Lorenzo il Magnifico alla corte di Napoli

Il viaggio di Lorenzo de’ Medici alla corte aragonese di Napoli

Gli avvenimenti che si susseguirono dopo la congiura dei Pazzi, un antagonista vecchio stile e un viaggio che aprì la strada della fama a Lorenzo il Magnifico.

Fiumi di inchiostro e lettere sono stati scritti sul gigante della politica italiana rinascimentale che fu Lorenzo de Medici. La sua fama, in positivo e in negativo, gli ha permesso di superare nella memoria collettiva, pur da semplice signore di una città, diversi re ed imperatori.

Il protagonista della vicenda: Lorenzo de’ Medici, detto il Magnifico

Lorenzo nacque a Firenze nel 1449, primo figlio maschio di Piero de Medici, a sua volta figlio di Cosimo de’ Medici, e da Lucrezia Tornabuoni. Il nonno di Lorenzo, Cosimo il Vecchio, era riuscito, attraverso un’accorta politica, ad estendere ed arricchire la banca di famiglia, con filiali in tutta Europa. Dopo un periodo di esilio a Venezia, era inoltre riuscito a scacciare gli Albizzi e a sostituirsi a loro come signore di fatto della città.

Il padre di Lorenzo, Piero, aveva sostituito suo padre come signore di Firenze alla sua morte nel 1464, ma cominciò immediatamente ad essere affiancato da Lorenzo. Piero, che passerà alla storia come il Gottoso, soffriva per lo stato avanzato della malattia dal quale ottenne il soprannome e temeva di lasciare Firenze senza una guida salda.

Alla sua morte nel 1469, il ventenne Lorenzo assunse, insieme al sedicenne fratello Giuliano, la guida della città toscana. Nonostante la giovane età, Lorenzo si mosse velocemente nei giorni che precedettero la morte del padre, assicurandosi il sostegno degli alleati medicei alla successione, che dunque avvenne senza creare particolari crisi.

Le premesse al viaggio: la congiura dei Pazzi

Le rosee previsioni della salita al potere di Lorenzo nel 1469 vennero presto a infrangersi. Per dieci anni Lorenzo resse saldamente la città, nonostante qualche crisi interna e i rapporti altalenanti con il papa Sisto IV e il suo clan familiare, i Riario.

Le sue politiche interne, però, volte a rafforzare il primato della famiglia Medici nella città toscana, avevano cominciato ad inimicargli alcuni membri della classe dominante, in particolare i membri della famiglia Pazzi. Un tempo sostenitori dei Medici, tanto che Guglielmo Pazzi aveva sposato nel 1466 Bianca de’ Medici, sorella di Lorenzo, i Pazzi si erano progressivamente allontanati dalla fazione medicea, avvicinandosi ai Riario e a Papa Sisto IV. La disputa si accese riguardo una legge sull’eredità, che privava una cugina della famiglia Pazzi del patrimonio del marito.

Gli ideatori del piano contro i Medici furono Franceschino Pazzi, fratello di quel Guglielmo sposato con una Medici, Francesco Salviati, parente dei Pazzi e dei Riario, oltre che arcivescovo di Pisa, e Girolamo Riario, che agiva per conto del papa suo zio. Dopo diversi fallimentari tentativi, i congiurati decisero di agire il 26 aprile 1478, durante la messa domenicale. Lorenzo e Giuliano furono colpiti dalle lame degli assalitori contemporaneamente, ma il primo riuscì a fuggire. Il più giovane dei fratelli de’ Medici morì.

La furia di Lorenzo per l’assalto e la morte del fratello non si fecero attendere: Iacopo e Franceschino Pazzi furono impiccati con diversi fiancheggiatori. Guglielmo, grazie all’intercessione della moglie, fu esiliato, insieme ai restanti membri della famiglia. L’arcivescovo Salviati fu imprigionato. Il fallimento del suo piano e l’imprigionamento dell’ecclesiastico mandarono su tutte le furie il Papa, che scomunicò Lorenzo, i Medici e i loro sostenitori. Per cacciare Lorenzo da Firenze intervennero dunque i grandi alleati e sostenitori del papa nella congiura, Federico da Montefeltro e re Ferrante d’Aragona.

Un vero e proprio cattivo rinascimentale: Ferrante d’Aragona

Il ritratto a tinte fosche che i suoi contemporanei ci hanno tramandato di Ferrante d’Aragona potrebbe appartenere ad un romanzo. Un uomo amante della violenza, sadico al punto da avere camere degli orrori nascoste nei sotterranei della sua residenza napoletana. La mira su questo personaggio andrebbe però corretta, scindendo dicerie e supposizioni dalla realtà. 

Ferrante o Ferdinando d’Aragona nacque in Spagna, a Valencia. Era l’unico figlio maschio, anche se illegittimo, di Alfonso il Magnanimo d’Aragona e Gueraldona Carlino, una donna di origine napoletana. Trascorse la sua infanzia alla corte di Valencia, cresciuto ed educato come un principe spagnolo. Le sue aspettative cambiarono repentinamente quando suo padre conquistò, nel 1444, dopo diversi anni di guerra, il Regno di Napoli. Ferrante partecipò alle campagne militari del padre.

La nomina di Ferrante d’Aragona

Nel 1444, dopo i preparativi effettuati nel corso della guerra, Alfonso poté nominare Ferrante erede al trono e duca di Calabria ufficialmente, nomina che fu confermata dal Parlamento napoletano e da due bolle papali. A partire dal 1452, Alfonso, ormai anziano, cominciò a ritirarsi dal governo del regno, ruolo in cui prontamente lo sostituì Ferrante. Così, quando il padre alla fine morì nel 1458, il figlio poteva contare su sei anni di esperienza di governo per fronteggiare la crisi incipiente.

Furono gli anni che seguirono il 1458 a plasmare il ritratto di Ferrante. Nell’estate del 1459 Giovanni d’Angiò, il pretendente francese al regno di Napoli, sbarcò nel regno. Egli era spalleggiato da diversi nobili napoletani, tra cui il principe di Rossano e il principe di Taranto, parenti dello stesso Ferrante. Il re ne uscì vincitore, ma la sua opera repressiva fu implacabile. Trasformato in un uomo schivo e taciturno, il tradimento di uomini così vicini alla sua persona lo rese un uomo ossessionato dalla paura del tradimento. 

I motivi del viaggio di Lorenzo a Napoli

Del re Ferrante, fuori di Napoli, tutto ciò che si conosceva concorreva a formare quel ritratto oscuro che ancora oggi permane sulla sua persona. Il viaggio di Lorenzo a Napoli, nella tana del lupo, era dunque visto come una follia o un gesto incosciente. Esso avrebbe non solo messo a rischio la sopravvivenza del Medici, ma anche della Repubblica di Firenze.

Sebbene la sua scelta fosse vista come audace nelle migliori delle prospettive, pericolosa nelle peggiori, possiamo immaginare che Lorenzo avesse ponderato le motivazioni di un suo possibile viaggio a lungo.

La guerra che aveva portato le truppe napoletane in Toscana sotto il comando del duca di Calabria Alfonso, figlio di Ferrante, si stava protraendo e stava mettendo in grave difficoltà il regime mediceo.

Da un anno si combatteva ormai in territorio fiorentino, situazione che aveva causato gravi danni all’economia della regione, oltre che alle cose e alle persone. Inoltre, le capacità dell’esercito napoletano erano di gran lunga superiori a quelle dell’esercito fiorentino, le cui continue sconfitte stavano sfiancando Firenze ed esaurendone le casse pubbliche. Il malcontento contro Lorenzo, imputato dal Papa e ritenuto responsabile dell’arrivo dei napoletani, cresceva e il fronte di opposizione interna sembrava sempre più difficile da controllare.

Stretto tra due fuochi, la guerra sul suo territorio e il malcontento interno, Lorenzo si decise per l’impensabile: fungere lui stesso da ambasciatore informale per la sua Repubblica, andare a Napoli e mettersi nelle mani di Ferrante, pregando per la pace.

La permanenza di Lorenzo a Napoli e la risoluzione della guerra

Quella che era apparsa inizialmente come un’avventura folle e senza possibilità di successo si rivelò invece una vittoria per Lorenzo. Arrivato a Napoli il 18 dicembre 1479, vi si trattenne fino al 27 febbraio dell’anno successivo, trattando senza sosta con il re, mentre il duca suo figlio continuava la guerra in Toscana. Dopo lunghissime trattative, Lorenzo ottenne la pace e poté tornare a Firenze. Lì il malcontento contro di lui era montato alle stelle, forte di essere il fautore unico della fine delle ostilità.

La fine della guerra con Napoli, che d’ora innanzi si mantenne alleata con Firenze, gli portò vantaggi sia in patria che all’estero.

In patria, la vittoria gli permise di rafforzare la sua posizione a capo della città, con la costituzione di un nuovo consiglio di Balia, costituito dai suoi più fidati sostenitori, e del nuovissimo consiglio dei Settanta, eletti dalla Balia. All’estero, la fama di Lorenzo e la sua, a quanto si diceva, miracolosa sopravvivenza al Castel Nuovo si diffusero in Italia, contribuendo a formare e consolidare la sua reputazione.

Uscito vittorioso dai conflitti seguiti alla congiura dei Pazzi e alla morte del fratello, Lorenzo de Medici si avviava a diventare Lorenzo il Magnifico, l’ago della bilancia della politica italiana della seconda metà del Quattrocento.

Martina Parini per Questione Civile

Bibliografia e sitografia

R. Fubini, Italia Quattrocentesca. Politica e diplomazia nell’età di Lorenzo il Magnifico, FrancoAngeli Storia, Milano, 1994.

W. Ingeborg, de Medici Lorenzo in Dizionario Biografico degli Italiani, volume 73, online, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, 2009.

I. Lazzarini, Communication and Conflict. Italian Diplomacy in the Early Renaissance, 1350-1520, Oxford University Press, Oxford, 2015.

A. Ryder, de Medici Lorenzo in Dizionario Biografico degli Italiani, volume 46, online, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, 1996.

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