La genesi del monumento dimenticato dedicato ai caduti della Resistenza e alle vittime della strage di Piazza della Loggia a Brescia
Il monumento dimenticato del Cimitero Vantiniano dedicato sia ai caduti della Resistenza che alle vittime della strage di Piazza della Loggia del 28 maggio 1974 di Brescia è un manufatto con una storia travagliata che ben presto si è ritrovato ai margini delle celebrazioni e della memoria.
La progettazione del monumento dimenticato
Nel decimo anniversario della strage di Brescia del 28 maggio 1974 viene inaugurato il Monumento ai caduti della lotta partigiana e alle vittime di piazza della Loggia, un monumento che unisce idealmente i caduti della Resistenza con quelli della strage di matrice neofascista.
Il manufatto ha una travagliata e lunga genesi, terminata a ridosso della stessa decima ricorrenza. Esso nasce dalla raccolta fondi a favore delle famiglie delle vittime che si concluse nel ’76 con la consegna del denaro rimanente al Comune di Brescia. I soldi avanzati vengono affidati all’amministrazione allo scopo di realizzare un monumento per ricordare i caduti. L’idea diviene concreta solo nel 1980 con la scelta del progetto dell’arch. Ignazio Gardella, scelta effettuata tramite concorso. La decisione finale rimase appannaggio della sola amministrazione, modalità che contribuì a creare polemiche e malumori nella popolazione bresciana.
Il monumento dimenticato si presenta come un recinto architettonico a pianta di triangolo rettangolo, che crea uno spazio sacrale e commemorativo nel cimitero Vantiniano. Al suo interno si presenta uno spazio rettangolare da dove, tramite le scale, si accede alla cripta-ossario. Tramite assi ortogonali, si riprende la stessa forma del cimitero, mentre lo spazio interno vuole essere percepito anche da chi sta all’esterno del monumento.
Lo scopo del progettista, secondo l’arch. Paolo Zermani, è mostrare le cadenze del tempo che trascorre, non limitandole al passato e al presente ma traslandole nell’avventura del futuro. Questa volontà comunicativa viene dimostrata dalla superficie interna vuota per successive epigrafi e lapidi. Lo stesso uso di materiali durevoli vuole essere testimonianza di un qualcosa che resiste al tempo ed alle epoche.
Le difficoltà all’interno della Giunta
Dalla progettazione alla realizzazione del monumento dimenticato passano ben quattro anni, una lentezza che pone il Comune al centro di polemiche e attacchi, disattendendo la richiesta di costruirlo in tempi brevi dopo la consegna dei fondi. Le critiche verso la Giunta sono numerose sia da parte di alcune componenti della cittadinanza che dai familiari delle vittime. Diverse forze politiche, in primis il Partito Comunista d’Italia (PCI), fanno pressioni tramite una interpellanza e una diffida in Giunta Comunale.
L’inerzia e l’incapacità di prendere una decisione rispetto alla realizzazione prosegue fino al 1984, anno nel quale inizialmente non si vide ancora alcun cantiere. Il PCI e il Partito Repubblicano diedero vita ad una interpellanza per chiedere l’immediato impegno in vista del decennale per ripianare le continue inadempienze. Finalmente, nei mesi a ridosso del decennale, cominciano i lavori con un ritardo che comporta una certa frettolosità nell’edificazione del monumento. Il Giornale di Brescia del 29 maggio 1984 riporta che l’acre odore del cemento fresco dimostra che si è riusciti nell’intento proprio in extremis, una testimonianza che rende perfettamente la sensazione che i lavori si siano ridotti all’ultimo minuto.
Le critiche all’intero della società bresciana per il monumento dimenticato
Le polemiche non si fermano solo al Consiglio Comunale, ma hanno diverse sfaccettature. Sul ritardo nella realizzazione i parenti delle vittime già nel 1980 tramite Manlio Milani esprimono forti critiche e ritengono questa lentezza una scelta politica precisa. Lo scopo è, a detta del futuro presidente di Casa della Memoria, di far dimenticare la risposta popolare nata dopo la strage. Oltre a questa Milani insinua la volontà di far dimenticare gli impegni politici e trasformare il significato della strage in sterile commemorazione rituale. Questa inerzia viene recepita anche dallo stesso arch. Gardella nelle difficoltà di inizio dei lavori e nelle comunicazioni con la Giunta.
Un’altra realtà importante in questa vicenda è l’ANPI[1], che descrive severamente il monumento come «brutto, impraticabile e fuori mano». L’associazione critica anche la volontà di trasportare, come in teoria previsto, i caduti della Resistenza in questo luogo, considerato che i caduti sono per la gran parte sparsi nella Provincia. Questo spostamento toglierebbe ai cari dei caduti la possibilità di fargli visita. La critica, infine, si estende al manufatto, suggerendo che sarebbe meglio costruirlo sul viale del cimitero e non nel luogo prefissato ritenuto assai celante.
Questa collocazione defilata è una delle caratteristiche maggiormente criticate da parte di molti cittadini attraverso alcune interviste del Bresciaoggi. In esse, si giudica l’opera come nascosta e poco fruibile e si insinua una volontà occultatrice in quanto «morti scomodi».
Un monumento dimenticato e poco vissuto
Nel monumento dimenticato trovano riposo solamente sei delle vittime della strage, in quanto due riposano nei propri paesi d’origine. Anche i caduti della Resistenza bresciana continuano a riposare nelle valli e nei propri paesi nativi.
Il monumento stesso cade nell’oblio in quanto per anni la realizzazione rimane ignorata dalle celebrazioni ufficiali e dai momenti collettivi legati alla memoria della strage. Solamente dal 1994 diventa uno dei luoghi dove si tengono i momenti celebrativi connessi alla strage. La cerimonia, che apre l’anniversario della strage ogni anno, consiste in una messa celebrata dal Vescovo in onore dei caduti della strage e della Resistenza, momento nel quale presenziano i parenti delle vittime e le autorità cittadine ed eventuali invitati ad assistere e partecipare alle celebrazioni ufficiali. Questo evento ricorrente rimane unico ed isolato, in quanto per il resto dell’anno rimane ignorato e non considerato. Una delle motivazioni è senza dubbio anche la posizione defilata e nascosta rispetto all’ingresso principale.
Lo storico Gianfranco Porta ritiene questo monumento come una sostanziale «metafora dolorosa di un fallimento» vissuto solamente per le occasionali cerimonie e assente dall’immaginario collettivo, un luogo della memoria dimenticato e svuotato in quanto non vissuto e che si riattiva solamente in maniera artificiale negli sporadici momenti commemorativi.
Per molto tempo queste considerazioni hanno influenzato la visione dei monumenti ponendo la colonna sbrecciata danneggiata dall’esplosione come l’unico simbolo tangibile e rappresentativo della strage, per quanto anch’essa oggi rimane in secondo piano rispetto alla stele e al presente recinto commemorativo presente in piazza Loggia.
Ad oggi questo sacrario rimane zoppo e non solamente per la non presenza di alcune vittime, ma per la scarsa considerazione che gli viene attribuita. Un luogo della memoria senza vita collocato nel cimitero più grande e monumentale della città di Brescia.
Flavio Ferri per Questione Civile
Bibliografia
Bianca Bardini, Stefania Noventa, 28 maggio 1974 strage di piazza della Loggia. Le risposte della società bresciana, Casa della Memoria, Brescia, 2008.
Manlio Milani, Dieci anni per un monumento, in Sindacato-Oggi, 28 maggio ’74: la strage 1984: oltre la memoria, coop. Venerdì 13 Editrice, Brescia, 1984.
Gianfranco Porta, La memoria difficile. Percorsi e testimonianze, in Carlo Simoni (a cura di), Memorie della strage. Piazza Loggia 1974-1994, Grafo Editore, Brescia, 1994.
Carlo Simoni, Ricordare, commemorare, celebrare. Cronache del 28 maggio, in Carlo Simoni (a cura di), Memorie della strage. Piazza Loggia 1974-1994, Grafo Editore, Brescia, 1994.
Paolo Zermani, Ignazio Gardella, Editori Laterza, Bari, 1991.
[1] Associazione Nazionale Partigiani d’Italia.