La fine del regime: le ultime 24 ore del fascismo

fine del regime

24-25 luglio 1943: l’ordine del giorno Grandi, l’arresto di Mussolini e la fine del regime fascista

Le ventiquattro ore, dall’inizio della seduta del Gran Consiglio all’arresto di Mussolini, comprendono il complesso dei fatti passati alla storia sotto la denominazione di “25 luglio[1].

Ventiquattro ore che, sanciranno la definitiva fine del regime, il quale per più di un ventennio, sotto l’egida di Mussolini e del partito fascista, era riuscito a  sottomettere il popolo italiano, la società e lo Stato Monarchico.

Gli antefatti

Nel pomeriggio del 24 luglio 1943 l’organo supremo del regime fascista, il Gran Consiglio, dopo più di tre anni e mezzo dall’ultima volta, si riuniva nella Sala del Pappagallo a Palazzo Venezia. La seduta durò dieci ore, entro le quali si decreteranno le sorti del fascismo e del suo leader. Sarà appunto il duce, per la prima volta, a finire sul banco degli imputati. L’accusa, mossa dai membri dello stesso organo che per vent’anni contribuì nella costruzione del regime dittatoriale, fu quella di aver trascinato l’Italia nella tragedia della seconda guerra mondiale, portando il Paese sull’orlo della sconfitta.

Un conflitto che, malgrado il proclama trionfalistico con cui Mussolini il 10 giugno 1940 dichiarò guerra a Francia ed Inghilterra, fu un disastro sin dal principio. La serie di disfatte subite dall’esercito italiano, poco e male attrezzato, ne furono una conferma: basti pensare alla fallimentare campagna italiana di Grecia (ottobre 1940- aprile 1941).

Oltretutto, il 10 luglio 1943, le forze anglo-americane sbarcarono in Sicilia. Lo sbarco Alleato, conseguenza della serie di disfatte subite dalle forze armate italiane e tedesche in Nordafrica e nel Mediterraneo, diede una chiara immagine della difficile posizione in cui si trovavano le potenze dell’Asse. Di fatto, fu chiaro che, con l’apertura di un nuovo fronte in Europa e l’arretramento sul fronte orientale della Wehrmacht, la guerra stava cambiando il proprio corso.

In tal senso, la necessità di evitare una completa disfatta dell’Italia portò il segretario del partito e alcuni gerarchi a chiedere la convocazione del Gran Consiglio. Questo verrà convocato dallo stesso Mussolini per il 24 luglio, un incontro destinato a passare alla storia, in quanto segnò la fine del regime fascista.

Verso la fine del regime: l’incontro di Feltre e il bombardamento di Roma (19 luglio 1943)

Come accennato, lo sbarco anglo-americano in Sicilia stava mettendo a dura prova l’esercito italiano. Gli Alleati, accolti come salvatori dalla popolazione delle città liberate, avanzavano rapidamente: fu una situazione che indusse Hitler e Mussolini ad un incontro obbligato per discutere della difficile situazione militare italiana. Questo avvenne il 19 luglio a Feltre, in Veneto, e fu l’unica occasione per Mussolini di affrontare con Hitler la questione di un’eventuale uscita dell’Italia dalla guerra, o quantomeno convincerlo a inviare armi e materie prime per resistere all’invasione. Il famoso incontro di Feltre, in realtà, non portò a nulla di concreto. Di nota, sarà solo il lungo monologo con cui Hitler, evitando qualsiasi discussione, criticò aspramente la condotta militare italiana.

Di converso, in quello stesso giorno, un altro evento assunse dei connotati rilevanti: nel tentativo di indebolire ulteriormente la posizione di Mussolini e con ciò accelerare la fine del regime, nella mattina di quel 19 luglio le forze Alleate aeree, di stanza nel Mediterraneo, bombardarono la città di Roma. Cadute su alcuni obiettivi strategici, tra cui lo scalo ferroviario di San Lorenzo, le bombe scossero profondamente il Paese. Il caos che si generò fu deleterio per Mussolini. Convinti di dover porre un freno alla situazione, tra la corona e parte del gruppo dirigente fascista iniziò a farsi strada la possibilità di estrometterlo dal potere.

Fu Dino Grandi, fascista della prima ora e nel 1943 presidente dei Fasci e delle Corporazioni, a farsi portavoce della necessità di un ricambio ai vertici. L’idea era quella di convincere il re a riassumere tutti i poteri. A tale scopo, stilerà un ordine del giorno da presentare in Gran Consiglio il 24 luglio. Questo diverrà il grimaldello con cui si estrometterà dalla leadership Mussolini, portando, di fatto, alla caduta del fascismo.

La fine del regime: il Gran Consiglio e l’ ordine del giorno Grandi (24 luglio 1943)

Come visto, alla vigilia del Gran Consiglio previsto per il 24 luglio la situazione politica e militare italiana era in totale confusione. I grandi proclami fatti dal duce solo tre anni prima erano un ricordo lontano. Lo sbarco in Sicilia e il conseguente tracollo militare italiano avevano infranto ogni residua speranza di vittoria. Oltretutto, con l’intensificarsi dei bombardamenti Alleati sui maggiori centri italiani, si era creata una spaccatura sempre più profonda nel Paese. Tra la popolazione iniziò a serpeggiare un sentimento di malessere nei confronti di Mussolini e del regime.

La convinzione generale che la guerra fosse ormai persa e la paura di una catastrofe dell’Italia imponevano, di fatto, un necessario cambio di rotta. Fu in tale contesto che l’allora presidente dei Fasci e delle Corporazioni, Dino Grandi, si convincerà della necessità di dover estromettere Mussolini dal comando. L’idea era quella di persuadere il Re a riassumere tutti i poteri che gli assegnava l’articolo 5 dello Statuto Albertino.

Quel pomeriggio del 24 luglio, nella Sala del Pappagallo, l’atmosfera era molto tesa. Dopo un lungo intervento d’apertura sulla disastrosa situazione militare italiana da parte di Mussolini, Dino Grandi lesse il suo ordine del giorno. La mozione di sfiducia fu votata nella notte del 25 luglio, ottenendo diciannove “sì” e otto “no”. Per la prima volta dopo più di vent’anni di dittatura il duce veniva messo in minoranza. Si trattò di una votazione dall’imponente portata storica che, dando il via all’ultime ventiquattro ore del fascismo, porterà all’arresto di Mussolini e alla fine del regime.

L’arresto di Mussolini e la fine del regime (25 luglio 1943)

Sebbene non ci siano resoconti ufficiali utili a darci un’immagine chiara su quanto avvenuto realmente quel 24 luglio nel corso della riunione del Gran Consiglio, quello che sicuramente è certo fu quanto avvenne nelle 24 ore successive.

Come detto, la mozione di sfiducia stilata da Dino Grandi e votata dalla maggioranza dei gerarchi presenti in Gran Consiglio aveva posto fine al regno di Mussolini, inchiodandolo, di fatto, alle sue responsabilità. La votazione, all’insaputa degli stessi gerarchi, diede il via a conseguenze importanti.

Nel pomeriggio del 25 luglio l’ormai sfiduciato duce si recava presso Villa Savoia in udienza dal Re, deciso a rassegnare le sue dimissioni da Capo di Governo. Quello che non sa Mussolini è che da giorni i militari, assieme a Vittorio Emanuele III, avevano predisposto un piano per un colpo di Stato. Questo comprendeva la destituzione e l’arresto del duce e successivamente l’instaurazione di una dittatura militare, con il generale Pietro Badoglio come capo di governo. Il piano, molto ambizioso, trovò la sua piena realizzazione quel pomeriggio del 25 luglio. Difatti, appena terminato il colloquio, all’uscita della Villa l’ex capo di Stato fu fermato dai carabinieri e obbligato a salire su un’ambulanza. Da qua, fu portato e preso in custodia presso la caserma dei carabinieri in via Legnano.

Alle ore 22:45 la radio annunciava che Mussolini era stato deposto e che il Re conferiva a Pietro Badoglio l’incarico di formare un nuovo governo. Con ciò, si decretò dopo vent’anni la fine del regime fascista, vent’anni durante i quali Mussolini e il partito da lui guidato avevano dominato con metodo totalitario il popolo italiano, la società e lo Stato monarchico.

Leonardo Gastaldi per Questione Civile

Bibliografia

Gentile E., 25 luglio 1943, Bari, Laterza, 2018.

Mauro E., La caduta. Cronache della fine del fascismo, Milano, Feltrinelli, 2023.


[1] Gentile E., 25 luglio 1943, Bari, Laterza, 2018, cit. p. VII.

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