Papilloma: virus a basso ed alto rischio oncogeno

Papilloma

Il Papilloma virus e l’importanza della prevenzione

L’infezione da Human Papilloma Virus (HPV) è molto frequente nella popolazione e la sua modalità di trasmissione prevalente è la via sessuale.

La grande maggioranza delle infezioni è transitoria e asintomatica. Tuttavia, se l’infezione persiste, può manifestarsi con una varietà di lesioni della pelle e delle mucose, a seconda del tipo di Papilloma virus coinvolto. Alcuni tipi di Papilloma virus sono definiti ad alto rischio oncogeno per la loro associazione all’insorgenza di neoplasie.

Il tumore più comunemente associato all’Hpv è il carcinoma della cervice uterina, il quale è stato anche uno dei primi tumori riconducibile ad un’infezione riconosciuto dall’Organizzazione mondiale della sanità. Infatti, dagli anni Settanta è stata stabilita a livello scientifico un’associazione tra l’infezione da Papilloma virus e lo sviluppo di lesioni squamose benigne e premaligne a livello della cervice uterina. Oggi è stato ampiamente dimostrato che il virus sia il responsabile del 98% dei carcinomi del collo dell’utero.

I papilloma virus: alfa e beta

I Papilloma virus umani sono piccoli virus con un genoma a DNA. Ad oggi sono stati identificati oltre cento tipi di Hpv che infettano l’uomo. Circa quaranta di questi sono risultati associati a patologie del tratto ano-genitale, sia benigne che maligne. L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ha confermato l’evidenza oncogena per dodici tipi di Hpv e si nota che alcuni tipi hanno una tendenza a progredire in carcinoma della cervice uterina maggiore di altri.

Si stima, infatti, che Hpv 16 e Hpv 18 siano responsabili di oltre il 70% dei casi di questo tumore, mentre i tipi di Hpv a basso rischio oncogeno sono associati a lesione benigne come i condilomi genitali.

Per quanto riguarda le infezioni umane, i virus che infettano presentano due geni: alfa o beta. Entrambi questi generi sono suddivisi in ulteriori specie che racchiudono diversi genotipi.

Gli alfa-Papilloma virus hanno come bersaglio la cute e le mucose, mentre i beta-Papilloma virus infettano prevalentemente la cute e sono responsabili di infezioni più superficiali.

Per la sua capacità di infettare le mucose, il papilloma è responsabile soprattutto delle infezioni a livello genitale; infatti il genere alfa presenta un tropismo per entrambi, potendo infettare sia le mucose che la cute. Al genere alfa appartengono i genotipi responsabili di neoplasie quali il carcinoma della cervice uterina, il carcinoma anale e degli organi genitali, mentre una minima parte dei genotipi del genere alfa sono in grado di infettare anche la cute.

I genotipi ad alto e basso rischio: le manifestazioni cliniche

Un’ulteriore classificazione che possiamo fare è quella tra genotipi a basso rischio e ad alto rischio. Poiché i Papilloma virus sono generalmente associati a lesioni cutanee di tipo benigno, le eccezioni riguardano i pazienti immunodepressi come i pazienti che hanno subito trapianto di organo. In questi casi, il Papilloma virus, pur infettando prevalentemente gli epiteli squamosi pluristratificati, può provocare l’insorgenza di verruche, condilomi genitali o essere associato a lesioni ben più gravi di tipo maligno.

Tra le manifestazioni cliniche più rare possiamo annoverare l’epidermodisplasia verruciforme, la papillomatosi respiratoria ricorrente, che riguarda prevalentemente i bambini e causa la formazione di papillomi a livello laringeo ed infine i tumori dell’orofaringe, quali i tumori delle tonsille e della base della lingua.

Le modalità di trasmissione

Il virus Hpv si trasmette per via sessuale, attraverso il contatto con la cute o con le mucose. I microtraumi o le lesioni che avvengono durante i rapporti sessuali potrebbero favorirne la diffusione.

La trasmissione attraverso contatti genitali non penetrativi è possibile, pertanto l’uso dei profilattici, sebbene riduca il rischio di infezione, non lo elimina totalmente dal momento che il virus può infettare anche la cute e le zone circostanti gli organi genitali.

Numerosi studi concordano nel ritenere la promiscuità dei partner e la giovane età al momento del primo rapporto sessuale come alcuni dei fattori rischio più rilevanti per l’acquisizione dell’infezione da Hpv.

La storia dell’infezione

L’infezione da Hpv è molto frequente nella popolazione. Si stima infatti che fino all’80% delle donne sessualmente attive si possa infettare nel corso della vita con un Papillomavirus, con un picco di prevalenza nelle giovani donne sotto ai 25 anni. La storia naturale dell’infezione è fortemente condizionata dall’equilibrio che si instaura tra il virus e l’organismo ospite che viene infettato.

Esistono, infatti, tre possibilità di evoluzione dell’infezione da Hpv: regressione, persistenza e progressione.

La maggior parte delle infezioni è transitoria, dunque si ha la regressione del Papilloma perché il virus viene eliminato dal sistema immunitario prima di sviluppare un effetto patogeno. Infatti il 60-90% delle infezioni da Hpv, incluse quelle da tipi oncogeni, si risolve spontaneamente entro uno o due anni dal contagio.

La persistenza dell’infezione virale è invece la condizione necessaria per l’evoluzione verso il carcinoma. In questo caso, si possono sviluppare lesioni precancerose che possono progredire fino al cancro della cervice uterina. In caso di infezione persistente, il tempo che intercorre tra l’infezione e l’insorgenza delle lesioni precancerose è di circa cinque anni, mentre la latenza per l’insorgenza del carcinoma del collo dell’utero può durare moltissimo, dai venti ai trenta anni.

Prevalenza dell’infezione e fattori di rischio

Il fumo di sigaretta, l’uso di contraccettivi orali, l’elevato numero di parti e la presenza di altre malattie sessualmente trasmissibili sono cofattori nella carcinogenesi della cervice uterina, in quanto favoriscono la progressione dallo stadio di infezione a quello di lesioni preneoplastica.

Complessivamente l’elevata prevalenza e la breve durata della maggior parte delle infezioni indicano che l’infezione da Hpv è un evento comune, di cui il carcinoma del collo dell’utero rappresenta un esito alquanto raro. Tuttavia, esso rappresenta il quarto tumore più frequente tra le donne e solo nel 2012 è stato responsabile di 266.000 decessi nel mondo, la maggior parte dei quali avvenuti nei Paesi in via di sviluppo.

I vaccini contro il Papilloma virus

Insieme agli esami di screening ordinari, quali il Pap test, effettuato durante la visita specialistica ginecologica, uno strumento importantissimo per limitare il rischio di sviluppare un cancro associato all’HPV è la vaccinazione.

Con i vaccini si possono infatti prevenire le infezioni, dato che sono efficaci contro i ceppi virali responsabili della maggior parte dei tumori. I vaccini anti-HPV sono raccomandati in Italia a partire dal compimento degli 11 anni sia alle femmine che ai maschi, i quali possono sviluppare alcuni tipi di cancro associati a questa infezione e che permettono, mediante la loro vaccinazione, di limitare ulteriormente la circolazione virale.

La vaccinazione è molto efficace nel prevenire le lesioni precancerose associate a HPV ed il vaccino viene somministrato per via intramuscolare. Essa consiste in due richiami per chi si vaccina prima dei 15 anni e in tre richiami per chi si vaccina in un’età più adulta.

I primi vaccini a partire dal 2007 sono stati di due tipi, bivalenti e quadrivalenti. Invece dal 2017 è in uso un terzo vaccino, detto nonavalente, che oltre ai quattro tipi di Hpv già noti come HPV 6, 11, 16 e 18, assicura la protezione contro altri cinque ceppi capaci di indurre il processo di trasformazione tumorale, prevenendo oltre il 90 per cento delle forme cancerogene associate al Papillomavirus.

La protezione del vaccino

Data la loro introduzione relativamente recente, non è invece ancora nota con certezza la durata della protezione. Sulla base delle osservazioni raccolte finora, sembra che la protezione si estenda almeno a dodici anni per i vaccini bivalenti e quadrivalenti, mentre è limitata a sei anni per il vaccino nonavalente. Non si può escludere che in futuro si dimostrerà necessario effettuare delle successive dosi di richiamo per rafforzarne l’effetto.

L’altissima protezione offerta dal vaccino può venire meno, invece, contro ceppi che l’organismo può avere già incontrato. Ecco perché la vaccinazione è raccomandata ed è gratuita per ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 12 anni, età in cui normalmente ragazzi e ragazze non hanno ancora iniziato l’attività sessuale. Per eventuali vaccinazioni in età successive, la vaccinazione è comunque approvata dall’Agenzia europea dei medicinali (EMA) e offerta in Italia a prezzo agevolato in alcune regioni fino a 26 anni, dato che può comunque prevenire infezioni di ceppi virali che il paziente non ha ancora incontrato.

Giulia Marianello per Questione Civile

Sitografia

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