La figura mostruosa della sirena nello scenario letterario e cinematografico
Spesso si è attratti da figure ambigue, mitologiche e mostruose quali i vampiri, le streghe, i fantasmi o le sirene. Prendendo in esame queste ultime, cosa ci affascina così tanto della famosa e decantata donna-pesce?
L’idealizzazione della sirena nel cinema
Il primo ricordo che certamente appare alla mente di tutti non appena si nomina la parola “sirena”, è il famoso cartone animato targato Disney “La sirenetta” (1989). Tratto dal romanzo di Hans Christian Andersen, la rielaborazione della fiaba, fatta da Walt Disney, è a dir poco radicale, seguendo le esigenze di una visione destinata ai più piccoli: la storia è stata ampiamente ammorbidita, totalmente cambiata se non per alcuni piccoli dettagli.
Nel romanzo originale di Andersen, difatti, la figura della sirena è notevolmente più tetra, macchiata di una malinconia e di un nero destino che non la rendono adatta ai bambini. Il lieto fine del film d’animazione, in particolar modo, non coincide affatto con il triste finale che vede la protagonista del romanzo trasformarsi in schiuma di mare a causa del suo amore non corrisposto. De “La sirenetta” è stato fatto un live action di recente, come è ormai consuetudine; ma neanche in quest’ultimo la figura della protagonista Ariel rispecchia quella reale della sirena descritta dal creatore Andersen.
Tuttavia, sebbene la fama spropositata, “La sirenetta” non è l’unica opera che parla della leggendaria donna-pesce. Vi sono dei prodotti sia cinematografici, sia letterari, che descrivono l’anima e l’aspetto più mostruoso e spaventoso delle sirene, non utilizzando alcun filtro, alcun ammorbidimento.
“The Lure” di Agnieszka Smoczyńska: una sirena che vuole liberarsi della sua parte mostruosa
“The Lure” è un film musical horror del 2015, vincitore del Premio speciale della giuria al Sundance Film Festival. La trama dell’opera è la seguente: nella Varsavia degli anni ’80, due sirene, Silver e Golden, si imbattono in un umano che attira la loro attenzione col suo canto. Così, decidono di non mangiarlo, risparmiandogli la vita. Le due seguono il bel giovane sulla terra, e iniziano a lavorare in un locale notturno come ballerine e attrazioni principali.
Nella pellicola vengono riprese le classiche caratteristiche della sirena mostruosa delle leggende: le due ragazze sono sì bellissime, ma non celano la loro parte animalesca (per lo meno una di loro), i loro denti aguzzi emergono quando sono affamate o si sentono minacciate.
La loro coda di pesce emerge solo quando vengono bagnate dall’acqua, mentre, una volta asciutte, acquisiscono l’aspetto di due normali donne, eccetto che per gli organi genitali, totalmente assenti. Le due sirene non si vergognano della loro nudità, non posseggono il pudore, a differenza delle umane, ma fanno mostra dei loro corpi nudi, dei loro seni, davanti a uomini e donne, come fosse normale, facendone quasi un vanto. Ciò che caratterizza maggiormente Golden e Silver è il loro canto ultraterreno, in grado di incantare le loro prede; la loro capacità di comunicare tra loro in una lingua silente; e infine, la loro fame di uomini. Le due sirene, difatti, sono due cacciatrici di uomini, li attirano a loro per ucciderli e nutrirsene voracemente, come due bestie mai sazie.
Eppure, una delle due, la sensibile Silver, inizia a scoprirsi interessata al mondo umano, specialmente al giovane uomo che ha attirato la sua attenzione inizialmente.
La comparazione con Andersen
Esattamente come accade alla famosa Ariel che ben conosciamo, la sirena decide di rinunciare ad una parte importante di sé, pur di trascorrere la vita con l’umano di cui si è innamorata: decide di “tagliarsi” la coda di pesce tramite un tremendo trapianto, e di “cucirsi” addosso due gambe da donna, perdendo in tal modo la propria voce, in una scena visivamente grottesca, simbolica e potentissima.
Alla fine del film, come accade nel romanzo di Andersen, l’umano per cui Silver ha rinunciato alla sua natura si sposa con un’altra donna, rifiutando il suo amore, facendola così diventare schiuma di mare.
“Sirene” di Laura Pugno: una sirena che diventa bestiame, specchio della cultura patriarcale odierna
“Sirene” (2007) è un romanzo distopico, spaventoso e a tratti esistenziale, che presenta in sé un orrore e una malinconia difficili da inquadrare. L’opera presenta con una lucidità disarmante una serie di questioni teorico-politiche di carattere epocale: critica di genere, eco-critica, antropocene, post-umano.
Il romanzo racconta di un mondo che sta morendo, dove la popolazione è decimata da una epidemia di “cancro nero”, una malattia generata dagli effetti dei raggi del sole, che si trasmette anche per contatto, come una peste. Pochi privilegiati sopravvivono in una città bunker sulla costa della Baja California, Underwater. Tutte le strutture economiche, alimentari e sanitarie della città sono in mano alla mafia giapponese, la yakuza, e alle sue gerarchie rigorosamente maschili.
Il protagonista del libro è Samuel, uno dei disperati che non possono permettersi né le località sottomarine, né i bunker. È impiegato dalla yakuza per lavorare con le sirene nei loro recinti subacquei, regolando il loro accoppiamento e uccidendo gli esemplari da abbattere.
Le sirene sono una nuova specie apparsa misteriosamente qualche decennio prima, imprigionata e controllata dagli uomini: tenute in recinti con guinzagli elettrici, sono allevate come bestiame destinato al macello o a dei bordelli appositi, selezionate con cura.
Ogni aspetto della loro esistenza è sottoposto all’intervento tecnologico maschile, per produrre godimento: difatti, non è inusuale consumare sushi di sirena, così come non lo è consumare rapporti sessuali, servendosi di loro al pari di strane e avvenenti bambole mute. In questo mondo tutto ciò che è femmina (che si tratti di femmina umana, animale o mezzo-umana) è soggetto a un dominio maschile totale e sanguinario.
Un confronto tra le opere
In “Sirene” esse sono più animali che mai: non parlano, dunque, non riescono a comunicare con gli uomini; il loro aspetto, seppur somigliante a quello di donne, si discosta platealmente dall’umano, facendole somigliare di più ad affascinanti creature marine, inermi, docili, animali da allevamento.
Eppure, lasciate in natura, senza narcotici iniettati, sono predatori letali quanto gli squali, terribili e temibili, capaci di uccidere con una sola mossa i maschi della specie dopo l’accoppiamento, proprio come le mantidi religiose. I maschi di sirena non sono neanche considerati, se non per l’accoppiamento forzato, nel romanzo, in quanto sono visti “brutti”, la loro carne non è buona, la loro utilità quasi nulla.
Ed è proprio qui che l’associazione al patriarcato, ai temi femministi odierni è così cruda e diretta: tutto ciò che è femmina, specialmente nel caso delle sirene (da sempre creature mitologiche femminili, seppur sia presente anche il genere maschile della specie), è bramato, ricercato, assoggettabile. Non a caso, il protagonista opera un vero e proprio stupro nei confronti di un esemplare di sirena particolarmente bello: pianta il suo seme in lei, ingravidandola, non resistendo all’impulso che domina gli uomini dalla notte dei tempi.
In “The Lure”, invece, le sirene sono meno animali, ma più bestiali e spaventose, seppur maggiormente umane. Quello che potrebbe sembrare un controsenso, acquista improvvisamente una logica se si considera ciò che accomuna le due opere: la sirena resta sempre un corpo lussurioso, che trasuda lussuria, e la provoca in altri. Affascinante, quanto mostruosa; dominante quanto sottomettibile; istintiva quanto emotiva; bestiale e al contempo umana in un modo agli occhi dei più incomprensibile. Forse è proprio questo che ci piace tanto delle sirene: sono umane, senza esserlo davvero.
Alice Gaglio per Questione Civile
Sitografia
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