La religione dell’Antico Egitto rappresenta un unicum nel panorama storico: essa registra un’intensità che non ha paragoni nel mondo antico e moderno
Dimenticate la religione come l’avete sempre conosciuta e celebrata: nell’Antico Egitto ogni rito ed ogni credenza sono dedicati al mantenimento dell’ordine cosmico, possibile solo grazie all’aiuto degli dei. Essa impregna ogni momento, ogni evento e ogni aspetto vitale e culturale.
Tante divinità per una sola religione
La religione egizia, di stampo politeista, è senza dubbio una delle più complesse da comprendere: le divinità che la animano sono rappresentate sia sotto forma antropomorfa che sotto forma zoomorfa, oppure come entità ibride. Ciò non deve sorprendere, poiché la religione egizia è famosa per adorare anche gli animali.
L’aspetto zoolatrico non ha un’origine chiara e definita. Sappiamo che probabilmente l’ambiente in cui si sviluppò era di tipo pastorale e faceva riferimento ad una più antica componente originaria di stampo totemico. Con l’avvento di una società agricola e il periodo dinastico, la religione si avviò gradualmente verso uno sviluppo antropomorfico della divinità, senza, però, eliminare i precedenti elementi naturalistici e totemici che si andarono ad integrare. Alcuni animali sacri venivano ospitati nei templi, come rappresentazioni viventi delle divinità; quando morivano, venivano mummificati e sepolti in tombe speciali.
Ogni città era strettamente legata ad una divinità e ciò conferiva un aspetto locale ai vari culti, ma comportava anche delle complicazioni. Spesso gli dei condividevano le medesime caratteristiche, pertanto una divinità specifica di un luogo ricopriva lo stesso ruolo che adempiva altrove un’altra divinità. Per gli Egizi esisteva una divinità per ogni aspetto della natura e della vita, ma l’esperienza religiosa di questa antica civiltà era prevalentemente rivolta al grande mistero della morte e della vita nell’aldilà.
Una religione funeraria
Ancora oggi uno dei più grandi misteri per l’uomo riguarda la morte. L’uomo ha provato a darsi una risposta precisa nel corso dei secoli e dei millenni su cosa sia e su come funzioni, ma in realtà non è ancora stato in grado di fornire una dettagliata e precisa spiegazione di questa. Ciò che appare chiaro, è che il corpo muoia nel momento in cui non viene più registrata attività cerebrale, ma cosa accade a quella parte che noi chiamiamo «anima»?
Gli antichi Egizi non consideravano la morte come l’estinzione completa dell’uomo, ma la ritenevano una continuazione della vita, come una vera e propria immortalità. Ciò era possibile in virtù del fatto che gli uomini condividevano alcuni tratti con le divinità:
- l’akh, la forza divina;
- il ba, l’anima;
- il ka, lo spirito.
La mummificazione
Il corpo del defunto doveva essere preservato integro per potergli assicurare la sopravvivenza nell’aldilà; pertanto, venne sviluppata la tecnica della mummificazione. Tale tecnica prevedeva l’asportazione dei visceri (quali, ad esempio, fegato e polmoni), che venivano fasciati in alcune bende e conservati nei canopi, ovvero dei vasi particolari. Il cadavere, a quel punto, veniva trattato con diversi ingredienti e resine, avvolto nelle bende e posto all’interno del sarcofago.
Il sarcofago veniva trasportato presso la tomba, ma, prima di sigillarlo definitivamente, il sacerdote che celebrava il rito era tenuto a compiere il rito dell’apertura della bocca: il sacerdote sfiorava le labbra del defunto e con appositi strumenti le schiudeva, in modo che potesse parlare e cibarsi delle offerte nell’aldilà.
Tutto ciò che sappiamo dei rituali funerari ci è pervenuto da tre importantissime opere: “Testi delle piramidi”, “Testi dei sarcofagi” e, soprattutto, dal “Libro dei morti”.
All’interno dei sarcofagi venivano posti tutti quegli elementi che secondo gli Egizi sarebbero potuti servire al defunto nell’aldilà; tra questi, di particolare interesse risulta l’ankh.
L’ankh, un simbolo ricorrente nella religione egizia
Uno tra i simboli più antichi e sacri di tutta la civiltà egizia è sicuramente l’ankh. Esso, rappresentato come una croce e visibile nell’immagine di questo articolo, simboleggia la vita e assume caratteri mistici e religiosi in base al contesto in cui è adoperato. Il significato originale e la sua origine, tuttavia, rimangono un mistero per gli egittologi. Molte sono le teorie avanzate e i pareri degli studiosi che hanno speculato si potesse trattare di:
- una rappresentazione del grembo materno;
- un richiamo al nodo che chiudeva le antiche calzature egizie;
- una stilizzazione dei genitali umani;
- una raffigurazione del sole mentre sorge;
- l’Egitto stesso.
L’ankh appare frequentemente nelle opere artistiche realizzate nel corso dell’Antico Egitto, ma soprattutto ricorre nelle raffigurazioni delle divinità: solitamente lo tengono in mano, più difficilmente al gomito o sul petto. Esso rientra tra le caratteristiche stesse della divinità poiché simboleggia la sua natura ultraterrena ed eterna. Per estensione, l’ankh può simboleggiare l’universo.
L’ankh veniva collocato all’interno dei sarcofagi perché, simboleggiando la vita eterna, aiutava l’uomo a superare la morte e giungere alla sua rinascita.
La religione come riflesso della società
Nell’Antico Egitto ogni cosa rispondeva ad una precisa gerarchia, e per la religione non poteva essere diversamente. In ambito religioso il grado più elevato era occupato dal faraone: era lui a decidere la costruzione dei templi e le relative cerimonie. I grandi sacerdoti che officiavano i culti dobbiamo immaginarli idealmente come i sostituti del sovrano, il quale non sempre aveva la possibilità di presiedere alle operazioni rituali in onore degli dei.
Ogni divinità era ospitata all’interno di un tempio a lei dedicato, rappresentata simbolicamente da un’enorme statua interamente d’oro e collocata nel sancta sanctorum, una piccola saletta che rappresentava il cuore pulsante di ogni tempio. Quotidianamente ogni statua veniva purificata, vestita e nutrita, in modo tale da arrivare pronta al suo giorno di festa annuale.
In quell’occasione, la statua del dio veniva portata in processione su una barca lungo tutto il fiume Nilo. Lì venivano organizzati ricchi banchetti ed erano messe in scena piccole rappresentazioni teatrali che narravano la vita e le gesta del dio.
Conclusioni
Questo articolo vuole essere solo una breve ma doverosa introduzione al mondo religioso dell’Antico Egitto. In esso sono state poste le basi per la comprensione degli articoli che seguiranno, dedicati alle divinità più importanti che compongono il pantheon egizio e che approfondiranno tutti gli aspetti fino ad ora accennati ma non approfonditi.
D’altronde, come diceva Ptahhotep, visir di un faraone della V dinastia, «coloro che sono guidati dagli dei non possono perdersi; a coloro i quali essi vieteranno il passaggio non saranno in grado di attraversare il fiume della vita».