Da molti anni, secondo la Dead Internet Theory, ci sarebbe in atto un tentativo di manipolare la popolazione tramite contenuti generati da bot
La Dead Internet Theory, la cui formulazione originale è difficile da rintracciare, viene definita come una teoria del complotto per cui, su Internet, sarebbe tutto finto. Buona parte delle interazioni e dei contenuti generati sul web sarebbero opera di bot e algoritmi, con scopi non sempre chiari. I fenomeni che, secondo i teorici del complotto, proverebbero la veridicità della teoria risultano sempre più evidenti; tuttavia, non esiste una letteratura scientifica che la supporta in pieno. Vediamo insieme nel dettaglio le origini di questa teoria e le sue implicazioni.
La genesi della Dead Internet Theory
Le prime menzioni dell’idea per cui Internet sarebbe morto risalgono già alla metà degli anni ’10, su siti come Reddit e 4chan. Il secondo, in particolare, permette il completo anonimato dei suoi utenti; perciò, è impossibile risalire a chi abbia esposto tali idee e quando. La prima formulazione compiuta della Dead Internet Theory risale al 2020 (è attualmente reperibile su Agora Road’s Macintosh Café) e fa risalire la morte di Internet agli inizi del 2017. In estrema sintesi, secondo la teoria, gran parte dei contenuti di cui si può fruire sul web sono frutto di bot e intelligenze artificiali.
Gli indizi di ciò, secondo l’autore del post, sono da ricercarsi in una certa ripetitività dei contenuti sui vari forum frequentati dallo stesso; da segnalare anche considerazioni sparse su personaggi pubblici e opere dell’ingegno, bollate rispettivamente come frutto di CGI e algoritmi, e sull’esistenza di un possibile “loop di feedback positivi”.
Cosa è questo loop? Questo concetto si avvale del postulato per cui a ognuno piace il riconoscimento, e il modo più veloce per ottenerne su Internet è un like. L’ossessione per il riconoscimento avrebbe portato a una progressiva accettazione e propagazione solo dei contenuti ritenuti “positivi”, mettendone da parte altri “negativi”. L’immediatezza dei feedback su Internet avrebbe creato anche una sorta di “FOMO”, la paura di essersi persi qualcosa di importante e di essere tagliati fuori.
Questi fattori, uniti a un’evoluzione di Internet che ha reso lo stesso sempre meno decentralizzato e libero, culminerebbero nell’individuazione di un colpevole preciso. Nella teoria vengono presi in esame alcuni avvenimenti precedenti al 2017 che avrebbero determinato, poco a poco, l’utilizzo di Internet come strumento propagandistico. La conclusione, secondo l’autore della teoria, è chiara e perentoria: il governo americano avrebbe negli anni preso il controllo di Internet al fine di modellare opinioni e comportamenti.
La Dead Internet Theory descritta dai media
La Dead Internet Theory aveva già iniziato a circolare tra YouTube e blog indipendenti, ricevendo molte attenzioni, prima di arrivare ai media più grandi. Tra i primi a scriverne si segnala Kaitlyn Tiffany dell’Atlantic, la quale non può non notare come ci sia del vero nel discorso; in quel periodo si era notato come fosse possibile, tramite l’uso di click farms e bot, simulare l’attività umana, tanto che al tempo già si notava l’ascesa del mercato delle visualizzazioni su YouTube. Alcuni dipendenti arrivarono a temere la famigerata “Inversione”, ovvero il momento in cui l’attività dei bot sarebbe stata riconosciuta come umana e viceversa. Tuttavia, il giudizio dell’autrice (come quello di Caroline Busta, fondatrice di New Models) è perentorio: si tratta perlopiù di fantasie dettate da una certa paranoia di fondo. Comunque stiano le cose, molti degli articoli successivi che negli anni hanno trattato il tema hanno citato questo pezzo dell’Atlantic.
Sia la teoria sia l’articolo dell’Atlantic citano un articolo del 2018, a cura del New York Magazine, secondo cui già al tempo molti contenuti su Internet fossero falsi. In questo pezzo, si parte dalla considerazione per cui una cosa apparentemente semplice come le misurazioni dell’engagement può essere manipolata. Citando l’esempio di Facebook, che avrebbe per anni prodotto numeri falsi sull’engagement degli utenti, ci si chiede quanto del traffico web sia reale. L’avvento del deepfake, unito a una tecnologia simile capace di creare volti realistici di persone inesistenti, contribuisce alla creazione di una realtà contraffatta. Tale senso di spaesamento contribuirebbe anche a far percepire la politica come falsa e, di conseguenza, ottiene successo chi promette di mostrare la dura verità dietro le menzogne. La conclusione è amara: se non dovesse avvenire un cambiamento politico e culturale importante, si rischia di scivolare in un mondo in è tutto falso, tranne la pubblicità.
Perché stiamo tornando a parlarne?
La Dead Internet Theory in realtà non è mai caduta in un vero e proprio oblio: negli anni sono stati in tanti a parlarne e a speculare sulla veridicità della stessa. Ogni anno sembra che ci sia un evento che riaccende le discussioni intorno al tema, un nuovo report o nuovi sviluppi tecnologici, per esempio.
Nell’aprile del 2024 è uscito l’ultimo “Bad Bot Report” a cura di Imperva, in cui si può notare che il 49,6% del traffico su Internet è generato da bot. Si tratta del numero più alto mai registrato dal 2013. L’aumento è dovuto al proliferare delle intelligenze artificiali generative e dei LLM (large language models), che si servono dei bot per raccogliere dati con cui addestrarsi. Nel 2022 un report dell’Europol ha stimato che entro il 2026 il traffico online generato dai bot potrebbe avvicinarsi al 90%, favorendo – tra le altre cose – la diffusione della disinformazione.
Con il passare degli anni e il progredire della tecnologia, la Dead Internet Theory, inizialmente vista con scetticismo, diventa ogni giorno più credibile. Nel corso del tempo sono numerosi gli episodi che proverebbero la veridicità della teoria; i profili falsi sulle app di dating e i frequenti AI slop presenti su X e Facebook sono solo alcuni esempi.
L’utilizzo sempre più massivo di intelligenza artificiale da parte delle grandi compagnie del web ha portato a una modifica sostanziale di Internet: non più la superstrada delle informazioni, ma una specie di centro commerciale le cui vetrine sono studiate per attirare il singolo utente. La sensazione che si accompagna alla navigazione è ormai quella di una noia alienante, poiché si percepisce che i contenuti AI-generated siano ormai prevalenti. Per quanto sia improbabile che ci sia un disegno preciso dietro l’automatizzazione di Internet, ciò che si sta profilando all’orizzonte non sembra affatto rassicurante.
Francesco Paolo Vitrano per Questione Civile
Bibliografia
- Europol (2022), Facing reality? Law enforcement and the challenge of deepfakes, an observatory report from the Europol Innovation Lab, Publications Office of the European Union, Luxembourg
Sitografia
- forum.agoraroad.com
- theatlantic.com
- dazeddigital.com
- nymag.com
- independent.co.uk
- futurism.com
- builtin.com
- theguardian.com