La pentecontaetia: il cinquantennio in cui si pongono le basi dell’espansionismo Ateniese
Il V secolo a.C. è storicamente ricordato come il periodo d’oro della Grecia antica, ma è soprattutto quello in cui si impone sulla scena l’espansionismo ateniese, ormai inarrestabile.
La città attica, forte del prestigio che aveva acquisito dopo il ruolo svolto nello scontro con i Persiani, diventa la protagonista assoluta. Non è però l’unica polis greca a rivestire un ruolo di preminenza, perché dall’altra parte c’è Sparta. Le due città, ognuno con il proprio sistema di alleati, si contenderanno il predominio per mare e per terra. Sparta come potenza territoriale, Atene come potenza marittima, miravano entrambe ad avere un ruolo panellenico.
Nel ripercorrere le vicende abbiamo una guida d’eccezione, Tucidide. Uomo politico ateniese, poi diventato storico di un evento ritenuto da lui epocale per la sua portata: la guerra del Peloponneso.
Si tratta di un conflitto che vede contrapposte Sparta e Atene e che non solo porterà alla sconfitta di quest’ultima, ma segnerà la fine della Grecia classica.
Perché ci interessa quest’opera se l’argomento principale è la guerra e non Atene stessa?
Tucidide vuole prima di tutto individuare le cause reali che l’hanno scatenata e nel fare questo ripercorre la storia della Grecia prima del conflitto. È qui che Atene fa capolino, per un motivo ben preciso. Secondo lo storico è la sua crescita esponenziale, il suo dominio che si trasforma in imperialismo, a generare la rivalità con Sparta. Lo scontro diventa quindi inevitabile poiché due potenze non possono coesistere. Allora Tucidide ripercorre le tappe di questa crescita in quello che egli definisce pentecontaetia, ovvero il cinquantennio che va dallo scontro con la Persia (480-479 a.C.) al 431 a.C., anno in cui scoppia la guerra.
Da Salamina (480 a.C.) alla nascita della Lega delio-attica
Con la vittoria della flotta ateniese, guidata da Temistocle, contro i persiani a Salamina (480 a.C.), la città attica acquisisce grande importanza per tutto il mondo greco. Da questo momento Atene rivendica la sua funzione di liberatrice dal giogo persiano e acquisisce piena consapevolezza della sua forza. La potente flotta, su cui Temistocle ha investito, ormai sembra non avere rivali. Il passo successivo si ha con la ricostruzione delle mura, poiché la città aveva subito il saccheggio delle truppe persiane, con l’aggiunta delle fortificazioni del porto del Pireo. In questo modo si vuole rendere la città inespugnabile, e lo sarà ancor di più con il successivo intervento di Pericle, affermatosi sulla scena politica a partire dal 461 a.C. Egli promuove la costruzione delle Lunghe Mura, una fortificazione che collegava il Pireo alla città, così da rendere sicuro il passaggio terrestre dal porto al centro urbano.
Dopo la vittoria contro la Persia, Atene aveva istituito una lega navale, la Lega delio-attica. Nasce in chiave dichiaratamente antipersiana, almeno così viene presentata.
Ne fanno parte quasi tutte le isole dell’Egeo, le città greche dell’Asia minore e della costa tracica. In questo modo si ha un totale controllo del mare e degli stretti che garantivano il commercio con l’oriente. Il centro di questa lega era l’isola di Delo (da qui il nome delio-attica), in cui si trovava un santuario di Apollo, da secoli luogo di assemblee per tutti i greci. Qui veniva anche custodito il tesoro, costituito dal tributo in denaro, versato annualmente, da ogni membro. Le città delle isole (come Samo, Lesbo) contribuivano fornendo navi.
Le prima operazioni militari della lega
Come già ricordato, Atene presenta la lega quale continuo dello scontro con la Persia, per rafforzare la difesa greca. Ben presto diventa l’arma principale dell’espansionismo ateniese.
Lo dimostrano già le prime operazioni militari. Infatti, esse sono rivolte all’area settentrionale dell’Egeo. La zona in questione è estremamente importante non solo per il controllo dei traffici commerciali, ma soprattutto per le enormi risorse che la Tracia offriva. Dal legno per le navi, alle miniere del Pangeo, ricche di oro. Quando infatti l’isola di Taso, prospiciente le coste traciche, defeziona nel 465 a.C., essa viene posta sotto assedio. Taso possedeva delle miniere d’oro proprio in Tracia, oltre ad averne altre sul suo territorio.
È ormai chiaro come Atene non tenga conto dell’autonomia decisionale dei suoi alleati, che sono quasi suoi sottomessi. Prima di Taso, già l’isola di Nasso nel 471 a.C. aveva subito l’ingerenza ateniese, venendo asservita con la forza. Tucidide stesso individua in questo episodio il punto di svolta in senso imperialistico.
L’avvento di Pericle al potere: l’apice dell’espansionismo ateniese
Come già ricordato, a partire dal 461 a.C. Pericle diventa il protagonista della scena politica.
Se le prime spedizioni militari della lega delio-attica non creano problemi con Sparta, le cose cambiano quando Atene si muove sul territorio della Grecia stessa. Dal 460/459 a.C. la città è attiva su più fronti; prima di tutto contro la Persia. Con essa si scontra in Egitto (oltre che a Cipro), dove Atene aveva condotto una spedizione cercando di scacciare il dominio persiano sul Mediterraneo (459-457 a.C.). Il progetto non riuscirà ma comunque il consenso nei confronti di Pericle non ne risente granché. Anzi, secondo Plutarco, questo fu il motivo per cui si decise di spostare il tesoro della lega ad Atene stessa. Un pretesto per averne il diretto controllo.
Nel 457 viene piegata la resistenza dell’isola di Egina, di fronte le coste attiche. Successivamente si intensifica l’aggressività ateniese sul territorio della Grecia centrale ed è qui che i rapporti con Sparta si deteriorano fino a giungere alle armi. Atene vuole controllare la Beozia, regione subito a nord dell’Attica, oltre ad aver stretto un’alleanza con Megara contro Corinto per il controllo dell’area dell’Istmo. Insomma, si mostra aggressiva nei confronti degli alleati di Sparta, che non può far altro che intervenire.
Il conflitto si protrae a fasi alterne fino a quando il sogno di dominio sulla Beozia si infrange a Coronea dieci anni dopo (447), con una sconfitta per Atene.
Gli anni 40 segnano un ulteriore cambiamento di rotta. Questo è infatti l’anno in cui l’espansionismo ateniese subisce una battuta di arresto, sia per la ribellione dell’isola dell’Eubea, che per un’invasione spartana sul territorio attico. La ribellione euboica viene stroncata e con la città peloponnesiaca viene firmata una pace trentennale nel 446 a.C.
Una pace che non viene rispettata: Atene provoca gli alleati di Sparta
Nonostante la firma della pace, negli anni 30 Atene continua la sua politica di espansionismo. Tra gli alleati di Sparta, è soprattutto Corinto che deve fare i conti con l’interferenza ateniese nei suoi affari.
Due dei tre motivi che costituirono il punto di non ritorno e l’inizio della guerra riguardano infatti Corinto. Quest’ultima era in attrito con la sua colonia Corcira nel mar Ionio, per la situazione a Epidamno (odierna Durazzo). A causa di uno scontro tra le forze oligarchiche e quelle democratiche, le due fazioni avevano chiesto aiuto una a Corinto e l’altra a Corcira. Atene allora sottoscrive un’alleanza difensiva con quest’ultima, scontrandosi di fatto con Corinto.
L’altro terreno di scontro è poi rappresentato dalla città di Potidea, colonia corinzia nella penisola calcidica. In virtù di questo rapporto con la madrepatria, essa era soggetta al controllo corinzio con magistrati che venivano mandati annualmente in loco. La situazione si era fatta scomoda dal momento che Potidea era anche membro della lega delio-attica e versava il tributo ad Atene. Nel 433 questa chiede ai potideani di allontanare i magistrati corinzi con l’obiettivo di indebolire i legami con Corinto. Di fronte al rifiuto inizia un assedio durato due lunghi anni.
Il terzo motivo non aveva a che fare direttamente con Corinto, ma comunque riguardava una città alleata della lega peloponnesiaca che faceva capo a Sparta. Si tratta di Megara, città situata sull’istmo che collega il Peloponneso alla Grecia continentale. Viene emanato un decreto con il quale le si impedisce di frequentare Atene e di attraccare su tutti i porti dell’impero. Un colpo duro per i commerci della città. Le motivazioni addotte erano di carattere religioso, ma è chiaro che Atene voleva colpire un alleato di Sparta e indebolirlo economicamente a suo vantaggio.
L’inizio di una guerra civile tra i greci come conseguenza dell’espansionismo ateniese
Sparta nel 431 a.C. manda un ultimatum ad Atene intimandole di ritirare il decreto contro Megara, ma questa rifiuta. È guerra. Il punto di non ritorno è stato raggiunto.
Le ostilità si aprono con l’occupazione da parte tebana di Platea, una piccola città beota ai confini dell’Attica, tradizionalmente alleata di Atene. Poco dopo assistiamo alla prima invasione spartana, che si ripeterà più volte durante i primi dieci anni di guerra.
È proprio per questo che è passata alla storia come guerra del Peloponneso: perché essa nei fatti viene intrapresa dai peloponnesiaci, ma la causa principale è da individuare nell’espansionismo ateniese. Così Tucidide interpreta le vicende a cui ha preso parte, tramandandoci un’analisi degna di essere ritenuta ancora oggi valida.
Gli eventi che segnarono la guerra, le varie battaglie e imprese, nelle quali entrambe le parti si imbarcarono, coinvolsero tutto il mondo greco. Dall’Asia minore alla Magna Grecia, con momenti favorevoli per Atene e poi per Sparta e con l’intromissione di una terza grande potenza. Grazie all’alleanza con la Persia, infatti, Sparta riuscirà ad avere la meglio, con la capitolazione di Atene e la distruzione delle sue mura e di gran parte della flotta.
Se all’apparenza questa potrebbe sembrare una vera vittoria per la città peloponnesiaca, in realtà Sparta è a sua volta dipendente dall’impero persiano e dai suoi finanziamenti.
Non è quindi difficile affermare che la fine di questo conflitto segni anche la fine dell’indipendenza greca. Ne approfitterà la Persia, ma di lì a poco si affaccerà sulla scena una nuova grande potenza: il regno di Macedonia.
Le divisioni interne alle poleis greche non trovano una tregua nemmeno dopo una guerra quasi trentennale. Non potranno far altro che capitolare di fronte a qualcuno più forte di loro.
Il passato che si ripete
C’è un aspetto che lo storico Luciano Canfora sottolinea nell’opera dedicata alla guerra del Peloponneso. Una somiglianza tra le dinamiche di quest’ultima e le due grandi guerre del secolo scorso. Il continente europeo scosso dall’interno riuscirà a porre fine ai conflitti grazie all’intervento di una potenza esterna, gli USA. Così è successo ai greci con l’intervento persiano.
E ancora: la politica di espansione tedesca e la su aggressività porterà allo scoppio della Seconda Guerra mondiale, così come l’espansionismo ateniese generò a sua volta le ostilità che sfociarono nel conflitto con Sparta e i suoi alletati.
Ed è singolare come lo stesso Tucidide affermi di voler essere utile per tutti coloro che si troveranno a operare in un contesto simile. Utile agli uomini politici del futuro, poiché conoscere il passato potrà guidarli nel presente. Queste le sue parole in I,22: “A me però basterà il fatto che lo ritengano utile quanti vorranno vedere con precisione i fatti passati e orientarsi un domani di fronte agli eventi, quando stiano per verificarsi, uguali o simili, in ragione della natura umana. Ciò che ho composto è una acquisizione perenne, non un pezzo di bravura mirante al successo immediato” (trad. L. Canfora).
Giulia Di Domenico per Questione Civile
Bibliografia
Musti, D., Storia Greca. Linee di sviluppo dall’età micenea all’età romana, Editori Laterza, 2006.
Rossi, L.E., Nicolai, R., Corso integrato di Letteratura greca. L’età classica, Le Monnier, 2006.
Canfora, L., La grande guerra del Peloponneso. 447-394 a.C., Editori Laterza, 2024.