Enea, la leggenda dell’eroe troiano predestinato

Enea

La leggenda di Enea, dalla Grecia a Roma

Quando si sente pronunciare il nome di Enea, figlio di Anchise, subito la mente ci rimanda al celeberrimo poema virgiliano e alla serie di imprese compiute da questo eroe, che lo hanno portato a giungere fino alle coste del Lazio. Virgilio nell’Eneide, attraverso un’acuta opera di propaganda, delinea una dinastia che partendo direttamente da Iulo Ascanio, figlio di Enea, arriva ad Ottaviano Augusto, l’uomo che fece di Roma un Impero. Quindi per gli antichi, ma effettivamente anche per noi, Enea è da considerare capostipite dei Romani.

Enea troiano

Non possiamo dimenticare, però, che Enea è un esule, proveniente da Troia. Il mito, nell’immaginario collettivo, narra che al termine della guerra portata avanti da una coalizione di città greche contro la città di Ilio, quando quest’ultima è ormai quasi del tutto distrutta e invasa dai nemici, alcuni superstiti riescono a fuggire, si imbarcano e iniziano un viaggio che li porterà in Italia. Tra di loro vi è il nostro eroe.

Le leggende

E questo è tutto vero, o meglio, è una delle versioni che circolano riguardante la vicenda di Enea e, in particolare, è la versione che Virgilio predilige nella stesura del suo poema. Quella del figlio di Anchise è una leggenda che subì diverse rielaborazioni: Enea che muore durante la guerra, Enea che tradisce la sua patria accordandosi con i greci, Enea che fonda una “nuova Troia” nei pressi delle rovine della città distrutta. Ma anche nella versione di Enea esule, che fugge da Ilio, il luogo di arrivo è tutt’altro che univoco: troviamo infatti un’Enea che giunge in Tracia, nell’Epiro, in Arcadia, in Sicilia e nel Lazio.

Enea nell’Iliade

Le diverse strade che la leggenda di Enea ha preso, nel corso dei secoli, hanno tutte lo stesso punto di partenza. Egli, infatti, è all’opera come personaggio nell’Iliade, il poema omerico che è impossibile non aver presente se si vogliono trattare le imprese del nostro eroe in tutte le sue successive rielaborazioni.

Enea è un troiano, uno dei più forti e valorosi. È imparentato con la casata regale di Priamo, re di Troia. Infatti, entrambi discendono direttamente da Zeus. La stirpe si è poi divisa e Troos, pronipote di Zeus, ha avuto tre figli: da Ilo è nato Laomedonte, padre di Priamo. Da Assaraco è nato Capi, che ha dato vita ad Anchise, il padre del nostro eroe.

Egli, come ho già detto, compare nell’Iliade, anche se non proprio come personaggio principale. L’unico libro nel quale assume il ruolo di protagonista è il ventesimo.

LIBRO XX

Questo si apre con una visione che gli antichi giudicavano grandiosa. La battaglia sta infuriando e Achille è tornato sul campo, dopo la morte di Patroclo per mano di Ettore. Nel frattempo, anche gli Dei decidono di combattere, su ordine di Zeus, chi dalla parte dei Troiani, chi dei Greci: devono evitare che Achille, nettamente il più forte tra tutti i guerrieri, vinca da solo la guerra prima del tempo. Gli elementi vengono sconvolti, la visione che abbiamo di questa “Theomachia”, battaglia degli dèi, è qualcosa di grandioso e sublime. Il libro venti, però, non è soltanto questo.

Tra i troiani che fronteggiano il Pelide Achille, vi è lui. Egli pensa di avere vicino a sé il cugino Licaone, ma in realtà è Apollo che ha preso le sue fattezze, che gli dice:

“Enea, che cosa stai aspettando? Non lo vedi Achille quanto impetuosamente avanza? Vuoi forse essere definito vigliacco?”.

Enea, toccato nell’orgoglio, decide di battersi con Achille, esce dalla schiera troiana e si avvicina al figlio di Peleo. I due si squadrano e soprattutto si riconoscono. Achille chiede:

“Enea, perché ti fai avanti in battaglia? Non ti ricordi che in passato ci siamo già affrontati?”.

Ed il nostro eroe risponde:

“Me lo ricordo perfettamente che in un’altra occasione ci siamo battuti…”.

Il primo scontro tra Enea e Achille

Quindi i due eroi si erano già affrontati in passato, ma questo non ci viene narrato all’interno dell’Iliade. La vicenda è raccontata nei cosiddetti “Poemi del ciclo”, patrimonio di miti e leggende che completavano il contenuto dei poemi omerici. Achille, infatti, aveva assaltato e depredato due città, nei pressi nel monte Ida, Lirnesso e Pedaso. In quelle zone si trovava anche Enea, che portava al pascolo i suoi buoi, barbaramente uccisi dal Pelide. I due eroi si scontrano: Achille è più forte, è sul punto di uccidere il suo avversario, ma interviene Zeus, signore degli Dei, che mette in salvo Enea. Non ci viene spiegato il motivo di questa scelta, è semplicemente il volere di un Dio.

Libro V: scontro con Diomede

Una scena del genere può essere rievocata nel libro V dell’Iliade, in un’altra delle rare apparizioni del figlio di Anchise all’interno del poema. Diomede, eroe greco, imperversa nella battaglia ed Enea lo affronta. Diomede è estremamente più forte, è sul punto di ucciderlo, ma scende in campo Afrodite, Dea e madre del troiano, che preleva il figlio per portarlo via dalla battaglia. Il greco si infuria e osa addirittura andare contro Afrodite con la lancia, ferendola, e costringendola a fuggire. Interviene Apollo per proteggere Enea dall’attacco di Diomede. Per tre volte Diomede prova a colpire Enea e per tre volte Apollo lo blocca, rivelandosi e avvisando l’eroe greco che lui è un Dio, che il troiano è sotto la sua protezione e che quindi Diomede non deve permettersi di attaccarlo.

Dunque, sono già due volte che Enea, sul punto di essere ucciso da qualcuno più forte di lui, è messo in salvo dagli Dei. È chiaro che è un loro favorito, ma per il momento non ci è dato sapere il perché.

La profezia

Torniamo al libro ventesimo, dove avevamo lasciato Enea a fronteggiarsi con Achille, con quest’ultimo che aveva rievocato il loro precedente incontro sul monte Ida. Si passa alle armi, ma Achille è pur sempre il più forte. Enea scaglia molto forte la sua lancia, penetra lo scudo di Achille, ma è lo scudo inscalfibile, a più strati, che gli ha preparato Efesto. Per il nostro eroe sembra segnata l’ora del destino.

La storia si ripete. Poseidone, Dio che parteggia per i greci, lo mette il salvo. Questa volta, finalmente ci viene detto il motivo per cui Enea è un privilegiato. Egli è un predestinato, fin dalle origini. Poseidone dice:

“Ecco, ormai Zeus ha in odio la stirpe di Priamo ed ora il forte Enea regnerà sui Troiani e sui figli dei figli e su quelli che nasceranno dopo”.

Quindi, Enea continua ad essere salvato dagli Dei perché è destinato a regnare sui troiani, dal momento la stirpe di Priamo è ormai condannata a perire.

La civiltà della vergogna

Questo toglie qualcosa al valore di Enea? Secondo quella che è la nostra concezione moderna, forse sì. Ma posso assicurarvi che per un greco, essere favorito dagli Dei non era affatto disonorevole. Enea dimostra, tutte le volte che deve confrontarsi in battaglia, di essere un valoroso, senza tirarsi mai indietro. Nella cosiddetta “civiltà della vergogna” è questo che conta, l’intenzione con cui si va incontro ad un’azione. Quello che poi succede è controllato dal destino e dagli Dei, non dall’uomo.

Enea capostipite dei romani: la versione “contraffatta”

Strabone, contemporaneo di Virgilio, ci diceva che ai suoi tempi i versi riguardanti la profezia di Poseidone sul futuro di Enea, circolavano con una non proprio piccola modifica. Su alcune versioni dell’Iliade i versi erano stati cambiati così:

“Ecco ormai Zeus ha in odio la stirpe di Priamo e la stirpe di Enea regnerà su tutto il mondo e con lui i figli dei figli e coloro che verranno dopo”.

Secondo questa versione “contraffatta”, Enea è destinato a regnare non soltanto sui troiani, ma su tutto il mondo, sorte che, come sappiamo, spetterà all’Impero Romano. Virgilio, chiaramente, segue questa seconda versione, avvalorando la sua versione della leggenda di Enea con un testimone autorevole come Omero.

Marco Alviani per Questione Civile

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