Saladino: da nemico della cristianità ad eroe letterario

Saladino

Vita e imprese di Saladino (1137-1193), sultano d’Egitto e di Siria destinato a cambiare per sempre il volto del Vicino Oriente antico

Saladino (Tikrit, 1137 – Damasco, 1193), sultano d’Egitto e di Siria e temibile rivale dei cristiani al tempo della terza crociata, è uno dei più famosi personaggi storici del Medioevo. Smantellò il regime sciita dei Fatimidi del Cairo e sancì il ritorno dell’Egitto all’ortodossia sunnita, unificò sotto di sé i domini egiziani e siriani, conferì straordinario impulso al jihad, la “guerra santa” diretta contro gli infedeli cristiani e le eresie in seno all’Islam sunnita, culminato nel 1187 nella conquista di Gerusalemme e la distruzione del regno franco-cristiano che vi era insediato fin dal 1099, all’epoca della prima crociata.

Fu un sovrano potente e temuto, stimato e rispettato in patria e incredibilmente ammirato dall’Europa cristiana, che dimenticò presto come egli avesse osteggiato la cristianità e ne fece un eroe della sua letteratura e un exemplum del codice cavalleresco.

La fama di Saladino, dal Medioevo all’età contemporanea

L’influenza che Saladino esercitò da Oriente a Occidente sui contemporanei e sui posteri è incalcolabile. Basti pensare che, come fa notare Jonathan Phillips nella sua biografia del sovrano musulmano, solo negli ultimi decenni l’industria cinematografica e teatrale ha prodotto un gran numero di film, serie tv e spettacoli incentrati sulle crociate e sulla sua mitica figura. Ma il credito di cui gode, da Levante a Ponente, affonda le radici nel passato.

Se le primissime figurazioni letterarie in Occidente gli furono ostili, in ragione della conquista di Gerusalemme e dei suoi sforzi durante la terza crociata, già pochi decenni dopo la sua morte i cristiani avevano dimenticato le sconfitte subite. E lo avevano fatto oggetto di splendidi ritratti nella letteratura europea, talvolta divergenti rispetto alla realtà della sua storia e non di rado inventati di sana pianta, come nel caso del gruppo di testi che tendono ad avvicinarlo alla religione cristiana, al punto di ritrarlo come profondamente deciso a convertirsi.

Sebbene appaia paradossale che i cristiani avessero tale stima e considerazione di un avversario musulmano così zelante, a distanza di secoli è più facile trovare una spiegazione. Saladino possedeva infatti le qualità che l’Occidente riteneva essenziali per un cristiano, ed il fatto che egli fosse musulmano, e dunque infedele per eccellenza secondo l’ideologia dell’epoca, non faceva che rendere le sue virtù di monarca retto e misericordioso ancor più brillanti agli occhi dei crociati. Per comprendere le ragioni della sua fama, è necessario innanzitutto conoscerne la vita, densa di avvenimenti destinati a cambiare il volto del Vicino Oriente medievale.

La giovinezza di Saladino alla corte di Damasco

Saladino nacque nel 1138 a Tikrit, in Mesopotamia, nella famiglia degli Ayyubidi, un clan di etnia curda proveniente dalla piccola città di Dvin, situata nell’odierna Armenia. Il padre Ayyub e lo zio Shirkuh erano stretti collaboratori dell’emiro damasceno Zengi e del figlio Norandino, che gli succedette alla guida della Siria.

Egli trascorse gli anni della sua giovinezza alla corte di Damasco, subendo profondamente il fascino politico e strategico di Norandino e l’influenza della contro-crociata, cui quest’ultimo diede uno straordinario impulso.

Il visirato d’Egitto

Il 1169 fu l’anno in cui Saladino salì alla ribalta nel complesso scacchiere politico del Vicino Oriente musulmano. Al termine di una fase caratterizzata da mutevoli giochi politici e improvvisi capovolgimenti di alleanze, Shirkuh, dapprima luogotenente di Norandino, era divenuto visir del califfo egiziano fatimide al-Adid e aveva coinvolto il nipote nell’amministrazione del Paese. Tuttavia, fu presto stroncato da un’indigestione fatale.

Saladino fu allora scelto da al-Adid per prenderne il posto e, sebbene fosse ancora relativamente giovane, dimostrò sin da subito di sapersi destreggiare con assennatezza tra i mille impedimenti del suo status.

Il visirato era di fatto la massima espressione del potere secolare in Egitto, ma implicava anche una condizione di estrema vulnerabilità per chi ne fosse investito. L’Egitto era infatti un paese straordinariamente ricco e florido: il porto commerciale di Alessandria era il più importante dell’intero Mediterraneo, tanto che vi giungevano merci di ogni tipo da Ponente a Levante, fin dai più remoti angoli dell’India, dell’Arabia e della Persia. Possedere l’Egitto avrebbe significato disporre di una posizione privilegiata per il controllo del Mediterraneo orientale, perciò erano in tanti a contendersi le cariche politiche del Paese e a progettare di conquistarlo.

Il Saladino, governante retto e devoto

Per assicurarsi rispetto e fedeltà il nuovo visir elargì doni a tutti coloro che fossero stati pronti a sostenerlo. Inoltre, secondo le fonti, Saladino si calò perfettamente nel ruolo, abbandonò passatempi e distrazioni, tra cui il vino, e divenne un uomo intimamente pio e devoto, serio, coscienzioso e dedito unicamente ai propri impegni. La sua profonda devozione divenne proverbiale e fu uno dei suoi aspetti maggiormente ammirati e lodati da Oriente a Occidente e nella novellistica europea e italiana di epoca medievale.

Da visir a sultano d’Egitto

Nel 1171 la carriera politica di Saladino ebbe una svolta. Il 13 settembre morì al-Adid, ignaro del fatto che solo pochi giorni prima Saladino aveva imposto ai predicatori del Cairo di pronunciare il nome del califfo sunnita di Baghdad durante la preghiera del venerdì, segnando di fatto il passaggio dallo sciismo al sunnismo nella completa indifferenza della popolazione locale. Il triste evento segnò la fine della dinastia fatimide.

In appena una settimana l’Egitto aveva subito una trasformazione epocale, e Saladino e l’islam sunnita ne erano diventati i protagonisti incontrastati. Dopo aver assolto l’obbligo di organizzare decorose esequie funebri, il visir si rivolse senza mezzi termini al figlio del defunto califfo, annunciandogli che il padre non aveva lasciato alcun testamento in cui lo riconoscesse quale suo legittimo successore. In altre parole, il suo sogno di impadronirsi del potere si stava concretizzando.

Le favolose ricchezze di Saladino

Sgombrato il campo da ogni possibile pretendente al trono e rimasto solo a dirigere il Paese, Saladino si appropriò dei favolosi tesori appartenuti ai Fatimidi. ça “montagna di rubino”, una pietra preziosa di peso maggiore ai 60 grammi, uno scettro di smeraldo lungo dieci centimetri, numerosi schiavi e la biblioteca reale, che secondo alcune fonti constava di più di un milione di volumi. Le enormi ricchezze e la liberalità di cui si favoleggiava intorno alla figura di Saladino, come è ben evidente, erano un dato di fatto. E furono all’origine di gran parte dei racconti della letteratura europea che lo riguardano, in cui la generosità e i meravigliosi e preziosi averi rappresentano i tratti più tipici e caratterizzanti del sovrano.

Nuove opportunità di espansione in Siria e la contro-crociata di Saladino

Nel 1174 Norandino morì e si presentò a Saladino la preziosa opportunità di  estendere i suoi domini alla Siria. Le sue velleità di conquista si unirono all’obbiettivo di portare avanti la contro-crociata, anche a causa delle provocazioni inferte all’islam da Rinaldo di Chatillon, un illustre cavaliere franco di indole brutale e violenta, il quale organizzò un’incursione nella penisola araba con la sacrilega idea di aprire la tomba di Maometto a Medina e trafugarne il corpo.

Fortunatamente Rinaldo fu fermato, ma la sola idea di un simile atto bastò a destabilizzare Saladino e l’intero mondo islamico. Era necessario dare una lezione esemplare ai complici del diabolico piano. Saladino si recò quindi a Damasco e, dopo averne ottenuto la sottomissione, condusse delle offensive in Galilea per mettere i franchi sotto pressione. Era ora pronto a coronare il suo sogno di restituire la Città Santa ai musulmani.

La sorprendente clemenza di Saladino durante la conquista di Gerusalemme

Alla fine di giugno del 1187 Saladino aveva radunato un formidabile esercito di circa trentamila unità. Lo scontro finale ebbe luogo il 4 luglio ad Hattin, in Galilea, e si risolse nella rovinosa sconfitta dei cristiani, astutamente attirati dal sultano in una trappola mortale e decimati da attacchi improvvisi e devastanti. Con un numero esorbitante di perdite nelle schiere dei crociati, per il sultano non fu difficile abbattere in breve tempo il regno latino di Gerusalemme. Il 2 ottobre 1187 la Città Santa si arrese all’assedio musulmano dopo una tenace resistenza, dopo essere stata per ben 88 anni nelle mani degli occidentali.

Saladino sorprese i suoi avversari, riservando alla popolazione cristiana un trattamento umano e magnanimo e dando prova di grande civiltà, in evidente contrasto con il massacro sanguinario che i crociati attuarono nei confronti degli abitanti di Gerusalemme in occasione della conquista della città nel 1099. Sebbene molti emiri sperassero nella distruzione del Santo Sepolcro, Saladino lo volle invece mantenere intatto, manifestando straordinario rispetto e saggezza. Anche in questo frangente il nuovo conquistatore si accattivò la simpatia e l’ammirazione dell’occidente cristiano, dove fiorirono storie in cui Saladino manifesta una singolare tolleranza.  

La terza crociata e la morte di Saladino

Gli eventi del 1187 turbarono profondamente la coscienza collettiva dei popoli d’Occidente, che furono rianimati da una nuova ondata di fervore crociato, alimentato in particolare da papa Gregorio VIII e dal suo successore Clemente III. La terza crociata (1189-1192) vide in campo i tre più potenti sovrani d’Europa: il re di Francia Filippo II, il re d’Inghilterra Riccardo Cuor di Leone e l’imperatore Federico Barbarossa.

L’imponente impresa provocò negli animi dei contemporanei una grande impressione, espressa nelle novelle in cui Saladino emerge sotto le mentite spoglie di un mercante o pellegrino che astutamente visita l’Europa per vedere con i propri occhi i preparativi della crociata. Malgrado i successi parziali dovuti in gran parte alle aggressive doti militari di Riccardo Cuor di Leone, la crociata non raggiunse il suo originario obiettivo di riconquistare Gerusalemme. Nel 1192 si pervenne infatti ad una pace che lasciò il sultano padrone della Siria e della Palestina interna e sancì la fine del regno di Gerusalemme.

Il tanto celebrato nemico dell’Occidente, fiaccato dalle lunghe ed estenuanti campagne militari, morì a Damasco pochi mesi dopo, nel marzo 1193. La città siriana ne conserva le spoglie nell’elegante mausoleo a lui intitolato, meta ancora oggi di viaggiatori da ogni angolo del globo, musulmani e non, illustri o sconosciuti ai più, semplici curiosi o desiderosi di recare omaggio ad uno dei più insigni monarchi della storia mondiale.

Martina Marzo per Questione Civile

Bibliografia:

  • Jonathan Phillips, Il sultano Saladino. Tra vita e leggenda, Milano, Mondadori, 2020.
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2 commenti su “Saladino: da nemico della cristianità ad eroe letterario

  1. Luigiandrea Luppino Rispondi

    Bellissimo personaggio. Questo suo lato “illuminato”, raffinato, saggio e rispettoso, emerge molto bene, oltre che dai numerosi testi letterari, anche in alcuni prodotti cinematografici. Fra tutti risalta il ritratto che ne fa Ridley Scott nel suo “Le crociate – Kingdom of Heaven” (2005), film che – seppur lodato dalla critica nella sua versione estesa – passa purtroppo in sordina e viene sminuito nella sua importanza da critica e pubblico.
    Grazie dell’approfondimento storico.
    Molto interessante.

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