Proteste nelle carceri: ritratto di un’estate italiana

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Come le proteste nelle carceri di quest’estate ci raccontano cosa sta succedendo, cosa sta facendo il governo e cosa bisognerebbe fare secondo gli esperti

Il primo settembre è avvenuta una protesta nell’Istituto Penale Minorile Cesare Beccaria di Milano. È solo l’ultimo di una serie di episodi che si sono susseguiti quest’estate, a causa del caldo estremo e delle condizioni invivibili nelle strutture di detenzione. Le proteste sono spesso state innescate dai suicidi dei detenuti in un quadro di sovraffollamento che, sottolineato dal dossier dell’associazione Antigone del 23 luglio, il governo non sembra intenzionato a contrastare.

Proteste nelle carceri: un’estate calda

Il primo settembre la maggior parte delle persone si lascia alle spalle l’estate per tornare a lavoro. Eppure, all’IPM Cesare Beccaria di Milano l’estate continua come in molte altre carceri di tutta Italia. Sabato 31 agosto alcuni detenuti hanno iniziato a dare fuoco a dei materassi. Dopo essere stati riuniti in una sala comune, tre detenuti avrebbero approfittato della confusione per scappare. Uno di questi è stato ripreso subito, mentre gli altri due risultano ancora dispersi. Questo non è un episodio isolato: a giugno e a luglio erano già avvenute due grosse proteste. Mentre ad aprile, tredici agenti di polizia penitenziaria erano stati arrestati con l’accusa di maltrattamento sui ragazzi detenuti.

Tutto questo avviene in un quadro di sovraffollamento che, come sottolinea l’associazione Antigone, comincia ad interessare anche gli istituti minorili. Nel giugno 2023 c’erano 406 ragazzi, mentre quest’anno sono 555 a fronte dei 514 posti ufficiali. Al Beccaria, i detenuti a luglio erano 60 su 70 posti disponibili. Ad aprile tuttavia, i detenuti erano 81 e questa riduzione non è dovuta ad alcuna politica, bensì agli spazi divenuti inagibili a causa delle proteste.

Un sovraffollamento sistemico che scatena le proteste nelle carceri

Queste si sono susseguite per tutta l’estate a causa del caldo e del sovraffollamento estremo. A Torino 270 detenuti si sono rifiutati di entrare nelle proprie celle il 18 luglio. L’11 luglio nella Casa Circondariale di Trieste (dove il tasso di sovraffollamento è del 173%) i carcerati hanno iniziato a lanciare oggetti in strada e dare fuoco ad arredi e materassi. Tuttavia in diversi casi la causa scatenante è stata un altro problema endemico. Giovedì 4 luglio nel carcere di Sollicciano (a Firenze) è avvenuta una grossa protesta in reazione al suicidio di un detenuto appena ventenne. Il 10 luglio a Viterbo accade un episodio simile dopo il suicidio di un uomo di 32 anni.

Le proteste sono l’esito di un sistema che non funziona e che genera sofferenza e criminalità. Condizioni che non si possono capire se non ascoltando chi le vive. Per questo è significativo che il presidente Sergio Mattarella il 24 luglio (durante la cerimonia del ventaglio) abbia letto la lettera inviata il 17 giugno dal carcere Canton Mebello di Brescia. La lettera racconta la vita quotidiana dei detenuti: in 15 in fila ad un unico bagno, con condizioni degradanti che causano continue tensioni. Quest’ultime spesso sfociano in violenza. Il bagno vicino alla cucina e tutto in una cella che contiene 15 persone.

La reazione dei detenuti

Oltre alla sofferenza delle persone recluse, spesso soggetti fragili, vengono citati anche i disagi degli operatori, impossibilitati a svolgere il loro lavoro. In questo contesto i detenuti si chiedono:

Come può funzionare il reinserimento? La così chiamata rieducazione? Come si possono svolgere i corsi organizzati?”, sottolineando il mancato adempimento del ruolo rieducativo del carcere stabilito dall’articolo 27 della Costituzione.

I detenuti del Canton Mebello hanno scelto la strada del dialogo con le istituzioni, chiedendo di ripartire proprio da lì, dal carcere più sovraffollato d’Italia. Il tasso di sovraffollamento in Italia è stimato dalle istituzioni al 120%. Come sottolinea il dossier di Antigone, il tasso reale è del 130,6% perché il calcolo ufficiale non tiene conto delle strutture fatiscenti e degli spazi non disponibili. Ciò significa che il 72% delle carceri sono affollate: solo 54 su 189 strutture non raggiungono il limite della capienza, ma molte di queste superano comunque il 90%. Ovviamente i dati sono una media: nel Canton Mebello il tasso di sovraffollamento arriva al 211%.

Suicidi: cause interne ed esterne

Il 9 agosto un articolo di Antigone segnala che i suicidi dall’inizio dell’anno sono  65, 10 dei quali a luglio e 12 a giugno. Tra queste persone molte sono considerate fragili: 26 di origine straniera, almeno 9 soffrivano di un disagio psichico e 3 avevano un passato di tossicodipendenza. Ma ancora più grave è che 26 di queste erano già state coinvolte in eventi critici e di queste 14 avevano già tentato il suicidio. Come segnalano i detenuti del Canton Mebello:

le condizioni in cui ci troviamo in carcere sono un costante incitamento al suicidio.

I dati di Antigone mostrano che 28 persone si sono tolte la vita nei primi 6 mesi di detenzione, e almeno 11 quando ormai mancava poco tempo al rilascio. Come sottolinea Mauro Palma nel rapporto Per un’analisi dei suicidi negli istituti penitenziari: “è l’esterno a far paura quasi e più dell’interno”. Infatti i primi giorni e mesi sono i più delicati quando si entra nelle carceri. Lo stigma associato a quel luogo è un fattore determinante per le scelte estreme ed è un fattore sociale riguardo soprattutto la società esterna.

Un altro carcere

Mauro Palma sottolinea dunque la necessità di “un discorso pubblico diverso sulla pena (…) riportato nel solco dell’utilità della funzione penale. (…) Tutto ciò ancor prima del tema, peraltro urgente, della riqualificazione delle strutture. Il discorso sociale diverso sulla pena è la misura necessaria, sul lungo termine, per poter riportare il carcere ad avere un valore educativo, e dunque una qualche utilità sociale. Prima si possono però seguire le azioni immediate suggerite da Antigone per prevenire i suicidi in carcere. Tra questi, trasformare le sezioni per i nuovi arrivati, abolire ogni forma di isolamento carcerario, ridimensionare la chiusura eccessiva nei confronti di persone con problemi psichici e consentire contatti con le persone care.

Il presidente di Antigone Patrizio Gonnella evidenzia che il sovraffollamento “non è dovuto a cause neutrali ma è frutto delle politiche governative”, attuate dai governi nel corso degli anni. In particolare il continuo aumento del sovraffollamento dal 2021 è dovuto a specifiche misure attuate dal governo Meloni. Innanzitutto l’inasprimento delle pene, che arrivano a punire reati minori con il carcere. L’associazione mette anche in luce come il problema si aggraverebbe ulteriormente se fosse approvato il Decreto Legge sulla sicurezza attualmente in discussione (DDL 1660). Esso è volto a punire ogni forma di dissenso con il carcere. Ancora più grave è l’introduzione dell’articolo 415-bis, che punisce la resistenza passiva dei detenuti e i tentativi di evasioni con pene fino a 8 anni di reclusione.

Nemmeno il piano per l’edilizia penitenziaria appare una soluzione. L’associazione ripercorre i vari piani edilizi che sono stati approvati negli anni, troppo lenti ad attuarsi e di cui spesso rimangono solo le inchieste per corruzione. Le strutture continuano ad essere inadatte, piene di muffa e di infiltrazioni, con spazi inutilizzabili e finestre in plexiglass che impediscono il passaggio dell’aria.

Conclusioni

Data la situazione, la prima delle 15 proposte per le carceri costituzionali è quella di ritirare il pacchetto sicurezza che introduce nuovi reati, specialmente quello di rivolta penitenziaria. Inoltre si propone di aumentare la liberazione anticipata per buona condotta da 45 giorni ogni sei mesi a 75. Ci sono poi misure che riguardano le strutture, soprattutto quella di garantire lo spazio minimo di 3 metri calpestabili a persona. È poi fondamentale il contatto con il mondo esterno, consentendo le telefonate libere ai propri cari e incoraggiando il volontariato soprattutto nei mesi estivi. Inoltre bisognerebbe cambiare il sistema delle celle chiuse, tornando alle celle aperte: per questo servirebbero educatori e assistenti sociali, mediatori culturali e psichiatri.

Arianna Gurreri per Questione Civile

Bibliografia:

Le carceri scoppiano. 88 visite dell’Osservatorio di Antigone negli ultimi 12 mesi, Dossier Antigone del 23/07/2024.

Per un’analisi dei suicidi negli Istituti penitenziari, analisi del Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale del 18 aprile 2023.

Sitografia:

www.antigone.it

www.sistemapenale.it

www.ilpost.it

www.pagellapolitica.it

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1 commento su “Proteste nelle carceri: ritratto di un’estate italiana

  1. Davide Gurreri Rispondi

    Articolo molto interessante, un problema che spesso viene a galla solamente quando succedono tragedie per poi essere messo da parte per occuparsi di altro, brava Arianna per raccontarci la situazione con lucidità e consapevolezza.

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