Ad Ascoli Piceno IVG farmacologica fino alla nona settimana di gestazione: è la prima volta per la regione Marche
Dal 21 gennaio l’IVG farmacologica è consentita ad Ascoli Piceno fino alla nona settimana di gravidanza. Con questa decisione, l’Ospedale Mazzoni diventa il primo nella regione Marche ad adeguarsi pienamente alle linee guida nazionali. Le associazioni femministe commentano:
«Adesso tocca agli altri ospedali seguire questo esempio», ma l’applicazione della legge 194 è ancora sotto attacco in tutta Italia”.
Termometro sulla parità di genere”
– N. 2
Questo è il secondo numero della Rubrica di Area dal titolo “Termometro sulla parità di genere”, appartenente all’Area di Attualità
Lo stato di salute della legge 194
La mappa che tenta di ricostruire il numero di medici disponibili in Italia per l’interruzione di gravidanza è attualmente scarna e insufficiente. Non è dissimile quella che individua le strutture in cui è possibile ricorrere all’IVG farmacologica, nonostante l’OMS lo consideri un metodo «sicuro ed efficace». Sono, infatti, sempre più frequenti gli ostacoli che limitano l’autodeterminazione delle donne. Tra questi si annoverano: dissuasione dall’aborto, viaggi lunghi per accedervi o, peggio, costrizione ad ascoltare il battito cardiaco del feto o a visualizzare l’ecografia.
La legislazione consente l’aborto entro i primi 90 giorni di gravidanza. Dopo tale termine, è permesso solo l’aborto terapeutico, in caso di «grave rischio per la vita della donna» o di anomalie o malformazioni del feto. La legge 194, introdotta nel 1978, ha depenalizzato l’aborto rendendolo di fatto legale e sicuro. Frutto delle lotte dei movimenti femministi, però, nasce come compromesso a seguito di un lungo percorso parlamentare.
Lontana dal sancire esplicitamente il diritto all’aborto e l’autodeterminazione della donna, la legge 194 ha introdotto invece uno strumento che ne limita l’applicazione, cioè l’obiezione di coscienza. Eppure, ogni struttura sanitaria sarebbe obbligata a garantire l’accesso all’IVG e spetterebbe alla regione monitorarne l’attuazione, anche attraverso la mobilità del personale. A distanza di 46 anni queste garanzie sono rimaste principalmente teoriche. Secondo gli ultimi dati in Italia il 63,4% dei ginecologi, il 40,5% degli anestesisti e il 32,8% del personale non medico sono obiettori: questo significa che quasi 7 medici su 10 non praticano l’IVG.
I dati ministeriali non permettono, tuttavia, una visione chiara del fenomeno. Per ottenere una panoramica precisa, è necessario fare riferimento ai movimenti della società civile, che si sono auto-organizzati per difendere la libertà di scelta delle donne.
IVG farmacologica nella regione Marche: un caso complesso
Nelle Marche i dati ministeriali del 2022 registrano un 67,4% di medici obiettori di coscienza. In molte strutture sanitarie l’obiezione di coscienza coinvolge addirittura l’intera equipe di ginecologi, ostacolando gravemente l’accesso ai servizi di interruzione volontaria di gravidanza (IVG). Fino al 21 gennaio 2025, l’IVG era praticata nella regione solo fino alla settima settimana di gestazione: una limitazione significativa rispetto alla normativa nazionale, che consente l’interruzione fino alla nona settimana. Le linee guida internazionali, invece, la autorizzano fino alla dodicesima.
Dopo cinque anni di battaglie, l’ospedale Mazzoni di Ascoli Piceno ha iniziato a somministrare la pillola abortiva fino alla nona settimana. Questo passo segue le indicazioni ministeriali del 2020, come annunciato da Pro-Choice RICA (Rete Italiana Contraccezione Aborto). La segnalazione è arrivata dalle attiviste femministe che hanno prontamente provveduto a verificare il servizio.
Le forze in campo per l’IVG farmacologica ad Ascoli Piceno
La rete Pro-Choice RICA, insieme ad alcune realtà femministe marchigiane, ha inviato a oltre 150 comuni una raccolta firme, ottenendo importanti risultati: «La nostra regione era bloccata con l’IVG fino alla settima settimana da tempo. Nessuno, fino ad ora, aveva mai avuto il coraggio di applicare queste linee di indirizzo, contro la regione» afferma Tiziana Antonucci, presidente del consultorio Aied di Ascoli Piceno. L’iniziativa ha portato all’effettiva messa in pratica delle richieste. In un’intervista rilasciata a Domani, Antonucci ricorda che la regione era stata «sollecitata più volte da associazioni e movimenti femministi».
Dal giugno scorso la consigliera del Pd Manuela Bora ha presentato diverse interrogazioni e interpellanze sulla questione in sede di Consiglio regionale. In occasione dell’ultima, il 14 gennaio, ha ribadito la necessità, per le Marche, di adeguarsi a quanto previsto dalle linee di indirizzo nazionali. Citando i dati relativi al 2022, ha poi ricordato che le interruzioni di gravidanza farmacologiche effettuate in regione erano state il 20,7% del totale, a fronte di una media nazionale pari al 47,3%. «Su questo dato, di certo», ha aggiunto, «pesa il fatto che a Jesi, Fabriano, Civitanova Marche e Pesaro il servizio non viene proprio offerto». In risposta, l’assessore alla Sanità Filippo Saltamartini aveva risposto «di non aver studiato abbastanza il tema». Commenta ancora Antonucci, interrogata sulla questione: «Doveva aver studiato abbastanza, comunque, per mettere le associazioni anti-scelta nei consultori».
Il primato dell’Ospedale Mazzoni tra difficoltà e ritardi
Occorre ribadire che, nel caso di IVG farmacologica, è sufficiente seguire le indicazioni riportate nel bugiardino, senza necessità di interventi istituzionali. Al contrario, per deospedalizzare la procedura, è necessario un protocollo regionale che aggiorni i nomenclatori e definisca un quadro preciso per la presa in carico. Interrogato nuovamente sul tema, l’assessore alla Sanità della regione Marche ha dichiarato che avrebbe rimesso la decisione nelle mani dei dirigenti ospedalieri. A gennaio, Antonucci ha contattato un primario riguardo un caso di IVG a sette settimane, che rientrava nei limiti previsti per l’aborto farmacologico. Il primario ha risposto che avrebbe applicato la legge, quindi l’aborto sarebbe stato possibile entro le 9 settimane. Antonucci racconta: «È stata una notizia positiva che abbiamo subito diffuso, perché rompe la rigidità della nostra regione in merito all’aborto farmacologico».
Le donne marchigiane si sono spesso dovute spostare per accedere al diritto all’IVG farmacologica a 9 settimane. Vicine al termine utile, erano costrette a migrare in Abruzzo o in altre regioni perché il loro diritto ad abortire potesse essere riconosciuto e attuato. Addirittura, aggiunge Antonucci: «Ricorrevano all’aborto farmacologico tramite pillole prese su Internet». Chiarisce poi che il nuovo obiettivo è quello di somministrare la pillola abortiva Ru486 presso i consultori «poiché le donne vengono e verrebbero assistite in modo professionale e umano».
Le raccomandazioni per l’IVG farmacologica
La rete Pro-Choice RICA ha ricordato gli approdi delle recenti Raccomandazioni di buone pratiche clinico-assistenziali per il trattamento farmacologico dell’aborto. Si tratta di linee guida stilate dalle società scientifiche di ginecologia e ostetricia per regolamentare le pratiche dell’IVG farmacologica e chirurgica. L’evoluzione della medicina, e in particolare della farmacologia, ha infatti reso possibile, allo stato attuale, l’abbandono del trattamento chirurgico come prima scelta. Il ricorso a quello medico, infatti, oltre a ridurre il rischio di complicanze, possiede una serie di ulteriori vantaggi: mitiga l’impatto negativo sull’integrità dell’apparato genitale, lo stress legato all’attesa dell’intervento e non da ultimo una riduzione dei costi. Le raccomandazioni delle società scientifiche sono nette: «Le evidenze della letteratura e le raccomandazioni internazionali prevedono la possibilità del trattamento farmacologico per l’IVG sino a 12 settimane di gestazione».
Considerate l’efficacia e la sicurezza del trattamento, risulta paradossale la contrarietà emersa riguardo il caso dell’ospedale Mazzoni di Ascoli Piceno. D’altra parte, nel resto d’Italia, questa pratica è in uso dal 2020 e nel mondo da 35 anni. È per tutte queste ragioni che le associazioni chiedono l’adeguamento al decreto ministeriale del 2020 per la somministrazione dell’aborto medico presso i consultori, i quali dovrebbero essere efficienti, con personale formato e nel numero previsto dalla legge (uno ogni 10.000 abitanti).
IVG farmacologica nei consultori: prospettive e modelli
Per la rete di associazioni questo è solo l’inizio di un percorso per il diritto all’aborto nella regione. «C’è ancora molta strada per avere davvero un aborto moderno nelle Marche» precisa Antonucci. In effetti, l’ospedale Mazzoni è l’unico ad aver abbandonato il vecchio protocollo.
Guardando al futuro, l’obiettivo è separare la somministrazione dei farmaci dall’ospedale, come indicato dalle linee guida nazionali e dall’Organizzazione mondiale della sanità. I farmaci dovrebbero essere disponibili anche nei consultori per permettere l’aborto a domicilio, come già avviene da anni in Francia e Inghilterra. Per quanto riguarda l’Italia, tali disposizioni sono previste in Lazio (fino a 7 settimane) ed Emilia-Romagna (fino a 9 settimane). L’Emilia Romagna, in particolare, ha definito un protocollo per l’IVG farmacologica fino alla nona settimana in telemedicina e con un solo accesso in consultorio. Le associazioni premono:
«Sono necessari atti amministrativi».
Francesca Chiti per Questione Civile
Sitografia:
www.quotidianosanita.it
www.ilfattoquotidiano.it
www.editorialedomani.it
www.prochoice.it
www.fse.sanita.marche.it
www.salute.gov.it