Alla scoperta dei Druidi, depositari di conoscenza, saggezza, spiritualità e ataviche credenze, nonché figure imprescindibili per l’organizzazione politica e sociale delle antiche civiltà dei Celti
I Druidi, da sempre considerati ai vertici delle società celtiche, custodi della magia naturale e di ancestrali pratiche divinatorie, spaventano e affascinano, ieri come oggi, chiunque ascolti i racconti tramandati da generazione in generazione; ma cosa sappiamo davvero sul loro conto?
I Druidi: le fonti archeologiche
Le fonti archeologiche di cui disponiamo sui Druidi sono poche e frammentarie. Alcune tracce di druidismo sarebbero state rinvenute nella Gallia preromana, su dei reperti attestanti sacrifici umani, presenti da sempre nelle funzioni religiose dei Druidi. Altre sarebbero rintracciabili sul calendario di Coligny, scoperto in Francia nel 1897, contenente la rappresentazione completa di cinque anni lunari. Questo ritrovamento è uno dei pochi reperti storici che testimoniano le conoscenze astronomiche e matematiche dei Celti, affidate ai Druidi. Dunque, tale calendario sarebbe assimilabile a una sorta di almanacco impiegato dai Druidi per prevedere le fasi lunari e predire le eclissi.
Tuttavia, le informazioni ricavabili dai pochi reperti a disposizione non ci consentono di ricomporre il mondo celtico e il fenomeno del druidismo in maniera completa. Infatti, tutta la nostra conoscenza sui Celti e sui Druidi è il risultato dei racconti dei cronisti greci e romani, poiché i Celti, pur conoscendo la scrittura, non la impiegavano per tramandare il loro sapere. Dunque, tutte le notizie di cui disponiamo oggi del mondo Celtico e della sua cultura immateriale sono frutto delle testimonianze, spesso distorte o amplificate, degli scrittori antichi.
Il druidismo secondo i cronisti dell’epoca
Uno dei primi a riportare usi e costumi della società celtica fu l’etnologo greco Posidonio. Egli fu in grado di identificare tre classi di uomini particolarmente rispettate: i bardi, compositori di inni, poesie e musiche; i vati, che ricoprivano cariche religiose, si occupavano dell’insegnamento della guerra, predicevano il futuro e presenziavano ai sacrifici; infine, i Druidi, “i più giusti tra gli uomini”, il cui compito era quello di occuparsi di tutte le funzioni religiose, ma anche di svolgere funzioni politiche e sociali, amministrando la giustizia e ammaestrando i più giovani.
Anche Strabone fornisce la sua visione del druidismo e dei Celti, descrivendoli come popoli tutt’altro che barbari, mentre Diodoro Siculo racconta il mondo dei Galli con straordinari dettagli, arrivando a considerare i Druidi gli “amanti della sapienza” della cultura celtica. Plinio il Vecchio, successivamente, avrebbe aggiunto nuove informazioni, contribuendo a plasmare la figura del Druida che ancora oggi conosciamo, e asserendo che la loro magia era ancora più potente di quella dei magi persiani. Inoltre, Plinio descrisse la celebrazione di sacrifici umani a scopo divinatorio, in cui il compito del Druida era quello di predire il futuro osservando la vittima contorcersi sul terreno.
A riunire insieme tutte queste nozioni fu Giulio Cesare nel De bello gallico, nel quale descrisse minuziosamente usi e costumi dei Celti e dei Druidi, che tratteggiò come grandi conoscitori del mondo naturale, delle erbe medicinali, delle arti divinatorie e profetiche.
I Druidi e il rapporto con la natura
I Celti avevano con la natura un rapporto strumentale, esattamente come tutte le società antiche, ma ciò che li contraddistingueva da altre civiltà era la loro sensibilità nei confronti dell’ambiente circostante. La natura era considerata “la grande madre” di tutti gli esseri viventi, e tutte le manifestazioni naturali erano viste come rappresentazioni dell’Oiw, il principio vitale che presiede la genesi e il disfacimento del mondo. I loro luoghi di culto erano quelli più facilmente accessibili, quindi boschi e foreste, ideali per entrare completamente in armonia con la madre terra.
A sancire il profondo legame che i Druidi avevano con il mondo naturale è l’etimologia del loro stesso nome: Druida deriverebbe dall’indoeuropeo deru, quercia, e quindi per estensione i Druidi erano “gli uomini della quercia”. Questi sapienti erano gli unici ad avere accesso al mistero spirituale e a poter dominare gli eventi naturali ed erano abili nella produzione di intrugli per la cura di malattie o malanni. Tuttavia, a causa della loro volontà di non lasciare nessun testo scritto, non disponiamo di nessuna ricetta di pozioni, elisir, bevande o misture da loro preparate.
I Druidi consideravano i quattro elementi naturali, terra, acqua, fuoco e aria, manifestazioni fisiche dell’energia che il divino trasmetteva all’essere umano. Tra i quattro elementi, la terra aveva un ruolo secondario. L’aria, invece, era l’elemento che rappresentava il mistero e i Druidi erano capaci di governarla scaturendo il vento druidico o la nebbia druidica, indispensabile per agevolare i loro guerrieri durante le battaglie. L’acqua era uno degli elementi più importanti, poiché non era solo simbolo di vita, ma anche di fecondità, guarigione e morte. Il fuoco era essenziale, utilizzato soprattutto nei sacrifici rituali in onore del dio Bel.
Visibile e invisibile: l’immortalità
Per comprendere il concetto di visibile e invisibile del mondo celtico è quantomeno necessario rinunciare alle comuni categorie di giudizio Occidentali, frutto dell’incontro del pensiero classico e quello ebraico-cristiano. Altresì, è importante non sovrapporre il visibile con l’al di qua e l’invisibile con l’al di là.
I Celti, infatti, non facevano distinzione tra sacro e profano, materia e spirito, corpo e mente, poiché la molteplicità dell’esistenza era esperibile attraverso i sensi e riconducibile a un principio unico e increato, ovvero l’Oiw, il cerchio vuoto. Tale cerchio, il cui simbolo visibile era il sole, emanava tre forme di energia da cui dipendeva l’ordine dinamico del cosmo: amore, forza e conoscenza. La materia, pertanto, era ciò che dava prova del dinamismo energetico dell’Oiw nelle sue varie e perenni determinazioni. Dunque, tutte le manifestazioni naturali erano percepite come un’incarnazione dell’energia assoluta che governava la creazione e la distruzione del mondo, in un processo ciclico di nascita e morte.
In realtà, più che di ciclicità del tempo sarebbe opportuno parlare di evoluzione dell’Oiw attraverso i suoi livelli. In effetti, dall’Oiw si sviluppavano altri cerchi concentrici: quello della conoscenza spirituale, quello fisico e quello della materia inanimata e incosciente.
Dunque, la reincarnazione era vista come un passaggio di stadi di conoscenza: dopo la morte, il corpo astrale del defunto entrava in un mondo invisibile dove manteneva memoria della sua vita terrena e poteva entrare in contatto con i vivi. Lentamente, perdeva le sue memorie terrene e giungeva a una seconda morte e poi a una terza, che dava accesso all’oblio e che apriva le porte o all’immortalità o al ritorno al mondo fisico.
In questo processo ciclico, I Druidi erano coloro che vivevano perennemente immersi nello spirito dell’Oiw, che conoscevano il volere degli dèi, o che investigavano problemi di “cose sublimi e segrete”.
Conclusioni
Per concludere, possiamo definire i Druidi come figure fondamentali per tenere in piedi il sistema di credenze delle società Celtiche. Essi, infatti, erano veri e propri amministratori della vita tangibile e di quella intangibile dei Celti. Essi erano deputati ad amministrare la giustizia, ad istruire i giovani e a guarire gli ammalati e a svolgere le funzioni religiose. Tuttavia, erano anche i custodi dell’ignoto, di quel mondo che i comuni mortali non potevano controllare e che potevano percepire solo attraverso il contatto con la natura. Pertanto, la figura del druida era essenziale per la sopravvivenza delle credenze, delle tradizioni, delle concezioni spirituali e delle comunità stesse degli antichi Celti.
Marta Barbiero per Questione Civile
Bibliografia
Angela Cerinotti, I Celti. Alle origini della civiltà d’Europa, Milano, Giunti, 2005.
Elena Percivaldi, I Celti, una civiltà europea, Milano, Giunti, 2007.
Margarete Reimschneider, La religione dei Celti. Una concezione del mondo, Milano, Rusconi, 1997.
Morgan Brooks, I Druidi e i loro segreti, Roma, Edizioni Arkeios, 2009.
Stuart Piggott, I Druidi, sacri maghi dell’antichità. La storia e le vicende alla luce delle più rilevanti scoperte archeologiche, Roma, Newton & Compton Editori, 2005.
Brava Marta! Una lettura molto interesante!
Grazie per il tuo supporto.