L’immaginario dantesco nella pittura del XIX secolo

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La rappresentazione dell’immaginario dantesco: l’episodio del XXXIII canto dell’Inferno

«Poscia, più che ‘l dolor poté ‘l digiuno»

(v. 75, Canto XXXIII, Inferno)

Nel corso dell’Ottocento, ma già sul finire del Settecento, cominciò in pittura a farsi strada un’attenzione sempre maggiore nei confronti di un altro tipo di storia. L’antichità classica, greca e romana, non era più l’unico punto di riferimento a cui tendere: iniziò ad essere esplorata anche la storia che si riferiva ad un passato più prossimo, e che affondava le sue radici nella cultura e nella letteratura del Medioevo.

Le principali fonti di ispirazione: Dante Alighieri e la letteratura trecentesca

Tra le prime fonti di ispirazione in questo senso si delineano quelle di tipo prevalentemente letterario: si pensi ad Eugène Delacroix e alla celebre tela La barca di Dante (1822), nella quale rappresenta un noto passo tratto dalla Divina Commedia. In effetti fu proprio il sommo poeta una delle prime matrici di questa storia ben più “vicina”, relativa al Medioevo e alla prima età moderna, e che si fece strada nel cuore dell’arte fin dal XVIII e successivamente XIX secolo.

Eugène Delacroix (1798-1863). La barca di Dante. 1822, Olio su tela, 189 x 241 cm. Parigi, Museo del Louvre

Dante Alighieri fu dunque una delle prime autorità letterarie non antiche che presero piede nella fantasia e nell’immaginazione sia letteraria, sia delle arti visive. Tuttavia, è interessante notare come in Inghilterra, dove fino al 1802 non esisteva una traduzione completa in inglese della Divina Commedia, erano già state eseguite sul finire del Settecento alcune rappresentazioni di episodi tratti dall’opera dantesca. Questo accadde poiché alcuni passaggi erano già stati tradotti e avevano trovato terreno fertile nell’immaginazione e nel sentimento comune dell’epoca, specialmente nel Regno Unito.

L’immaginario dantesco in pittura: l’episodio del Conte Ugolino (Canto XXXIII, Inferno)

Uno degli episodi maggiormente riprodotti in pittura dell’immaginario dantesco è l’episodio riferito al conte Ugolino della Gherardesca (Canto XXXIII, Inferno). Tratta di un nobile ghibellino che, durante le impetuose vicende tra le fazioni comunali due-trecentesche, fu sconfitto e tenuto prigioniero a Pisa, rinchiuso in una torre assieme ai figli, dove morì di fame. Più nello specifico, l’episodio forse più macabro si riferisce proprio alla necessità che spinse il conte Ugolino a cibarsi dei figli per prolungare la propria vita.

Un passo macabro che contiene in sé tutti gli elementi del passato medievale europeo, e che nel Regno Unito, verso la fine del Settecento, divenne anche un episodio funzionale a richiamare fatti storici della contemporaneità: la vicenda era collegabile alle pressioni e ai movimenti di rivolta avviati verso la seconda metà del XVIII secolo nelle colonie del Nord America, che spingevano verso l’ottenimento della libertà da parte della Corona britannica, una sorta di ribellione contro i soprusi di un “illegittimo padrone”.

L’immaginario dantesco secondo il pittore inglese Joshua Reynolds (1723-1792)

A questo proposito, il primo importante artista che si ispirò al passo del conte Ugolino nel Regno Unito fu Joshua Reynolds. Con il dipinto Count Ugolino and his Children (1773), presentato alla Royal Academy nel 1775, l’episodio del conte Ugolino si riconnette direttamente ai rivoltosi nordamericani.

Joshua Reynolds (1723-1792). Count Ugolino and his Children. 1773, Olio su tela, 72 x 52 cm. Regno Unito, Sevenoaks, Knole House, National Trust Collection

È da sottolineare come Reynolds fosse in ottimi rapporti con il filosofo e scrittore Edmund Burke ed è probabile che fosse stato proprio quest’ultimo ad avergli suggerito il soggetto da raffigurare, in un momento in cui lo stesso Burke era impegnato a pubblicare i noti discorsi a favore dell’Indipendenza americana. Nell’opera di Reynolds è quindi possibile individuare il conte Ugolino quale rappresentazione della libertà ricercata contro l’oppressore.

Nell’immagine si vede una figurazione che si discosta ampiamente dal gusto e dallo stile del Neoclassicismo. Reynolds presenta qui un momento che è probabilmente quello in cui il conte sente sbarrare la porta della sua cella e comprende quale sarà il suo destino, e i figli presenti, specialmente i più vecchi, si danno alla disperazione, mentre il più piccolo sembra invece guardare attonito il padre, non comprendendo la gravità della situazione.

L’immaginario dantesco a confronto tra Johann Heinrich Füssli (1741-1825) e William Blake (1757-1827)

Il tema del conte Ugolino rimase un episodio molto importante per altri artisti operanti in Inghilterra e in Europa, come poteva esserlo per un pittore quale Johann Heinrich Füssli, che nel 1806 dedicò un dipinto all’episodio dantesco, scegliendo, al contrario di Reynolds, il momento finale del dramma, cioè Ugolino e i figli muoiono di fame nella torre.

Johann Heinrich Füssli (1741-1825). Ugolino e i figli muoiono di fame nella torre. 1806, Incisione. Svizzera, Zurigo, Kunsthaus

Füssli predilige l’attimo più tragico, quello della conclusione della vita dopo giorni, settimane, mesi di stenti e di inedia. L’opera vede Ugolino che sta già assaggiando le carni dei suoi figli per prolungare la sua vita in una dimensione cupa e medievale, una cella, una prigione, in una rappresentazione che ricorda da una parte il Padre Eterno con il Cristo morto sulle ginocchia, dall’altra ancor più un Saturno che sta mangiando i suoi figli.

Anche William Blake non si sottrae alla rappresentazione di questo passo dantesco. Nella sua edizione illustrata della Divina Commedia, realizzata fra il 1824 e il 1827, dedicò un’incisione proprio a questo episodio, il Conte Ugolino e i suoi figli in prigione. Tuttavia William Blake, al contrario di Füssli dove il conte Ugolino appare come un Saturno che sta mangiando i suoi figli, infonde la scena di una speranza divina, per cui il protagonista sembra quasi proteggere i figli dal destino inesorabile.

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William Blake (1757-1827). Conte Ugolino e i suoi figli in prigione. 1824-1827, Penna, tempera e oro su tavola, 33 x 44 cm. Regno Unito, Cambridge, The Fitzwilliam Museum

La Divina Commedia tra pittura e scultura nel XIX secolo

Infine, a dimostrazione che questo specifico episodio, e più in generale l’opera di Dante, furono di persistente ispirazione per l’immaginario collettivo e artistico dell’Ottocento europeo si osservino altre due opere.

La prima fu dipinta nel 1860 da Eugène Delacroix (1798-1863), che realizzò così una seconda opera dedicata a illustrare le vicende tratte dalla Divina Commedia. L’artista in Ugolino e i suoi figli nella torre presenta il protagonista quasi come un penitente nella sua cella attorniato dai figli, alcuni già morti di fame. Una rappresentazione ancora molto cupa, scenografica, illuminata dalla sola finestrella della cella.

Eugène Delacroix (1798-1863). Ugolino e i suoi figli nella torre. 1860, Olio su tela, 50 x 61 cm. Copenaghen, Ordrupgaard Museum

Invece qualche anno più tardi, nel 1880, fu Auguste Rodin (1840-1917) a dare una rappresentazione scultorea del conte Ugolino (in varie versioni tra il 1882 e il 1906). Il conte Ugolino è abbarbicato a terra, ormai completamente consunto dalla fame, sopra ai propri figli con uno sguardo di disperazione e imminente morte.

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Auguste Rodin (1840-1917). Ugolin. 1882 circa, Gesso, 139,2 x 173 x 278, 6 cm. Parigi, Museo Rodin

Il contesto artistico offre altri numerosissimi esempi di pittori e scultori che guardarono all’opera del sommo poeta quale fonte di ispirazione. Si è selezionato un canto ben preciso, le vicende del conte Ugolino, per tracciare un breve sentiero di sintesi e di comprensione di come, tra Settecento e Ottocento, il Medioevo con la sua storia e la sua letteratura iniziò a suscitare una fascinazione enorme in tutta Europa, tanto per l’arte quanto per la scultura.

Matteo Mazzonetto per Questione Civile

Bibliografia

  • Yates A. F., Transformations of Dante’s Ugolino, in Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, vol. 14, n. 1-2 (1951), pp. 94, 99, 108-109.
  • E. Querci, Dante Vittorioso. Il mito di Dante nell’Ottocento, Umberto Allemandi, Torino 2011.
  • G. Brunelli, F. Mazzocca, A. Paolucci, E. Schmidt, Dante. La visione dell’arte, catalogo della mostra (Forlì, Musei San Domenico, 30 aprile – 11 luglio 2021), a cura di G. Brunelli, F. Mazzocca, A. Paolucci, E. Schmidt, Silvana Editoriale, Milano 2021.

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