Come Donatello ha rivoluzionato la scultura rinascimentale: l’uso della prospettiva in scultura
Al fiorentino Donato di Niccolò di Betto Bardi (1386-1466), detto Donatello, va riconosciuto, per quanto riguarda la scultura, lo stesso ruolo di geniale innovatore che rivestirono Brunelleschi per l’architettura e Masaccio per la pittura. Insieme a loro egli è dunque da considerarsi uno dei padri del Rinascimento. Lo scultore fu inoltre il primo a portare nell’Italia settentrionale le rivoluzionarie idee fiorentine: il suo lungo soggiorno a Padova si rivelò fondamentale per la diffusione della nuova arte rinascimentale nell’area padana, ancora immersa nella cultura tardogotica.
Gli esordi di Donatello
Figlio di un cardatore di lana, Donatello apprese i primi rudimenti del mestiere dalla bottega di Ghiberti. In seguito – grazie anche all’amicizia con il più anziano Brunelleschi, che accompagnò in un memorabile viaggio a Roma alla scoperta dell’arte classica – elaborò una nuova e complessa visione artistica, fondata sul recupero e l’interpretazione dei modelli antichi. Questa attenzione al passato sarebbe poi approdata a uno stile del tutto personale, capace anche di approfondire il realismo delle fisionomie, la resa psicologica dei personaggi e la drammaticità di avvenimenti e situazioni, in un costante rimando tra classicismo e anticlassicismo.
La prospettiva in scultura: il ruolo del giovane Donatello
Tramite Donatello si comprende come l’interesse per la prospettiva non fosse unico e solo appannaggio per i pittori, ma diventò ben presto uno strumento a uso anche degli scultori. Attraverso alcune celebri opere del maestro fiorentino si cercherà di comprendere come l’ingresso di questa nuova tecnica consentì di aggiornare la pratica della scultura portando a nuovi esiti.
L’artista fu attivo nella realizzazione di alcune sculture per la Porta della Mandorla, nel duomo di Firenze. A tal proposito, tra gli esordi si citano il David, opera del 1408-1409, e il ben noto San Giorgio, di un decennio successivo, realizzato per il cantiere di Orsanmichele, entrambe conservate presso il Museo Nazionale del Bargello.
Ci si occupa di queste due sculture in quanto permettono di affrontare il tema della transizione da un linguaggio investito ancora dei canoni estetici di matrice legati al Gotico internazionale, per poi fiorire ad un decennio di distanza con un linguaggio alquanto differente. Il David raffigura il giovane profeta che lottò contro il gigante Golia, sconfiggendolo e divenendo così re di Israele. La scultura in marmo fu realizzata per la tribuna del duomo di Santa Maria del Fiore. Il San Giorgio invece fu modellato per le nicchie di Orsanmichele, più precisamente per l’arte della corporazione degli armaioli, con esiti decisamente diversi.
David e San Giorgio a confronto
La figura del David presenta caratteristiche simili al linguaggio di uno dei primi riferimenti stilistici di Donatello, ovvero Ghiberti, con il quale collaborò nella prima fase della sua carriera. Ciò si riscontra nella figura allungata e armoniosa, con il volto circoscritto dai riccioli che sembrano disegnarne le caratteristiche fisiognomiche, veste inoltre un tessuto leggero, con un drappeggio dalle pieghe sinuose. Presenta una figura allungata, una posa misurata, dalla torsione anch’essa aggraziata, le braccia lunghissime, morbide, che in qualche modo accompagnano il corpo disegnandone i contorni. Colpiscono un paio di caratteristiche, tra cui la presenza di mani estremamente grandi, ma naturalistiche. Si ha poi una leggera posa, una sorta di primizia del contrapposto, una gamba flessa e l’altra distesa, con il busto che ruota nella direzione opposta.


Questi aspetti fioriscono anche nella figura del San Giorgio, anch’egli un eroe legato alla dimensione religiosa. San Giorgio è l’immagine del miles cristiano per eccellenza, del difensore della fede. Una figura che si erge possente in posizione frontale, con la testa leggermente inclinata, a mostrare concentrazione. Mentre il David è colto nel momento della vittoria, il San Giorgio è rappresentato prima della battaglia. La fonte è la duecentesca Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, la cui vicenda narra del soldato che giunse presso la città di Selene, in Libia, e affrontò il drago che minacciava la città e in procinto di divorare la principessa data in sacrificio.
L’uso della prospettiva in scultura: lo stiacciato donatelliano
Fondamentale è il rilievo che orna il basamento della statua della nicchia in cui si trova il San Giorgio, un bassorilievo celebre che rappresenta la scena culminante delle straordinarie vicende del santo, ovvero quando arriva in prossimità della caverna e trova la principessa legata e, per salvarla, colpisce il drago con una lancia. È qui che Donatello mette a frutto la prospettiva brunelleschiana attraverso un ulteriore strumento, che in scultura permette di rappresentare e dare l’idea di questa tridimensionalità: grazie allo stiacciato egli riesce a risolvere il problema della rappresentazione dei piani prospettici. Più un oggetto sulla superfice scolpita sarà lontano dallo spettatore, più questo avrà uno spessore finissimo, più invece questo oggetto sarà vicino allo spettatore e più la materia scolpita sarà di uno spessore importante.
La prospettiva in Donatello e la rivoluzione nell’Italia settentrionale
Donatello non è soltanto un artista profondamente attento alla cultura classica, ma divenne un tramite fondamentale per la diffusone di tale cultura anche nel nord Italia, durante il suo soggiorno padovano (1443-1453).
Il Miracolo della Mula e il Banchetto di Erode
L’altare del Santo, con bassorilievi realizzati in bronzo, è sintomo della strepitosa applicazione della prospettiva da parte dello scultore. La scena oggetto di analisi rappresenta il “Miracolo della mula”, in cui il Santo discute con un eretico sui poteri miracolosi dell’eucarestia. Quest’ultimo ne è incredulo e sant’Antonio consiglia all’uomo di lasciare a digiuno il suo asino, il miracolo avviene quando, dopo tre giorni di digiuno, la mula preferì l’eucarestia al fieno.

Lo spazio del rilievo è sintetizzato in base alla definizione delle volte a botte in cui si muovono i personaggi, attraverso la tripartizione dello spazio che non ha nulla di divisivo, tanto che i personaggi si arrampicano sulle paraste. Donatello immagina l’evento dentro un grandioso tempio antico con tre grandi arcate: sotto quelle laterali si accalca disordinata la folla che assiste al miracolo, mentre al centro il racconto si ferma per focalizzarsi sul Santo e sulla mula che, benché affamata, trascura il foraggio e si inginocchia davanti all’ostia consacrata. Le figure sono modellate in modo nervoso e vibrante, ritratte con abbondanza di particolari e attenzione all’espressione dei sentimenti, per rendere ancora più veritiero e vicino alla devozione popolare il contesto in cui avviene il miracolo. Lo scuro bronzo patinato è ravvivato grazie alla doratura sui dettagli.
Numerosi sono gli esempi che coinvolsero Donatello nel sapiente utilizzo della prospettiva, come il celebre Banchetto di Erode, per la fonte battesimale del Battistero di Siena (1427). Fu uno dei massimi raggiungimenti dello scultore, il quale, applicando ancora una volta la tecnica dello stiacciato, diede concreto avvio allo studio e all’utilizzo delle regole della prospettiva in scultura.

Matteo Mazzonetto per Questione Civile
Bibliografia
F. Petrucci, La scultura di Donatello: tecniche e linguaggio, Le Lettere, Firenze 2003.
E. Banzato, Donatello e la sua lezione. Sculture e oreficerie a Padova tra Quattro e Cinquecento, Skira, Milano 2015.
B. Paolozzi Strozzi, Donatello, Giunti, Milano 2017.
F. Caglioti, Donatello, il Rinascimento, catalogo della mostra (Firenze, Museo Nazionale del Bargello e Palazzo Strozzi, 19 marzo – 31 luglio 2022), a cura di F. Caglioti, Marsilio Editori, Venezia 2022.