La pirateria della reggenza barbaresca di Tunisia vista dalla Toscana nell’età dell’Illuminismo e durante la diffusione del pensiero antischiavista in Europa
Gli stati barbareschi del Nord Africa erano dei regni semi-autonomi dall’Impero Ottomano localizzati sulle coste nordafricane e di cui molte entrate provenivano dal commercio di cristiani fatti schiavi e dal pagamento dei riscatti per mezzo di intermediari ebrei. Raccontare questa pagina di Storia del Mediterraneo dovrebbe portare a un approfondimento della ricerca accademica e a un dialogo tra civiltà che contestualizzi tali tragiche vicende e permetta infine un confronto sincero e costruttivo.
Uno di questi regni ebbe il suo centro a Tunisi, di cui Khair ad-dīn (il famigerato e crudele Barbarossa) si era impadronito nel 1534. L’anno successivo la città venne conquistata dagli spagnoli e nel 1574 fu definitivamente catturata dai Turchi. Il corpo dei giannizzeri avvocò a sé la scelta del capo locale e installò così un ufficiale con il titolo di dey a capo della reggenza. Egli amministrava il paese con il parere di un consiglio detto dīwān. Il bey invece era un altro funzionario che comandava i soldati inviati nel paese a riscuotere le imposte. Questo equilibrio dei poteri fu mantenuto per più di 130 anni.
Tunisia e Toscana nell’Età dei Lumi
Nel 1705 la carica di dey fu privata di ogni effettivo potere e Al-Husayn, figlio del bey locale, rifondò un principato autonomo. Intanto la Turchia aveva perso Ungheria e parti di Valacchia, Serbia e Bosnia a favore dell’Austria tra il 1684 e il 1720. La dinastia asburgico-lorenese insediatesi in Toscana nel 1737 aveva continuato a coltivare gli interessi commerciali ed esteri della famiglia Medici da cui aveva ereditato il granducato. Livorno e il porto era stata fino a quel momento un’isola amministrativa nel quadro statale, almeno fino alle crisi del commercio di deposito del 1734-1740 e del 1748-1756.
Bisognava stipulare nuovi trattati con l’Impero Ottomano e le reggenze barbaresche. Il 23 dicembre 1748 fu sottoscritta una convenzione, a cui seguì nel gennaio del 1758 un trattato di pace, tra la reggenza tunisina, il governo di Vienna e di Firenze, conclusi per volontà di Francesco Stefano di Lorena. Si regolavano le razzie, imponendo il possesso di patenti sia per le navi che per i corsari tunisini e specificando le condizioni di cattura in mare, sperando di evitare possibili abusi. La tutela degli interessi asburgici in Tunisia fu affidata alla famiglia tabarchina dei Nyssen.
Il 10 ottobre del 1748 era già stato emanato un editto dal Granduca con il quale si decise il disarmo delle galere dell’ordine dei Cavalieri di Santo Stefano e confermando la neutralità, ritenendo la Toscana dipendente dall’Impero in ambito militare e questo sufficiente per la sua difesa. Le scelte di armamento successive furono indirizzate alla realizzazione di navi sottili nel porto di Livorno per poter scortarle e tutelarle da attacchi corsari. Nel 1757 era stata assegnato al Governatore civile e militare di Livorno il ruolo di intermediario tra i Consoli toscani all’estero e il Governo di Firenze.
I pirati barbareschi contro l’eroismo toscano
Ciò nonostante, non mancarono episodi di eroismo contro i pirati barbareschi nella seconda metà del Settecento. Nel 1767 il Tenente di origine inglese e convertito al Cattolicesimo John Francis Edward Acton venne promosso Capitano di vascello e nominato, come già suo zio, Cavaliere dell’Ordine di Santo Stefano. La guerra contro i barbareschi diede ad Acton l’occasione di dar prova di perizia e di ardimento, con imprese condotte alla Goletta di Tunisi e sotto le fortezze marocchine di Arzila e Larache.
Nel 1775 egli partecipò a un attacco in forze tentato dal Re di Spagna contro Algeri quando, comandante delle poche navi toscane, riuscì a coprire la ritirata della flottiglia ispanica sbarcata nella base avversaria. Nel frattempo, Venezia avrebbe indetto due spedizioni, nel 1778 e 1784, quest’ultima con esito vittorioso, in seguito alla distruzione del porto di Sfax e la capitolazione del Bey Alì II.
L’isola del Giglio fu de-popolata dalle azioni del Barbarossa nel 1554, per poi essere colonizzata di nuovo da genovesi, toscani, laziali e campani nei decenni successivi, per iniziativa dei Piccolomini. Il successivo sistema difensivo era costituito dalla Rocca e dalle torri del porto, del lazzaretto e del Campese, con integrazione dei punti di osservazione a Capel Rosso e al Fenaio, capaci di guardare ampi tratti di mare. Nel 1753 i gigliesi reagirono a un assalto barbaresco alla torre del Campese e nel 1779 militari e isolani, organizzati in milizia, combatterono accanitamente una flottiglia di dodici legni algerini. Gli assalitori furono respinti in mare e obbligati a reimbarcarsi e fuggire verso sud.
La tempesta napoleonica
Durante l’età napoleonica furono intraprese due guerre contro le reggenze nordafricane, in cui parteciparono Stati Uniti, Gran Bretagna, Svezia e la corte borbonica in esilio in Sicilia durante l’occupazione francese dei possedimenti peninsulari. Tra il 1801-1805 e tra il 1812-1816 Libia e Algeria subirono pesanti sconfitte. Dopo il Congresso di Vienna l’attività corsara venne vista come assolutamente anacronistica e inaccettabile per la maggior parte dei contemporanei europei, i quali in generale aspiravano un lungo periodo di pace, concentrato sul rispetto delle garanzie poste dai trattati.
Le battaglie
Dalle carte 162, 187, 200 e 246 inerenti agli anni 1815 e 1816 dell’Archivio di Stato di Portoferraio, sappiamo che i corsari provenienti dalla Tunisia continuarono a essere una minaccia molto vicina. Nel settembre del 1815 l’Intendente di Rio espresse il timore che i cittadini rimanessero disarmati di fronte ai pirati barbareschi al Commissario straordinario per l’Elba Fantoni. Nel mese seguente Fantoni notificò il governatore di Livorno che la marina granducale aveva catturato un bove tunisino (una tartana armata di cannoni) con 24 prigionieri. Da Tunisi era partita una flotta con 18 bastimenti.
Neri Corsini e Vittorio Fossombroni scrissero da Firenze il 5 febbraio 1816 a Fantoni per autorizzarlo a “collocare dei segnali e di costruire qualche opera di difesa di codesto Littorale”, dopo aver appreso da lui della presenza nelle acque elbane di “cinque Legni Supposti Barbareschi”. Fantoni venne anche istruito “a fare anticipare alla Massa del Commissario di Guerra la somma di seicento lire su gli avanzi della Cassa Generale dell’isola ad oggetto eseguire senza indugio i Lavori sopradetti”.
Da molto tempo gli Stati europei avevano inutilmente cercato di formare un unico sistema di sicurezza Mediterraneo, il quale aveva trovato il suo principale ostacolo nella politica inglese. I britannici erano stati a lungo conniventi con gli ottomani e i loro vassalli, fin dai tempi della riforma protestante, poiché venivano soprattutto colpite prima le navi spagnole fino al predominio asburgico sui mari e poi le navi francesi, con l’entrata dei Borbone nel Mediterraneo nel diciassettesimo secolo inoltrato.
Il trattato di pace tra Beilicato di Tunisia e Granducato di Toscana
Il Conte Alessandro Carlo Filiberto Vallesusa, ministro degli Esteri del Regno di Sardegna, sostenne la necessità di formare una Lega italiana contro la pirateria barbaresca, ma purtroppo questo appello cadde nel vuoto. I commercianti genovesi si erano offerti di pagare, il 28 novembre 1815, il costo di una fregata da 44 cannoni da porre sotto il comando dell’ammiraglio Giorgio Des Geneys, comandante generale della Marina sarda. Essa, varata il 3 giugno 1817, venne chiamata al commercio di Genova e fu gemella di un’altra unità, ordinata dallo stesso Des Geneys, la Marina Cristina.
Lo sbarco di un migliaio di corsari tunisini sbarcati sulle spiagge sarde dell’isola di Sant’Antioco nella baia di Palma il 15 ottobre 1815 e trasportati dal Naviglio sul quale era stata fraudolentemente innalzata la bandiera britannica fece cambiare improvvisamente la politica di Londra. Nel febbraio del 1816 in una possente azione navale la squadra britannica del Mediterraneo, composta dai vascelli di linea, quattro fregate 14 legni minori, comandata dall’ammiraglio Edward Pellew, affiancata da 5 fregate da una corvetta olandesi, si mosse contro il dey di Algeri così effettuando un intenso cannoneggiamento della città e distruggendo gran parte della flotta algerina.
La tregua
Egli compì una parallela dimostrazione contro Tunisi e Tripoli. Questo generò un vero effetto domino che costrinse tutte le reggenze barbaresche alla firma di una tregua trasformatasi in pochi anni nel 1822 in una pace definitiva, con l’impegno di abolire definitivamente la pirateria e la schiavitù dei cristiani. Per quanto riguarda la Toscana una prima tregua della durata di tre mesi fu sottoscritta il 26 aprile 1816 e rinnovata il 12 agosto dello stesso anno. Tra il 13 ottobre 1822 e l’ottobre dell’anno successivo venne firmata una pace definitiva, che portò la Tunisia a essere la prima esportatrice di prodotti verso il porto di Livorno.
Antonio Nyssen divenne console toscano per la Tunisia, sostituendo le precedenti cariche. Conciò non si risolse il nodo dello status degli ebrei di provenienza toscana in Tunisia, i quali diventavano sudditi tunisini dopo due anni di permanenza. Tale status serviva per tenerli sotto controllo ma fu infine abolito nel 1846 in seguito a tante proteste e tramite atto addizionale.
Tommaso Balsimelli per Questione Civile
Bibliografia:
Maurizio Vernassa, All’Ombra del Bardo. Presenze toscane nella Tunisia di Ahmed Bey, Pisa, Plus – Università di Pisa, 2005, pp. 13-18.
Ivi, p.38.
Ivi, p. 119.
Anna Guarducci, Marco Piccardi, Leonardo Rombai, Atlante della Toscana Tirrenica. Cartografia, Storia, Paesaggi, Architetture, Livorno, Debatte Editore, 2013, pp. 188.
Sitografia:
Contenuto delle slides dell’insegnamento di Storia dell’Italia preunitaria, presieduto da Rosa Maria Delli Quadri per il corso di laurea in Scienze Storiche, Università degli Studi di Firenze, Anno Accademico 2023/2024.
web.archive.org, La régence de Tunis et l’esclavage en Méditerranée à la fin du XVIII e siècle d’après les sources consulaires espagnoles – Cahiers de la Méditerranée, 26 novembre 2007
Treccani, Attilio Mori, Fabrizio Cortesi, Mario Salfi, Ettore Rossi, Delio Cantimori, Anna Maria Ratti, Emile Félix Gautier, TUNISIA, Enciclopedia Italiana (1937).
Treccani, Giuseppe Nuzzo, ACTON, John Francis Edward, Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 1 (1960).
Interessante e preciso