Gli ultimi terremoti nei Campi Flegrei Cosa sono? E qual è la storia del bradisismo dell’area flegrea in epoca moderna e contemporanea?
L’ultima sequenza di terremoti nei Campi Flegrei è molto recente. La scossa principale di quest’ultimo sciame sismico risale al 13 marzo 2025 e ha avuto una magnitudo pari a 4.6 sulla scala Richter. Si tratta del terremoto più forte mai registrato in epoca strumentale nell’area flegrea. A causa delle scosse più intense sono stati dichiarati inagibili 129 edifici ed evacuati 248 nuclei familiari tra i comuni di Bacoli, Pozzuoli e Napoli.
Perché questo evento è stato capace di generare un livello di danneggiamento così esteso, nonostante una magnitudo relativamente contenuta? I terremoti che si verificano nell’area vulcanica dei Campi Flegrei hanno caratteristiche essenzialmente diverse da tutti gli altri fenomeni sismici che si verificano in altri luoghi del nostro paese. Non solo, infatti, dipendono dal vulcanismo, come anche alcuni terremoti che si verificano sulla vicina isola di Ischia, nell’area vesuviana, o, spostandoci più a sud, nell’area etnea. La loro vera peculiarità, invece, è connessa al fenomeno del “bradisismo” che, in Italia, possiamo riscontrare solo nell’area flegrea.

Stando a quanto afferma il Dipartimento di Protezione Civile, «la parola “bradisismo” deriva dal greco bradýs (βραδύς), “lento” e seismós (σεισμός), che significa scossa. È una deformazione del suolo che comporta fasi di lento abbassamento (subsidenza) alternate a fasi di sollevamento più rapido». È proprio durante le fasi di sollevamento del suolo che la crosta terrestre si frattura per l’aumento di pressione dovuto al risalire di fluidi magmatici o gas verso la superficie.
Il terremoto del 13 marzo si è verificato proprio in questa fase di sollevamento del suolo, anche detta “crisi bradisismica” che, secondo gli scienziati, è in atto ormai da vent’anni. Tuttavia, è solo dal 2023 che avrebbe subito una forte accelerazione, proprio in concomitanza delle prime scosse pari o superiori a magnitudo 4.0.
Terremoti nei Campi Flegrei: le crisi bradisismiche del Novecento
La preoccupazione di molti è che, dato il rischio vulcanico dell’area flegrea, questa crisi bradisismica possa culminare in un’eruzione. In verità, le crisi bradisismiche del recente passato possono aiutarci a comprendere che non tutti i momenti di sollevamento del suolo, per quanto repentini e associati a forti terremoti, conducono necessariamente a eruzioni della caldera flegrea.
La prima è quella che si verifica tra il 1969 e 1972:
«Il Serapeo si era sollevato di circa 70 cm rispetto al 1968. Furono quindi istallati nuovi sismografi presso l’Arcivescovato nel Rione Terra, al Castello di Baia e nella Grotta di Cocceio accanto al lago di Averno. Tali sismografi registrarono piccoli terremoti con epicentro sul fondo del Golfo di Pozzuoli. […] Fu decisa l’evacuazione del fatiscente Rione Terra che non avrebbe resistito a scosse sismiche più forti e ad una accelerazione del sollevamento. Nei primi mesi del 1970 vennero segnalate numerose lesioni in alcuni edifici del centro storico di Pozzuoli ed evidenze di sollevamento del suolo. […] Il 26 marzo un forte terremoto fu avvertito dalla popolazione, senza provocare danni. Nei mesi successivi le stazioni sismiche continuarono a registrare sporadici eventi sismici […] di piccola intensità. Il sollevamento continuò fino al 1972, e raggiunse un valore massimo di 170 cm rispetto al 1968».

La seconda, ben più importante, si verificò tra il 1982 e il 1984. La strumentazione, più avanzata e presente sul territorio rispetto al decennio precedente, permise di registrare ben 5.000 scosse nell’area di Pozzuoli e il sollevamento fu di circa 185 centimetri. Alcuni abitanti lasciarono la zona, in particolare dopo la scossa più forte del 4 ottobre 1983, pari a magnitudo 4.0. Si riscontrarono molte lesioni in alcuni edifici e il numero dei terremoti nei Campi Flegrei fu tanto elevato da far temere un’eruzione che poi, fortunatamente, non si verificò mai.
Terremoti nei Campi Flegrei e crisi bradisismiche: fenomeni riemersi con l’inizio dell’epoca moderna
Abbiamo parlato di sollevamento del suolo nell’area flegrea, ma non abbiamo detto che il riferimento principale per avere una chiara idea di queste oscillazioni nel tempo è il Serapeo, un antico edificio di epoca romana utilizzato come mercato e costruito in prossimità del porto di Pozzuoli, risalente al I-II secolo a. C. Infatti, secondo quanto affermano gli esperti dell’Osservatorio Vesuviano:
«la peculiarità di questa costruzione è la presenza, a varie altezze sulle tre colonne ancora erette, di fori prodotti da molluschi marini (litodomi) che vivono nella fascia intertidale (tra la bassa e l’alta marea) e che quindi sono indicativi del livello marino nel passato. Grazie alla datazione di tali fori è stato possibile ricostruire le oscillazioni del livello del mare nel tempo dovute al sollevamento o abbassamento del suolo a Pozzuoli per effetto del bradisismo».

Si possono così osservare le variazioni di quota del suolo al Serapeo e, dunque, individuare quando si sono verificate le fasi di sollevamento del suolo connesse a eventuali terremoti nei Campi Flegrei associati alle crisi bradisismiche. Ebbene, ciò che emerge è che un innalzamento generale del suolo è riscontrabile solo a partire dal Tardo Medioevo fino a oggi, con una maggior accentuazione proprio fra Umanesimo e Rinascimento. Insomma, possiamo affermare che le crisi bradisismiche rilevabili e di cui abbiamo testimonianze storiche documentate sono avvenute in epoca Moderna.
Terremoti nei Campi Flegrei e la probabilità di un’eruzione: l’evento storico del 1538
Non tutte le crisi bradisismiche rilevate nelle fasi di sollevamento del suolo culminano in un’eruzione della caldera vulcanica dei Campi Flegrei. Tuttavia, non possiamo nemmeno escludere tale eventualità, perché storicamente ne abbiamo un esempio, tra l’altro a noi relativamente vicino: l’eruzione del 1538. Gli scienziati hanno evidenziato un lento e progressivo sollevamento del suolo di Pozzuoli a partire dalla seconda metà del XIII secolo, che poi ha subito un’ulteriore accelerazione fra l’inizio del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, quando infatti abbiamo testimonianza documentata di alcuni terremoti nei Campi Flegrei. L’Archivio Storico Macrosismico Italiano (ASMI) rileva quello del 1505, con due vittime ad Anagni.

È proprio da questo momento in poi che il suolo ha un sollevamento estremamente repentino, «tale da fare emergere dal mare porzioni di territorio precedentemente sommerso». Ma è nel biennio che precede l’eruzione che l’attività sismica dell’area s’intensifica ulteriormente, «tanto che alla vigilia dell’eruzione moltissimi edifici della città erano gravemente danneggiati e tutti gli abitanti avevano da tempo abbandonato le loro case, circostanza che in seguito evitò vittime o ferimenti di persone. Le fonti testimoniano anche un ulteriore aumento delle emissioni gassose in Solfatara». Fu però alla fine dell’estate del 1538, dopo mesi di interminabili scosse, che si verificò l’eruzione e la nascita di Monte Nuovo. 24 persone persero la vita nell’eruzione, che durò per circa una settimana.
Dopo l’eruzione, il suolo tornò ad abbassarsi repentinamente fino agli anni ’70 e ’80 del Cinquecento, quando tornò a sollevarsi, provocando terremoti piuttosto forti nel 1570 e nel 1582. Questo evento sismico, in particolare, provocò la morte di 6-8 persone. Quest’ultima crisi bradisismica non sfociò, fortunatamente, in un’altra eruzione. Semplicemente, dopo tale crisi, cominciò una nuova fase di subsidenza.
Conclusione
L’abbassamento progressivo del suolo è durato ininterrottamente dalla fine del XVI secolo fino alla metà degli anni Quaranta del Novecento, quando ha ricominciato a sollevarsi, a fasi alterne, fino al 1984. Poi riprese una nuova fase di subsidenza che durò fino al 2005. Ora siamo in una nuova fase di sollevamento del suolo nell’area di Pozzuoli. Nessuno può dire con certezza cosa dobbiamo aspettarci. Certamente l’eruzione rimane, attualmente, lo scenario meno probabile, ma come afferma lo stesso Osservatorio Vesuviano, «è utile sottolineare che il passaggio di livello di allerta può non avvenire necessariamente in modo sequenziale o graduale, essendo sempre possibili variazioni repentine o improvvise dell’attività vulcanica, anche del tutto impreviste».
Luigiandrea Luppino per Questione Civile
Sitografia e Bibliografia Immagini:
- emidius.mi.ingv.it
- www.meteoweb.eu
- www.protezionecivile.gov.it
- rischi.protezionecivile.gov.it
- www.ov.ingv.it
- ngvvulcani.com