Il maternity blues e i disturbi della genitorialità

maternity blues

Depressione post-parto e maternity blues: l’altra faccia della genitorialità

La nascita di un figlio segna senz’altro un momento e un periodo di cambiamento per i neogenitori. Questo evento delinea un vero e proprio spartiacque nella vita dei genitori, poiché tutto cambia: ci sono cambiamenti fisiologici, cambiamenti sociali e cambiamenti nella routine dei genitori stessi, e a ciò si affiancano anche cambiamenti dei loro stati emotivi.
La nascita di un figlio mette inoltre in discussione tutto l’ambiente familiare: bisognerà riadattarsi, trovare un nuovo equilibrio innanzitutto all’interno della coppia. Per la donna, inoltre, vi è una ristrutturazione della propria identità e un riadattamento ad un nuovo stato di vita e a un nuovo corpo.

” Alla scoperta della genitorialità”
– N.4
Questo è il quarto numero della Rubrica di Area dal titolo Alla scoperta della genitorialità, appartenente alla Macroarea di Scienze Umane e Sociologia

La genitorialità nella cultura

L’arrivo di un figlio è spesso un evento vissuto con tanta gioia all’interno dalla famiglia, dai genitori in primis. Nel corso degli anni la nascita di un figlio è stata culturalmente considerata un traguardo e una realizzazione personale, specialmente per la donna. Questo ha contribuito a creare un’aspettativa sul diventare genitori di un periodo roseo, felice lasciando poco spazio a stati più negativi. Tuttavia, a seguito del parto non sono poche le neomamme che riportano sentimenti di tristezza, ansia, inadeguatezza, ecc.…che vengono vissuti negativamente. Ciò attiva un circolo vizioso: avere sentimenti negativi nel post-partum è un tabù, non se ne può parlare perché è culturalmente sbagliato. Così, le mamme e i papà sono obbligati a nascondere queste emozioni, che possono così sfociare in vere e proprie patologie e disagi psicologici, come la depressione post-partum
Da una prospettiva psicoanalitica, il parto è un’esperienza ambivalente: in cui la madre desidera vedere il suo bambino, ma allo stesso tempo non vuole rinunciare alla simbiosi che si è generata nella gravidanza. Allo stesso modo, la madre desidera riconquistare libertà e leggerezza fisica. Inoltre, il parto è caratterizzato da un lato da violenza e dolore e dall’altro da amore, sempre da una prospettiva psicodinamica possiamo ricondurre questi sentimenti ad eros e thanos.

Depressione post-partum e maternity blues

La depressione post-partum può sorgere nel periodo dai 3 ai 6 mesi dopo il parto e può avere quadri sintomatologici più lievi o più gravi. In genere, i sintomi sono per lo più sovrapponibili a quelli di altri disturbi dello spettro depressivo. Ad esempio, vengono riscontrati: stanchezza, disturbi del sonno, irritabilità, diminuzione dell’appetito e vari disturbi somatici.  La ricerca ha evidenziato diversi potenziali fattori di rischio della depressione post-partum, sebbene nessuno abbia una correlazione diretta con essa.

Tra questi troviamo: fattori biologici, come cambiamenti ormonali, e fattori psicologici ad esempio bassa self-efficacy, comorbidità psichiatriche, tratti di personalità patologici come quelli di tipo ossessivo o nevrotico. Un ruolo fondamentale è svolto dal supporto sociale, specialmente nel rapporto con il partner, che possono costituire dei fattori di protezione della depressione post partum.
Accanto alla depressione post partum, una condizione più comune e relativamente meno grave è il cosiddetto maternity blues. Questa condizione emerge più rapidamente della depressione post-partum, dopo soli 2-3 giorni dopo il parto e si risolve spontaneamente nell’arco di 10 giorni. È considerata una condizione o meglio, un adattamento, fisiologico in quanto è in parte dovuto a fattori ormonali. I sintomi caratteristici comprendono: una forte ipersensibilità, fragilità emotiva, rapidi cambiamenti di umore.

Oltre il maternity blues: altri disturbi legati alla genitorialità

Accanto ai disturbi dell’umore, le neomamme possono sperimentare anche disturbi dello spettro ansioso. In tali stati di stati, ansia e preoccupazione sono generalmente legati alla salute e alla presa di cura del bambino. Dalla ricerca, emerge come le madri depresse mostrino spesso un ipercoinvolgimento nella cura del bambino, e una difficoltà a separarsi da lui per la forte paura che possa succedergli qualcosa. Tra i disturbi ansiosi più comuni nella gravidanza e nel post partum troviamo: il disturbo di panico, il disturbo d’ansia generalizzato (GAD) e il disturbo ossessivo compulsivo (DOC). Quest’ultimo caso può avere sia un esordio perinatale, sia essere presente già prima della gravidanza, ma spesso include pensieri ossessivi riguardo la possibilità di fare del male al bambino. Le donne affette da questa forma di DOC non sono realmente pericolose per i loro figli, ma sono vittime di pensieri intrusivi di questo tipo tipici del disturbo.
Un ultimo disturbo che può emergere nel post-partum, ma ancora poco studiato, è il disturbo post-traumatico da stress (PTSD). In questo caso, si parla di PTSD parziale in quanto, come per gli altri disturbi citati, non soddisfa a pieno tutti i criteri per una diagnosi come stabilito dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5). Ha un esordio a 4-6 settimane dal parto, e alcuni fattori di rischio sono: un’esperienza traumatica del parto, come il non partorire come ci si aspettava, il ricorso ad un taglio cesareo di emergenza o complicanze mediche per la donna e per il neonato. Altri fattori includono una forte paura del parto da parte della madre e/o la messa in atto di manipolazioni o altri interventi ostetrici, di cui la madre non ha ricevuto esaustive spiegazioni.

Maternity blues: effetti della depressione post-parto sullo sviluppo

La depressione post-partum ha effetti non solo sulla neo-famiglia ma anche sulla più ampia rete di relazioni della famiglia stessa: amici, colleghi, nonni e può far riemergere problemi irrisolti nelle famiglie di origine dei genitori.
Secondo i dati ISTAT, dal 7% al 12% fino ad arrivare ad un 15% delle neomamme sperimenta stati depressivi durante la gravidanza o nel post partum. Queste percentuali aumentano al 70-80% dei casi se parliamo di maternity blues.

I genitori affetti da depressione post-parto sperimentano spesso un rifiuto nei confronti del neonato: evitando di prenderlo in braccio o la messa in atto di altri comportamenti di cura, lasciandolo piangere e spesso evitando, in generale il contatto con il bambino. Questo ha inevitabilmente degli effetti sul neonato e sul legame di attaccamento che svilupperà con i genitori. Alcune ricerche hanno mostrato come i bambini i cui genitori sono stati affetti da depressione post-parto hanno maggiori difficoltà nello sviluppo intellettivo ed emotivo rispetto a bambini i cui genitori erano “sani”.

Questi bambini sono spesso più ansiosi ed irrequieti: piangono spesso e hanno difficoltà nel sonno e nell’alimentazione. Ciò si ripercuote sullo stile di attaccamento che svilupperanno nel corso della loro infanzia: diventeranno probabilmente bambini ansiosi, con un attaccamento evitante o ambivalente. La teoria dell’attaccamento definisce 4 tipi di possibili di legami che il bambino può instaurare con i suoi caregiver di riferimento, tendenzialmente i genitori. Le prime ricerche su questo tema, condotte negli anni ’60 da Mary Ainsworth e John Bowlby si erano prevalentemente focalizzate sulla relazione con la madre, ma ad oggi il concetto di caregiver è esteso ad entrambi i genitori o alle figure che si prendono maggiormente cura del bambino, ad esempio nonni, zii, ecc.

Effetti della genitorialità sull’attaccamento

Il tipo di attaccamento ideale è quello di tipo sicuro: in questo caso, il bambino nel rapporto con il caregiver si è sentito accolto ed accettato; perciò, si sente capace e degno di amore.
Al versante opposto dell’attaccamento sicuro si colloca il cosiddetto tipo insicuro-disorganizzato: in questo caso la relazione con il caregiver è stata vissuta come pericolosa. Si tratta spesso di casi in cui i bambini hanno subito maltrattamenti e violenze. In questo caso il bambino appare molto confuso ed evita i contatti con il caregiver. Nell’adulto è correlato a forme di disregolazione emotiva.
Lo stile insicuro-evitante è tipico di quei bambini i cui caregiver sono stati freddi ed incapaci di rispondere ai loro bisogni emotivi. Questi bambini sono caratterizzati da un senso di sfiducia verso il prossimo e dalla tendenza ad imparare a doversela “cavare da soli”.
Infine, lo stile insicuro-ambivalente è caratterizzato da una relazione con il caregiver frammentata: a volte i genitori sono disponibili e confortevoli, altre sono distanti. In questo modo, il bambino sviluppa un’ansia da abbandono e un’idea di sé come qualcuno da amare in modo discontinuo.
Sicuramente lo stile di attaccamento sviluppato durante l’infanzia ha un effetto sull’età adulta: un bambino con un attaccamento insicuro evitante può sviluppare un temperamento ansioso che, a seguito di eventi scatenanti, può subire un’escalation verso un disturbo d’ansia generalizzato. Tuttavia, questo non è sempre vero e non significa che un bambino con un attaccamento sicuro sia immune da qualsiasi forma di disagio psichico.

Interventi per la genitorialità nella pratica clinica

Gli stili di attaccamento sono utili per seguire e delineare lo sviluppo emotivo del bambino, ed eventualmente se nell’età adulta dovesse manifestare disagi psichici, contribuisce ad una concettualizzazione del caso che aiuta ad identificare le sue risorse, le sue vulnerabilità e le basi della sua vita che lo hanno portato a sperimentare tali disagi.
Come abbiamo visto i disturbi che si possono presentare all’inizio della genitorialità sono tanti, per questo è importante una buona diagnosi differenziale per distinguerli adeguatamente e inviare i neo-genitori ad i servizi più idonei per il loro trattamento.
Ad oggi, nei reparti di ginecologia e ostetricia spesso sono presenti figure di psicologi e psicoterapeuti che supportano i genitori sin dalle prime fasi della gravidanza. Gli psicologi partecipano spesso anche alla progettazione dei corsi post-parto, prevedendo sessioni di psicoeducazione, training emotivo e rendendosi disponibili a rispondere e ad accogliere dubbi e domande da parte dei genitori. Inoltre, alle neomamme viene spesso proposto uno questionario per valutare il rischio di depressione post-partum. Se questo screening risulterà positivo, le famiglie verranno indirizzate verso il percorso più adatto a loro.

Chiara Manna per Questione Civile

Sitografia e bibliografia

www.psicoterapiaromaprati.com

www.savethechildren.it

Zacchetti, E., & Castelnuovo, G. (2010). Psicologia clinica della depressione. Esperienze cliniche tra medicina e psicologia.

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