Il latino nell’antichità: materiali didattici e strategie educative

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In che modo e per quali ragioni i parlanti greco imparavano il latino nell’antichità classica

Il latino è per noi contemporanei una delle lingue letterarie per eccellenza. Per chi lo abbia studiato durante il proprio percorso scolastico, esso porta con sé il ricordo di lunghe versioni e insidiose regole grammaticali, declinazioni e coniugazioni da mandare costantemente a memoria.

Tuttavia, al di là delle innegabili difficoltà che lo studio di tale lingua pone a ogni suo studente, il latino è innanzitutto, nell’immaginario comune, la lingua in cui sono stati scritti alcuni dei più importanti e suggestivi capolavori letterari della storia mondiale. Per tutti i Paesi dell’Occidente, inoltre, le lingue classiche sono considerate depositarie dei valori fondativi della propria cultura. Pensare al latino significa dunque pensare all’Eneide di Virgilio, alle orazioni di Cicerone, alle opere storiografiche di Cesare o di Tacito, o ancora al carpe diem e all’aurea mediocritas oraziani e all’incredibile e sterminato patrimonio letterario tardo-antico, cristiano e medievale.

In età classica, però, il latino non godeva della stessa considerazione di cui gode oggi. Se per i contemporanei è una lingua di cultura, gli antichi non erano dello stesso avviso. Le testimonianze pervenute fino a noi dimostrano che molti individui non di madrelingua latina lo imparavano per ragioni prettamente pratiche, mentre era il greco a detenere il primato di lingua di cultura, oltre che di lingua franca da tutti compresa, conosciuta e parlata. Educare i propri figli a parlare fluentemente il greco fin da piccolissimi sotto la tutela di un precettore di madrelingua greca era prassi consolidata tra i ceti benestanti dell’antica Roma.

Learning Latin the Ancient Way di Eleanor Dickey

Tuttavia, seppur per ragioni di tipo pratico, l’apprendimento del latino era nel mondo antico più comune di quanto pensiamo. Eleanor Dickey, docente di lettere classiche presso l’Università di Reading, ha dedicato la sua ricerca all’approfondimento dei metodi e materiali didattici impiegati dagli antichi per il suo insegnamento. Ne è risultato il libro Learning Latin the Ancient Way, in cui l’autrice offre una preziosissima selezione di materiali antichi, tra cui dizionari, grammatiche, lettere e un’opera molto interessante: i Colloquia degli Hermeneumata Pesudodositheana, la principale raccolta di materiali bilingui conservati dalla tradizione medievale. Devono il loro nome a Dositeo, grammatico attivo nel IV secolo d.C., ma gli studiosi ritengono oggi che non abbiano alcun legame con l’antico studioso. Si tratta di nove differenti versioni di un testo di lingua contenente un glossario alfabetico, dialoghi e altri testi bilingui. La loro peculiarità è che tutto ciò che contengono è bilingue.

I Colloquia: uno strumento fondamentale per l’insegnamento del latino

I Colloquia contengono dialoghi facili e brevi ambientati nei luoghi pubblici più popolari dell’antica Roma, come templi, bagni pubblici, mercati e banche. Curiosamente, riportano anche un elenco di buone scuse adatte a diverse situazioni, perciò, oltre a insegnare a parlare in latino, erano progettati per fornire agli studenti una conoscenza basilare degli aspetti essenziali della cultura romana antica.

Quest’aspetto ci fa capire, dunque, come i metodi contemporanei per insegnare le lingue straniere non siano poi così diversi da quelli antichi. Tali dialoghi sono stati scritti nella parte orientale dell’Impero romano da vari autori, nel secondo, terzo e quarto secolo dopo Cristo. Le parti più famose dei Colloquia provengono però dalle regioni occidentali ed erano originariamente destinate all’insegnamento del greco ai bambini romani. Tali sezioni sono composte principalmente da scene di vita quotidiana di un bambino romano, dal risveglio fino all’ora di pranzo. Risalgono al I secolo d.C., ma non è escluso che siano addirittura precedenti, ed è possibile che anche Cicerone e Attico li abbiano utilizzati per imparare il greco da bambini.

Sfortunatamente, gli originali sono andati perduti, e ciò che è giunto fino a noi è un insieme di versioni rivedute e riadattate all’apprendimento del latino nell’Oriente greco. In generale, la lingua in cui sono redatti è il frutto di una mescolanza di lingua colloquiale del tempo degli scrittori, cioè di un periodo compreso indicativamente tra il I e il IV secolo d.C., con alcuni elementi peculiari di periodi precedenti.

L’importanza del latino nell’esercizio della professione legale

Alcuni dialoghi dei Colloquia hanno per protagonisti avvocati impegnati nelle loro attività quotidiane, poiché uno dei principali motivi per cui si imparava il latino era connesso proprio alla professione legale. Infatti, quando l’Impero romano conquistò le aree di lingua greca dell’Oriente, anche il diritto romano si diffuse con esso. Tutti gli aspetti del diritto dovevano essere svolti in latino, anche se nella pratica nelle regioni orientali dell’Impero romano i procedimenti giuridici erano più flessibili di quanto previsto. I testamenti, ad esempio, dovevano essere scritti in latino, ma nella realtà venivano spesso redatti in greco e poi tradotti in latino solo in un secondo momento. Anche i discorsi in tribunale dovevano essere tenuti in latino, ma le parti in causa discutevano in greco e solo le formule ufficiali venivano pronunciate in latino.

Tuttavia, il latino era molto importante e gli avvocati che non erano di madrelingua latina dovevano impararlo per poter esercitare correttamente la loro professione. Le scene dei Colloquia in cui sono coinvolti avvocati, però, non sono realistiche, poiché essi sono sempre ritratti vincitori delle loro cause, ben pagati e lodati dai loro clienti, e anche quando sono disoccupati, un nuovo cliente arriva prontamente a offrire loro un nuovo impiego fidandosi ciecamente della loro professionalità. Tuttavia, le loro condizioni nell’antica Roma erano nella realtà molto meno rosee, perciò Eleanor Dickey sostiene che la professione legale veniva rappresentata come felice e prospera per incoraggiare gli aspiranti giuristi a proseguire gli studi.

Il latino come lingua ufficiale dell’esercito romano

Un’altra ragione per imparare il latino era legata alla professione militare. L’esercito romano non era interamente composto da madrelingua latini, ma la sua lingua ufficiale era il latino, pertanto conoscerlo poteva facilitare la comunicazione tra i soldati di tutto l’Impero. Inoltre, la presenza dell’esercito in una certa area poteva avere un grande impatto sull’economia locale, e i locali che speravano di vendere i loro prodotti ai soldati ritenevano che parlare latino potesse migliorare il loro commercio. Questo fatto è provato da materiali di apprendimento della lingua, chiaramente collegati all’esercito, così come da manuali progettati per impartire abilità di conversazione di base agli individui che dovevano trattare con l’esercito o interagire con i viaggiatori di lingua latina in Oriente.

Tra i materiali didattici antichi non ci sono prove che un i parlanti greco imparassero il latino per viaggiare. Proprio perché il greco era la lingua franca dell’antichità, infatti, nell’Occidente dell’Impero erano pochi coloro che non lo parlavano. In generale, i grecofoni studiavano il latino da giovani adulti per acquisire competenze professionali specifiche, e non era necessario studiarlo fin dall’infanzia poiché non era considerato utile all’istruzione come lo era invece la lingua greca per un giovane romano.

Il sistema bilingue per lo studio dei principianti

È difficile ricostruire l’ambiente in cui il latino veniva appreso, ma, dato che non veniva insegnato attraverso canali istituzionali (come le scuole), possiamo immaginare che fosse studiato in contesti informali. Dai materiali che ci sono pervenuti dal passato, sappiamo che gli studenti iniziavano il loro studio con l’alfabeto. Leggevano in seguito semplici e brevi testi latini concepiti per i principianti, accompagnati riga per riga da una traduzione in greco e pensati per essere memorizzati. I testi utilizzati in questa fase erano per lo più piccoli dialoghi riguardanti attività quotidiane che gli studenti dovevano svolgere in questa fase dell’apprendimento della lingua, come fanno molti libri di testo moderni a livello introduttivo. Un’attività quotidiana nell’antica Roma poteva essere, ad esempio, andare ai bagni pubblici.

Questo sistema bilingue veniva utilizzato anche per testi letterari semplici che i principianti potevano leggere senza particolari difficoltà, come le storie della guerra di Troia, le favole di Esopo, la mitografia, i testi giuridici e i passi delle Catilinarie di Cicerone e i primi libri dell’Eneide. I principianti studiavano inoltre i paradigmi e la sintassi dei casi, ed è molto probabile che questa parte risultasse loro particolarmente ostica, in quanto le grammatiche erano scritte solo in latino. Nell’antichità, infatti, vigeva la convenzione per cui i testi di grammatica dovevano essere scritti, paradossalmente, nella lingua che spiegavano.

Dai testi bilingui ai testi monolingue

Una volta raggiunto un buon livello, gli studenti prendevano confidenza con i testi latini monolingue, come brani tratti dal De coniuratione Catilinae di Sallustio, dall’Andria di Terenzio, dalla Medea di Seneca e da altre opere di Cicerone, Virgilio e Giovenale. Probabilmente dovevano tradurli o parafrasarli, come dimostra la presenza di glosse sulle parole difficili dei testi. Inoltre, i segni di quantità appuntati sulle vocali, ci fanno capire che ai discenti era richiesti di leggere in metrica ad alta voce.

Naturalmente, i dizionari avevano un ruolo fondamentale nel processo di apprendimento. Ne esistevano molti tipi: alcuni erano raccolte generali di parole in ordine alfabetico, come i nostri dizionari moderni; altri erano elenchi di termini organizzati per argomento, cioè glossari classificati. Questi ultimi venivano utilizzati in particolare per imparare a memoria nuove parole. Abbiamo però le prove che molti studenti non erano interessati a raggiungere la capacità di scrivere: miravano solo a raggiungere la competenza orale, quindi imparavano il latino traslitterato con lettere greche, senza studiare l’alfabeto. Sono sopravvissuti diversi materiali traslitterati, come glossari, colloqui e anche liste di paradigmi.

La tradizione papiracea e manoscritta dei testi antichi di lingua latina

Tutti questi materiali sono conservati su papiri ritrovati in Egitto e altri sono giunti a noi attraverso manoscritti medievali. È grazie ai papiri che abbiamo testimonianze di attività specifiche, come l’apprendimento dell’alfabeto o l’uso di testi traslitterati. Per quanto riguarda la tradizione manoscritta medievale, occorre sottolineare che essa è solo occidentale, poiché il latino non fu più studiato a Bisanzio e nel resto dell’Impero romano d’Oriente.

Martina Marzo per Questione Civile

Bibliografia

Eleanor Dickey, Learning Latin the Ancient Way: Latin Textbooks from the Ancient World, Cambridge University Press, 2016.

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