confronto
La scena si svolge in un vicolo buio e sporco della Napoli del tempo. Caravaggio introduce un intenso raggio di luce che filtra da una finestra immaginaria in alto, illuminando e rivelando la scena con una potenza drammatica. La composizione è sapientemente suddivisa in due piani sovrapposti: il piano divino, rappresentato nel cielo, e il piano umano, ancorato alla terra.
Maria, nel contesto del cielo divino, diventa il motore dell’espansione del bene. In un amplesso d’amore, stringe a sé la figura di Gesù, creando un legame profondo e simbolico. Accanto a loro, due angeli, raffigurati mentre alzano uno specchio, rappresentano un aiuto reciproco. Queste figure, unite in un abbraccio profondo, evocano una conoscenza sensibile e castissima. L’adolescente, con i suoi riccioli corvini brillanti nella luce, sostiene il più giovane, conferendo a entrambe le figure un senso di beatitudine espansiva e di rinnovamento.
Scendendo al piano terrestre, Caravaggio rappresenta l’impegno di ogni singolo uomo ad offrire aiuto e ristoro. Le sette opere di misericordia sono evocate attraverso cinque figure con una chiara distinzione tra due momenti, indicati da due direzioni opposte: quella a destra e quella a sinistra del quadro. La parte destra del dipinto evidenzia tre atti di misericordia: seppellire i morti, visitare i carcerati e portare loro nutrimento. Queste immagini sono caratterizzate da un ritmo di grande calma e quiete, in cui il seppellire i morti è rappresentato con dignità, conferendo riposo al defunto.
Le sette opere di misericordia
Negli atti del visitare i carcerati e dare loro da mangiare, Caravaggio compie una scelta audace, consapevole delle sofferenze dei reclusi. Dipinge una giovane figura femminile dalle forme rotonde, che offre il suo seno al povero recluso, evocando un gesto di generosità e accoglienza. Questa scena rimanda al mito greco di Caritas Romana, in cui Cimone venne allattato dalla figlia Pero mentre si trovava in carcere, creando un collegamento potente tra il passato classico e la contemporaneità del suo tempo.
Mentre compie questo atto di offerta, la giovane volge lo sguardo verso la luce, che rivela l’altro lato della scena. Tutti i personaggi sono in movimento, con l’immagine principale del giovane al secondo piano, dotato di caratteristiche di benevolenza. Nella transizione tra due figure a terra, il giovane seminudo al primo piano e un altro rannicchiato con le mani giunte, il primo sta sguainando la spada per creare due lembi dal suo abito: uno per il giovane e l’altro per il febbricitante. Questo gesto riunisce le opere di vestire i nudi e curare gli infermi in un unico atto di misericordia.
Dietro di lui, un pellegrino indica dove accoglierlo offrendogli anche da bere per dissetarlo, completando così la rappresentazione di un gesto di cura e solidarietà. In questo modo Caravaggio non solo celebra le opere di misericordia, ma invita anche lo spettatore a riflettere sull’importanza dell’umanità e della compassione, temi che risuonano ancora oggi.
La tecnica pittorica di Caravaggio
I supporti utilizzati dall’artista sono sempre in tela o lino spesso a tessitura rada. La preparazione di base è scura e grassa mestica[1] ad olio e pigmento (terre). A volte nell’impasto si trovava della sabbia. Le sue pennellate sono rapide e sciolte ma al tempo stesso piene. Il disegno preliminare diventava un tutt’uno con l’abbozzo.
Secondo il Bellori, Caravaggio utilizzava il colore bruno della preparazione come mezzo tono per le penombre. Le zone di luce dell’incarnato venivano realizzate con il bianco di piombo, il quale veniva steso per toni sempre più chiari, fino ad arrivare alla pennellata di biacca pura. Le pennellate sono visibili anche grazie alle radiografie fatte a varie opere. Una tecnica caratteristica dell’artista era quella di stendere le velature senza lasciare essiccare il colore sottostante; in questo modo i vari strati risultano impastati insieme. La sua tecnica venne definita tecnica dell’impasto a corpo, tipica di molte aree del Mediterraneo.
L’eredità di Caravaggio
L’opera di Caravaggio rappresenta una sintesi potente di luce, ombra e significato, rivelando la sua abilità di tradurre temi complessi in immagini accessibili e toccanti. Con le Sette opere di misericordia, Caravaggio non solo lascia un’impronta indelebile nell’arte, ma offre anche un messaggio di speranza e umanità che continua a ispirare.
Elisa Diana Baldi per Questione Civile
Bibliografia
AA.VV., L’ultimo Caravaggio e la cultura artistica a Napoli, in Sicilia e a Malta, atti del convegno, Siracusa-Malta, aprile 1987, a cura di M. Calvesi col coordinamento di L. Striglia, Siracusa, Ediprint 198.
G. P. Bellori, Le vite de’ pittori, scultori e architetti moderni, 1672.
M. Calvesi, Le realtà del Caravaggio, Torino, Einaudi, 1990.
R. Longhi, Un originale del Caravaggio a Rouen e il problema delle copie caravaggesche, in “Paragone”, XI, n. 121, 1960, pp. 23-36.
[1] mèstica s. f. [der. di mesticare] – Nella tecnica della pittura a olio, mescolanza di vari colori diluiti con olio che si stende sul supporto (tela o legno) prima di dipingere.