Trump vs Zelensky: Occidente nel caos

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Trump vs Zelensky: scontro tra Presidenti

Il recente incontro nello studio ovale della Casa Bianca tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, un evento ampiamente preparato e trasmesso in mondovisione, potrebbe segnare un punto di non ritorno nella diplomazia occidentale. 

Questa scena rappresenta simbolicamente la fine del buoncostume istituzionale, mettendo in luce la crisi della diplomazia occidentale, ormai compromessa da conflitti come la guerra in Ucraina e quello israelo-palestinese. In un contesto geopolitico sempre più instabile, il cambiamento radicale nell’approccio della nuova amministrazione statunitense sembra essere arrivato a ribaltare la fallimentare politica estera dell’era Biden, suscitando imbarazzo tra i più stretti alleati europei.

La strategia internazionale di Trump, pur di fronte alla preoccupazione generale per la stabilità globale, sembra avere come unico obiettivo quello di strappare, a qualunque costo, la Russia dalla sfera d’influenza cinese, anche a costo di sacrificare l’Ucraina e compromettere le relazioni con gli alleati europei, considerati deboli e poco determinanti nel nuovo ordine globale multipolare.

Questo approccio, seppur controverso, riflette una visione neo-realista della politica estera che Trump, seppur più cautamente, ha portato avanti anche durante la sua precedente amministrazione.

Una visione in cui nessun principio e nessun quadro valoriale vengono anteposti agli interessi nazionali e alla strategia di potenza. In altre parole, l’America non è più disposta a sacrificare la propria posizione internazionale in favore di alleanze che non risultano più efficaci o funzionali agli interessi strategici di Washington. È un chiaro esempio di “Whatever it takes” geopolitico, che espone l’Occidente a scenari destabilizzanti, complicando ulteriormente la gestione di alleanze storiche come quella con i partner europei.

La politica di Trump sull’Ucraina: una scala di priorità

Con la sua ennesima mossa diplomatica, Trump ha messo in chiaro la sua posizione sulla questione Ucraina. Piuttosto che concentrarsi sulla difesa di un’alleanza che considera ormai disfunzionale agli interessi americani in Europa, il presidente americano si propone di ottenere qualcosa dalla firma dei Trattati di Pace, come un accordo su alcuni giacimenti strategici nell’Ucraina occidentale. Un obiettivo che, seppur discutibile dal punto di vista del diritto internazionale, sottolinea un cambio radicale rispetto alla politica estera dell’amministrazione Biden. Trump è pronto a sacrificare l’Ucraina pur di portare avanti una nuova visione strategica che veda l’Occidente contrapposto a Pechino, piuttosto che alla Russia. Questa scelta, che passa inevitabilmente per la disgregazione territoriale dell’Ucraina, segna un passo significativo verso un nuovo e pericoloso approccio alle relazioni internazionali, dove gli interessi geopolitici e geoeconomici prevalgono sulle tradizionali alleanze e sulla condivisione dei valori democratici.

Questo cambio di rotta, in linea con l’approccio neo-realista di Trump, mette in evidenza la distanza crescente tra gli Stati Uniti e l’Europa. La crisi di potenza ereditata dall’amministrazione Biden e la necessità di contenere l’espansione cinese hanno portato Trump a rivedere la sua posizione sull’Europa, considerata ormai una potenza secondaria e incapace di determinare l’andamento degli equilibri internazionali.

Il rischio di una disgregazione della NATO

Con la retorica della potenza e una nuova strategia estera che pone gli Stati Uniti al centro della scena, la NATO sembra essere messa in discussione. La storica alleanza transatlantica, che ha garantito la stabilità dell’Occidente per oltre settant’anni, potrebbe presto diventare superflua o, peggio, un ostacolo per gli interessi statunitensi. Se da una parte Trump continua a denunciare l’incoerenza della NATO, dall’altra si erge un interrogativo cruciale: come può l’Europa, indebolita e frammentata, ottenere un ruolo di prim’ordine nel contesto geopolitico globale?

L’alleanza tra gli Stati Uniti e l’Europa è sempre stata un punto fermo del nuovo ordine mondiale post-Yalta, ma ora, con il ritiro strategico degli Stati Uniti dal vecchio modello di leadership globale, l’Europa sembra non avere né le risorse né la coesione politica necessarie per sostenere una politica estera indipendente. Questo scenario potrebbe minare le fondamenta stesse della NATO, costringendo gli Stati Uniti a ripensare il loro ruolo all’interno dell’alleanza e forse a considerarla non più necessaria.

L’Europa e la sua fragilità strutturale

L’Unione Europea, in questo scenario, appare sempre più impotente. La sua divisione interna, la debolezza strutturale e l’assenza di una politica estera unitaria la rendono un attore geopolitico sempre meno rilevante. La mancanza di un esercito comune, di una capacità di difesa autonoma, di una sovranità e indipendenza nell’approvvigionamento delle risorse, rende l’Europa inesorabilmente vulnerabile agli eventi internazionali, senza alcuna possibilità di influenzare gli esiti.

Da circa ottant’anni l’Europa viene protetta militarmente dagli Stati Uniti d’America, ma ora questa protezione sta venendo meno. Gli europei, ormai abituati a vivere sotto la tutela americana, si trovano impreparati ad affrontare un mondo che cambia velocemente, dove le tradizionali alleanze non sono più sufficienti per garantire la loro sicurezza e il loro benessere economico. L’Unione Europea, priva di una visione geopolitica chiara, sembra destinata a subire gli eventi, piuttosto che a guidarli.

La propaganda del “terzo conflitto mondiale” come “leva” della politica estera trumpiana

Uno degli aspetti più inquietanti di questa nuova fase della politica internazionale è la retorica del rischio di un terzo conflitto mondiale, alimentata sia dalla propaganda russa che dalle dichiarazioni di Trump. Sebbene questo tipo di retorica serva a giustificare politiche aggressive e a mobilitare le opinioni pubbliche, è importante comprendere che il rischio di un conflitto su scala mondiale rimane del tutto remoto. La Russia, pur continuando a rivendicare la sua influenza in alcune aree dell’Europa orientale, non è interessata a un conflitto diretto con l’Occidente.

La geopolitica è molto più complessa di quanto appaia nei discorsi di propaganda. La Russia, pur continuando a perseguire la sua strategia di rafforzamento delle aree di influenza e nel Mediterraneo, non ha intenzione di lanciarsi in una guerra totale con i Paesi europei. I suoi obiettivi geopolitici riguardano la costruzione di una zona di sicurezza strategica che si estenda sullo spazio europeo orientale, il Medio Oriente e l’Artico, dove Mosca può consolidare il controllo su risorse strategiche vitali.

D’altro canto, gli Stati Uniti concentrano la loro attenzione sulla Cina, un avversario molto più potente e in repentina espansione economica e militare.

Con la crescita dei BRICS e l’upgrade di potenza della Cina nel Sud globale, Washington vede in Pechino una minaccia esistenziale che potrebbe minare la sua supremazia geopolitica e mettere a rischio la stabilità dei mercati globali. In questo contesto, l’Europa diventa un mero spettatore di una partita più grande, incapace di influire sugli sviluppi più significativi.

Un periodo buio per l’Occidente

In questo scenario, l’Occidente si trova a vivere un periodo di incertezze e cambiamenti destabilizzanti. Le vecchie certezze che hanno caratterizzato l’ordine mondiale dal secondo dopoguerra sembrano svanire, lasciando spazio a nuove dinamiche geopolitiche. I principi democratici, che un tempo sembravano un faro per l’intero Occidente, sembrano perdere terreno, mentre la competizione tra Stati Uniti, Russia e Cina si intensifica. 

L’Europa, incapace di trovare una sua visione politica unitaria, è destinata a rimanere ai margini di questa nuova geopolitica multipolare, senza la forza necessaria per influenzare gli sviluppi globali. In questo contesto, molti rimpiangeranno l’epoca della guerra fredda, quando, pur tra conflitti ideologici, esistevano punti di riferimento chiari e principi difficili da negoziare.

L’Occidente sembra essere sprofondato in una fase di destabilizzazione senza precedenti, senza una visione del mondo chiara e unitaria, senza unità d’intenti e di valori.

Alessio Costanzo Fedele per Questione Civile

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