Riconoscere e affrontare la celiachia: un approccio consapevole
La celiachia è un’enteropatia infiammatoria cronica, con tratti di autoimmunità e interessamento sistemico che viene scatenata nell’organismo dall’ingestione di glutine in individui geneticamente predisposti. Il glutine è un complesso proteico presente in molti cereali ed è costituito da due proteine, la gliadina e la glutenina. È contenuto nei cereali quali l’orzo, il frumento e la segale.
In Italia oltre 200.000 pazienti hanno una diagnosi conclamata di celiachia con una prevalenza all’incirca pari all’1%, ma, tenendo conto dei casi non diagnosticati e degli asintomatici, il numero effettivo risulta essere il triplo. La reazione immunitaria, se non diagnosticata e curata, scatena un’infiammazione a livello dell’intestino tenue che impedisce il corretto assorbimento dei nutrienti.
Il persistere di questa risposta produce un’infiammazione che danneggia i villi intestinali, le strutture dell’intestino tenue deputate all’assorbimento dei nutrienti, causandone un appiattimento e di conseguenza un’incapacità di assorbire i nutrienti. Il danno intestinale può causare perdita di peso, gonfiore e talvolta diarrea. Il malassorbimento in particolare di vitamine e minerali può causare danni a diversi organi tra cui sistema nervoso, il sistema scheletrico e l’apparato riproduttivo.
La storia dell’individuazione della celiachia
I primi timidi tentativi di individuazione di questa patologia furono ad opera di Samuel Gee nel 1888 che ne descrisse i sintomi dettagliati sia negli adulti che nei bambini, predicendo che l’unico trattamento consistesse in una dieta adeguata, che però identificò erroneamente nel consumo di patate, banane e frumento.
Infatti, solo nel 1945, il pediatra olandese Willem Karel Dicke identificò nella farina di frumento l’agente responsabile dei sintomi nei bambini celiaci. Il pediatra osservò che in seguito alla carestia che colpì l’Europa settentrionale durante la seconda guerra mondiale e la conseguente eliminazione forzata del glutine della dieta, i bambini celiaci presentarono un improvviso miglioramento dei sintomi e una crescita staturale.
Alla fine della guerra, in seguito agli aiuti alimentari che arrivarono in Olanda, che consistevano prevalentemente in pane e pasta, i bambini diagnosticati con celiachia ripresentarono in breve tempo i sintomi gastro-intestinali del morbo celiaco.
I sintomi della celiachia
Segni e sintomi della celiachia possono variare notevolmente e possiamo distinguere tra sintomi intestinali e sintomi extra intestinali. I sintomi classici sono infatti tipici delle sindromi da malassorbimento quali diarrea, crampi addominali, meteorismo e soprattutto perdita di peso dovuta al malassorbimento delle sostanze nutritive. Molti soggetti celiaci sono però asintomatici da un punto di vista gastrointestinale; infatti, rientrano in uno stadio di celiachia latente, silente o potenziale. Se osserviamo i segni ed i sintomi extra-intestinali suggestivi di celiachia questi includono:
- anemia, solitamente derivante da carenza di ferro;
- aumento di transaminasi;
- alterazioni del metabolismo osseo, quali osteopenia e osteoporosi;
- debolezza muscolare;
- alopecia;
- stomatite e ulcere aftoidi;
- cefalea.
La predisposizione genetica
I test di istocompatibilità possono essere utili in determinate situazioni cliniche. Più del 95% dei pazienti celiaci presenta l’aplotipo dell’antigene leucocitario umano (HLA) di due tipi: HLA-DQ2 o HLA-DQ8 sebbene questi aplotipi non siano particolarmente specifici per la celiachia. Tuttavia, considerata l’elevata sensibilità, i test che non mostrano HLA-DQ2 o -DQ8 possono efficacemente escludere la celiachia.
Il titolo anticorpale nella diagnosi
I markers sierologici risultano avere un ruolo importante nel supportare la diagnosi. Gli anticorpi anti-transglutaminasi (Anti-Tg) e anti-endomisio hanno una sensibilità e specificità molto alta, maggiore del 90%. Ovviamente tutti i test sierologici devono essere eseguiti in quei pazienti che seguono ancora una dieta contenente glutine.
Questi markers possono anche essere usati per lo screening di popolazioni con alta prevalenza di celiachia, compresi i parenti di primo grado dei pazienti affetti e i soggetti con patologie che si manifestano con maggiore frequenza in associazione con la celiachia. Se gli anticorpi risultano positivi, il paziente deve essere sottoposto a biopsia diagnostica dell’intestino tenue. Se entrambi sono negativi, la celiachia è estremamente improbabile. Risulta evidente che il titolo di questi anticorpi diminuisce con una dieta priva di glutine e che questi ultimi sono molto utili nel monitorare l’aderenza del paziente alla dieta aglutinata.
L’importanza della biopsia nel processo diagnostico
La diagnosi di celiachia viene sospettata clinicamente e basandosi sulle alterazioni degli esami di laboratorio che suggeriscono malassorbimento. L’incidenza familiare è un indizio molto importante. La celiachia deve essere seriamente considerata in un paziente che presenti carenza di ferro senza evidenti sanguinamenti gastrointestinali.
Per la conferma è necessaria una biopsia dell’intestino tenue nella seconda porzione duodenale, precisamente nel bulbo duodenale. I reperti comprendono l’appiattimento dei villi, definita atrofia dei villi intestinali, l’incremento dei linfociti intraepiteliali e l’iperplasia delle cripte intestinali.
Tuttavia, questi reperti possono essere ritrovati anche in sindromi diverse quali la sindrome da eccessiva crescita batterica dell’intestino tenue, nell’enterite eosinofila, nelle enteriti infettive e nel linfoma.
Il trattamento: la dieta priva di glutine
L’unico trattamento possibile per la celiachia è una strettissima e permanente dieta priva di glutine, che permette di eliminare i sintomi e di ricostituire l’epitelio intestinale, di solito entro 6-18 mesi dalla diagnosi.
Seguire una dieta priva di glutine significa cambiare stile di vita ed eliminare tutti gli alimenti a base di farina di grano e orzo quali la pasta, il pane, la pizza, le fette biscottate e i cereali da colazione.
Al contrario la carne, le verdure, il riso e il mais, i legumi, gli ortaggi, le verdure, la frutta, le patate non contengono glutine e quindi possono entrare a far parte abitualmente della dieta del celiaco. Inoltre bisogna considerare che il glutine può essere anche nascosto nei cibi, dove viene aggiunto come additivo o nel processo produttivo.
Esistono sul mercato molti alimenti sostitutivi, che portano la specifica dicitura senza glutine, prodotti sostituendo il frumento con un cereale naturalmente senza glutine o privato del glutine con metodi chimici o fisici, i quali sono tollerati dai celiaci.
I prodotti recanti questa specifica dicitura e che sono compresi nel Registro nazionale degli alimenti del Ministero della Salute, possono essere acquistati mediante la quota di erogazione gratuita che il Sistema sanitario nazionale (SSN) riconosce ad ogni celiaco con un importo variabile in base al sesso e all’età.
Giulia Marianello per Questione Civile
Sitografia:
- www.epicentro.iss.it
- www.auxologico.it